La stanza aveva le pareti bianche, ma di fantasia non mancava. Sparsi in giro c'erano dei peluche, ognuno raffigurava un animale diverso. Il letto era pieno di cuscini, sia grandi che piccoli, con la testiera tappezzata di finti diamanti. Era presente anche un bel angolino dedicato all'anime preferito di Theresa: Doraemon.

Il signor Wonka le aveva regalato un peluche, che in quel momento le venne difficile guardare perché intenzionata ad andarsene. Gli occhi erano umidi di lacrime, tuttavia ciò non servì a fermarla, tirò fuori dall'armadio incassato nel muro due valigie, le riempì di alcune cose e, col cuore che le implorava di restare e calmarsi, si chiese se stava facendo la cosa giusta.

Prima che potesse avere risposta, chiuse le valigie ponendo fine al suo presente e alla favola che stava vivendo, indossò una semplice pelliccia color nocciola e uscì dalla stanza. Si imbatté nello stesso corridoio che aveva percorso poco prima, sbirciando l'interno di una porta aperta, là dove il cioccolatiere era appoggiato a un banco di spalle. Non si fermò a salutarlo e ignorò totalmente lo scatto che ebbe l'uomo quando la vide andar via.

«Non andrai via sul serio?» le chiese allibito. Theresa non rispose. «Non puoi andartene! Aspetta che mi sia calmato e chiariremo tutto!»

«Willy, per favore...» tentò la ragazza.

«Cosa?!» l'apostrofò egli.

«Lasciami andare.»

«Non posso farlo.»

Il signor Wonka cercò di abbracciarla, di far pace, ma il suo gesto fu vano perché Theresa lo respinse.

«Willy, tu mi vuoi bene?» gli chiese in lacrime.

«Io ti amo» la voce del cioccolatiere apparve soffocata.

«Allora, se mi ami per davvero, lasciami andare.»

Così fece. Willy Wonka, dagli occhi blu bagnati di lacrime, lasciò andare la sua amata come ella bramava. Col cuore a pezzi la osservò sparire dietro le enormi porte in ferro, per poi correre fuori nella speranza che avesse cambiato idea. Ma Theresa non si fermò, si chiuse il cancello della fabbrica alle spalle e andò via servendosi di un taxi, sparendo per le strade della città.

Willy Wonka rimase prigioniero nel suo dolore, chiuso nella sua fabbrica di cioccolato che mai gli era apparsa più vuota e silenziosa di allora. Persino la loro camera da letto non sembrava più la stessa, tranne che per quel peluche di Doraemon avvolto dal suo odore: Olio D'Argan.

Le notti si preannunciarono lunghe e fredde e le ore scorrevano lente. Dormire gli venne sempre più difficile, così come il creare nuovi dolci. Davanti al tavolo degli esperimenti cercò di inventarsi qualcosa o di farsi venire qualche idea, ma la mente pensava a tutt'altro: aveva i pensieri offuscati dal loro ricordo e qualcosa, lì nella sua testa, lo spinse nell'andare a rivedere quei maledetti filmati di servizio esterno per scoprire la verità. Prese la cassetta dalla telecamera che s'affacciava sulla strada, la inserì in un videoregistratore e schiacciò il tasto play del telecomando, attendendo con ansia il caricamento...

«ALLORA SEI TU!» urlò Theresa nel filmato.

«Ragazzina, non ho tempo da perdere» le fu detto da Slugworth.

«Ho sempre detto al signor Wonka di riguardarsi da te e non mi sbagliavo!»

«Senti, levati dalle scatole!» le disse l'uomo con tono sprezzante.

«NO! DAMMI QUELLA RICETTA SEGRETA!» urlò la ragazza, cercando di strappare dalle grinfie di Slugworth quel pezzo di carta molto importante per il cioccolatiere.

«ADESSO BASTA!» Slugworth la scaraventò a terra con facilità, calpestandole pesantemente lo stomaco. «Non osare metterti contro di me o finisci male!»

L'uomo scomparve oltre il grande muro di cinta.

«Ho combinato un casino!» sclerò il cioccolatiere, gettando all'aria il telecomando.

Il signor Wonka non aveva mai usato un telefono prima di allora, per cui gli fu difficile maneggiare quell'affare e capire come digitare i numeri. A stento rammentò il recapito di Theresa, che a differenza sua impiegava il suo tempo libero dietro la tecnologia, ma dall'altro lato non si sentiva altro se non la segreteria telefonica, finché ella non rispose.

«Willy, per favore, lasciami...»

«Mi dispiace per il casino che ho combinato!» la zittì. «Mi sono comportato da idiota...» Theresa rimase in ascolto. «Ho appena rivisto il filmato e... Per favore... per favore, ritorna!»

«Questa cosa fa più male a me che a te» la voce di Theresa parve distaccata e lui non comprese. «Ho sperato ogni giorno di essere felice al tuo fianco, di stare insieme per sempre. Sapevo che mi avresti fatto stare bene ed è stato così fino ad oggi. Ora accetta la realtà: il destino ha voluto separarci e noi dobbiamo andare avanti.»

«Possiamo rimediare... posso ancora rimediare!» provò a convincerla lui.

«No, signor Wonka, è tardi ormai.»

«Theresa...»

Troppo tardi, lei aveva messo giù.

Erano due anime separate in due mondi completamente diversi: lui in fabbrica, lei chissà dove; lui al caldo, lei non si sapeva; lui solo, lei sola. Tutto era finito, la loro felicità era finita.

Il giorno seguente giunse rapido e senza preavviso. Il signor Wonka indossò un completo nero, un cilindro sulla testa e degli occhiali scuri a coprirgli le occhiaie di una notte insonne dovuta alla mancanza di lei. I suoi operai erano in attesa dell'apertura del cancello principale della fabbrica per entrare e mettersi a lavoro, ma tutto era silenzioso, fermo.

Il cioccolatiere uscì dalla porta di ferro con in mano un microfono e diede loro una pessima notizia: «Chiudo la mia fabbrica di cioccolato... per sempre... mi dispiace.»

Sparì a testa bassa dietro la porta di ferro, che si chiuse alle spalle. Le ciminiere smisero di fumare e tutto ebbe fine prima ancora di cominciare.

Willy Wonka||Johnny Depp (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now