48.

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Lo guardo confuso.
Ha un'espressione da cane bastonato e sembra triste.
«Ethan..» si alza e mi viene in contro, ma dalla voce non sembra arrabbiato o provocatorio come al solito.
Lo fisso. Non riesco nemmeno ad aprire bocca per chiedergli cosa vuole.
Cosa ci fa qui?
«Avevo bisogno di parlarti»
Strabuzzo gli occhi.
Marissa ci lascia soli.
Resta in silenzio qualche secondo.
«Mi dispiace, davvero. Io..non volevo che finisse in questo modo. Non volevo che arrivassi a questo» butta lo sguardo sul mio braccio fasciato.
«Perché l'hai fatto?» è tutto ciò che riesco a dire.
Scuote la testa. Ha gli occhi lucidi.
«Non lo so. Credo di averti sempre invidiato in qualche modo.»
Mi viene da ridere. Invidiato? E per cosa?
«Tu avevi Jess, e lei ti ha sempre voluto bene. E Shane. Nonostante le nostre critiche tu hai continuato ad andare avanti per la tua strada, fregandotene di quello che pensavamo noi. Io non ne avrei mai avuto il coraggio..» ammette abbassando lo sguardo.
«Mi dispiace» ripete, e quasi piange.
Resto immobile. Non mi aspettavo affatto le sue scuse.
Mi accenna un sorriso. Poi lascia la stanza, scoppiando in lacrime.
«Alexander» lo chiamo.
Lui si volta.
«Grazie..» mormoro con poca voce.
Se ne va, e io resto immobile. Confuso.
È stato uno shock. Ma in realtà credo abbia solo migliorato la giornata.
Uno dei motivi del mio malessere, si è appena scusato, e potrebbe voler dire che non dovrò più subire sue critiche. Forse anche lui ha un cuore.
Raggiungo Marissa - che aspetta fuori dalla porta - e l'abbraccio con le lacrime agli occhi.
«Ehi, che succede?» chiede accarezzandomi la schiena.
Io sorrido. E intanto piango.
«Mi dava il tormento dalle medie...oh cristo, non ci credo. Si è scusato. Dopo otto fottutissimi anni si è scusato!» continuo a sorridere e stringo Marissa tra le braccia, sollevandola da terra.
Lei ride.
La rimetto in terra.
«Se un Ethan felice corrisponde a questo è meglio che mi tenga allerta» continua a ridere.
Le faccio una linguaccia.
«È quasi ora di pranzo. Mensa?»
Annuisco.
«Oggi voglio vederti mangiare!»
Sorrido, scuotendo la testa rassegnato.
Mi tengo comunque leggero. Ho mangiato poco e niente negli ultimi giorni, se mi abbuffassi non terrei nulla nello stomaco.
«Uff. Non c'e mai niente da fare qui» sbuffo. «E il mio iPod è scarico» mi lamento una volta in camera.
Marissa mi guarda tirando fuori il labbro inferiore.
È incredibile come un regalo che dovrebbe farmi soffrire e pensare ad una persona a cui non voglio pensare, mi permetta invece di avvicinarmi ad una persona che mi fa stare bene.
«Vado a chiedere un caricatore» si dirige verso l'uscita, e io intanto mi butto sul suo letto.
Ritorna poco dopo con un'espressione delusa.
Alzo un sopracciglio.
«Non me lo vogliono dare. Dicono che è considerato un possibile oggetto per suicidarsi» si getta sul letto e, per fare spazio, mi sistemo ai piedi di esso.
«Che palle sta storia..» sbuffo.
«Cosa ci fai nel mio letto?!» scherza.
«Tu sei nel mio 24 ore su 24, quindi non lamentarti» rido, e lei a sua volta.
Rimaniamo qualche secondo in silenzio.
«Grazie, Marissa» dico sinceramente rivolgendole un sorriso.
«È merito tuo se oggi sto meglio» spiego, ma lei sembra aver già capito.
«È un piacere. Per me non c'è mai stato nessuno, e vorrei che per te fosse diverso. Sei una bellissima persona e ti meriti qualcuno che ti stia vicino» mi accarezza i capelli e poggia la mano sul mio collo.
Sorrido. «Anche tu» la guardo dritto negli occhi di un verde chiaro, ma pieni di emozioni diverse.
Lei fa lo stesso e, avvicinando anche l'altra mano al mio collo, poggia la fronte contro la mia.
«Tu sei speciale, Ethan» sussurra.
Sorrido, mentre lei socchiude gli occhi, avvicinando il volto al mio.
Le sue labbra sono a pochi millimetri dalle mie, e io sono in panico, non so che fare.
Non è che non mi piaccia Marissa, anzi, credo sia una persona magnifica, ma é troppo presto.
Abbasso il capo, rifiutando quel contatto.
«Ah- ..scusami..» dico con un filo di voce strizzando gli occhi.
Lei si allontana in fretta. «No, scusami tu. Non avrei dovuto..» si copre la faccia con le mani «Scusami, davvero.. Che stupida..credevo..»
La interrompo.
«Ehi, non è colpa tua.» le alzo il mento con le dita «Solo che per me è ancora troppo presto..» sospiro «Ho chiuso da poco una storia con una persona che non riesco a togliermi dalla testa, ma ci st-» vengo interrotto da un sussurro accanto al mio orecchio: «Davvero?» una voce che riconoscerei tra mille..
Mi volto trovando alle mie spalle il biondo che mi ha stravolto la vita..

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora