7.

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Entro in classe col capo chino. Sono in ritardo e sono sparito di nuovo per tre giorni. Mi stanno fissando tutti.

Sono tentato di voltarmi verso il fondo della classe, per vedere se ci sia anche lui. Non ne capisco il motivo, ma al momento la sua presenza mi tranquillizza. Sta appoggiato con i gomiti sul banco mentre si sorregge il mento con le mani. Oggi sembrerebbe avere un' espressione leggermente più serena.

Mi accomodo di fianco alla mia amica che si affretta a rivolgermi un sorriso d'incoraggiamento.

Riesco a distrarmi, scarabocchiando un po' sul mio quaderno, e l'orario della pausa arriva più in fretta del solito.

Oggi è la prima volta che mi fermo fino alla pausa pranzo. Ora devo riuscire a sopravvivere alla mensa.

Jess ed io occupiamo un tavolo in disparte. A nessuno dei due piace stare in mezzo alla folla. Fisso la sbobba nel mio piatto per un tempo che mi sembra interminabile. Non mangio da giorni e questo cibo non è per nulla invitante.

Dopo un po' sento il gomito della mia amica picchiare contro il mio braccio. Mi sta chiamando e mi indica qualcosa da guardare con la testa.

La prima cosa che noto è il ragazzo nuovo aggirarsi per la stanza con lo sguardo perso. Non sa dove o con chi sedersi.

"Poverino. Invitiamolo qua" propone lei.

Io resto in silenzio. Ammetto che l'idea di condividere questo momento con altre persone mi spaventa un po'. Eppure non le dico di no. Mi sento quasi in dovere di aiutarlo. Non sopporterei il senso di colpa se dovesse fare la mia stessa fine.

Jess gli fa segno con la mano di raggiungerci.

Lui sembra confuso inizialmente. Poi si avvicina titubante. Si siede di fronte a noi e accenna un sorriso.

Inizia a mangiare senza guardarci. Sembra imbarazzato.

Io invece continuo a fissare il mio piatto.

"Non mangi?" sento la sua voce dopo un po'.

Alzo lo sguardo, stupito. 

"Tu hai il coraggio di mangiare questa roba?" ribatto guardandolo.

"Giusto" ride, ancora con la bocca piena. I suoi occhi sembrano un po' meno spenti adesso.

Sospiro e prendo la forchetta tra le dita, rigirandola schifato nel piatto. Infilzo un pezzetto di carne e me lo porto lentamente alle labbra. esito per qualche secondo prima di infilarmelo in bocca e masticarlo piano. Sa di aglio ed è secco. Mi sforzo lo stesso di mandarlo giù e mangiare ancora qualcosa.

Jess e Shane mi guardano, poi si guardano in silenzio. Lei gli sorride e mi posa una mano sulla gamba.

Torniamo in classe tutti e tre insieme. La mia amica continua a chiacchierare e raccontargli cose. Lui invece sembra piuttosto taciturno. 

Il resto della giornata continuo a percepire la stessa sensazione che ho avvertito in mensa, un senso di vicinanza e supporto da parte di entrambi, che mi carica della forza di restare a scuola fino alla fine delle lezioni.

Al suono dell'ultima campanella mi precipito in cortile e subito fuori dal cancello.

Faccio per prendere le sigarette dalla tasca, ma mi ricordo solo ora di averle finite. Sbuffo.

"Jess, io devo passare un attimo in tabaccheria. Ci vediamo domani" dico guardandola e accennando un saluto con la mano. 

"Non vuoi che ti accompagni?" chiede.

"Non preoccuparti, sto bene." Non voglio farle allungare la strada e poi non mi dispiacerebbe fare due passi da solo.

Nel frattempo ci raggiunge anche Shane.

"Se vuoi posso accompagnarti io. Ci passo davanti in macchina" propone.

Guardo la mia amica, in cerca di un consiglio. Non me la sento di rifiutare, ma non vorrei nemmeno che lei pensasse che io non la voglia. Lei lo capisce.

"Allora te lo affido" sorride la mia amica, posando una mano sulla spalla del biondo per poi dileguarsi.

Lui mi fa segno di seguirlo fino all'auto. Io lo ringrazio imbarazzato.

Ha un'auto vecchia, probabilmente usata. Però è comoda e lui ha una guida piacevole.

"Sono rimasto a secco anch'io" commenta aprendo la portiera e scendendo dalla macchina, dopo aver accostato vicino al marciapiede.

Compriamo un pacchetto a testa. Sto per aprire il mio ma lui mi ferma.

"Sono in debito" afferma, tirando fuori una sigaretta dal suo e porgendomela.

Vorrei rifiutare ma di fronte al suo sguardo non riesco ad aprire bocca e mi limito ad accettarla in silenzio. La accendo immediatamente. Ho bisogno di scaricare tutto lo stress della giornata.

"Come mai hai cambiato scuola?" domando dopo un po'.

Lui resto qualche secondo in silenzio, soffiando il fumo fuori dai polmoni. I suoi gesti mi sembrano sempre così aggraziati.

"Mio padre ha trovato lavoro qua" risponde con un tono di voce più freddo del solito.

"Andiamo. Si sta facendo tardi" aggiunge subito dopo.

Credo di aver toccato un tasto dolente, quindi non aggiungo altro e mi limito ad annuire.

Durante il tragitto non pronuncia più una parola. 

Gli indico la strada per casa mia e mi faccio lasciare davanti al vialetto. 

Anche il saluto è freddo e distaccato.

Se è così lunatico sarà difficile stargli accanto...

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora