22.

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Nonostante io abbia messo ghiaccio e pomata antinfiammatoria, la caviglia sta mattina è un po' gonfia.
Decido di indossare un completo leggings e top, fuori fa davvero caldo. L'estate è davvero alle porte.
Allaccio bene le scarpe e faccio le coccole ad Olimpia.
Lei è distesa a pancia in su mentre io la accarezzo, quando sentiamo il campanello squillare.
Ci metto qualche secondo in più per sollevarmi da terra e raggiungere la porta.
Quando apro Neymar mi sta guardando.
Indossa la tuta del club, e l'immancabile cappellino con visiera.
In mano ha un sacchetto di carta bianco, e nell'altra un bicchiere nell'involucro cartaceo fumante che profuma di caffè.
Ma la cosa più bella sono i suoi occhi. Mi sta sorridendo, e il sorriso li coinvolge.
Il mio cuore si scalda, e le farfalle prima dormienti iniziano a svolazzare liberamente nel mio stomaco.
"Buongiorno." Dice, rimanendo sulla soglia.
Il fatto che non entri come al suo solito, mi fa stare male. D'altra parte è colpa mia.
Devo rimediare.
"Dovresti entrare. Scusa per l'altra sera. L'ultima cosa che volevo era che andassi via.. ma ero arrabbiata". Dico.
Lui non aspetta altro. Abbracciandomi mi spinge indietro fino a farmi rientrare a casa. Poi si chiude la porta alle spalle.
Sorride e si guarda intorno.
Olimpia accorre a scodinzolare ai suoi piedi.
Mi porge quello che ha in mano e si abbassa a salutare la sua amica.
Sono sorpresa, pensavo che avrebbe fatto più resistenza.
Io intanto mi dirigo verso il tavolo e tiro fuori due appetitosi croissant ancora caldi.
Prendo due tovagliette per la colazione e le dispongo frontali a tavola.
Mi lavo le mani e mi siedo.
Solo quando scoperchio il bicchiere di caffè Neymar si alza e si avvicina.
"Chi ti ha detto che era per te?" Mi fulmina.
Oddio. Sobbalzo e trasalisco.
Rimango con le mani a mezz'aria.
"Scusa .. io.." sto per dire che gliela ricomprerò come usciremo, ma lui scoppia a ridere.
La sua risata rimbomba nelle mie orecchie, ed è davvero un suono meraviglioso.
Mi concedo di ammirare i suoi denti, non so perché, ma il bianco splendente e il fatto che siano perfettamente allineati mi ammalia.
"Scherzo. Mangia pure. È tutto per te". Dice.
Sbuffo.
"Che idiota sei. Comunque siediti .. prendi l'altro croissant." Dico indicando di fronte a me.
Nonostante abbia trascorso qui parecchie notti, non abbiamo mai realmente consumato un pasto insieme così, seduti a tavola.
So che lo sta pensando anche lui dal modo in cui si siede. È titubante.
Alla fine si mette comodo, e mi scruta un po' a disagio.
"Come va la caviglia?" Mi chiede mentre si decide ad addentare il croissant.
Annuisco.
"Bene". Rispondo.
"Bene, cioè? È gonfia? Ti fa male? Riesci a poggiarla?" Domanda.
"Bene in generale".
Scocciato si pulisce le mani su un tovagliolo, e si alza. Gira dal mio lato del tavolo, viene affianco a me e prendendo la sedia dalle gambe mi fa roteare fino ad essergli seduta di fronte.
Con la mano delicatamente mi sfila la scarpa.
I brividi mi percorrono la pelle quando le sue dita sfiorano la mia gamba, mentre lui mi solleva l'orlo dei leggings.
Lo sento sospirare pesantemente, lasciandomi intuire che anche lui brama un contatto maggiore.
Quando mi ispeziona la caviglia la sua espressione è dura.
Alza lo sguardo e mi fulmina con occhi gelidi.
"Non puoi lavorare così, devi stare a riposo". Dice con ancora le sue mani su di me.
Mi fa muovere un po' il piede a destra e a sinistra, ed io mi impegno seriamente per non gemere di dolore.
"Sto bene. Lavorerò seduta. Devo solo osservarvi e dirvi cosa fare". Dico.
"Alex.. maledizione io lo ammazzo. Sapevo che non avresti dovuto fare quell'esercizio con lui.." si lascia dire. Con le dita prende a massaggiarmi la caviglia nei punti in cui non è violacea.
"Perché non avrei dovuto?" Chiedo.
"Perché so che lui è tremendamente scoordinato. Avresti dovuto farlo con me". Dice.
"Oh si, perché tu sei bravissimo? Il migliore?" Dico ironicamente.
Lui alza gli occhi dalla mia caviglia e li pianta nei miei.
"No. Affatto. Sono solo più consapevole di quanto tu sia importante." Risponde.
L'ironia con cui lo stavo schernendo mi muore in bocca.
Distolgo lo sguardo cercando di non arrossire. Ma credo che che il mio viso non menta, perché Neymar sorride e torna a guardare il mio piede.
"Tornando a noi.. è ora. Andiamo." Dico alzandomi.
Con passo incerto raggiungo il mio borsone e lo prendo. Lui mi guarda come se volesse dire qualcosa, come se volesse trattenermi.
"Testarda che non sei altro". Dice infine raggiungendomi.
Ovviamente non riesco ad impedirgli di portarmi in auto in braccio.
Quando mi posiziona sul sedile della mia macchina, noto che ci sono le sue cose sparse in giro.
Il suo cellulare, le chiavi di casa sua, il suo portafogli, una felpa poggiata sui sedili posteriori, un paio di AirPods con custodia.. dovrei arrabbiarmi per il disordine. Ma mi piace. Mi piace avere le sue cose in giro. Mi piace che questa macchina, che questa casa, che la mia vita, sappiano di lui.
Sale e mette in moto.
"Perché sorridi?" Mi chiede.
"Niente pensavo.." Rispondo.
Lui si guarda intorno ed esce dal parcheggio in retromarcia.
Ormai con la mia auto ha tutta la confidenza possibile.
"Sarà strano guidare una BMW quando sei abituato alle Ferrari, alle Lamborghini e Dio solo sa cos'altro, vero?" Chiedo.
Lui ride.
"A dire il vero, stavo proprio pensando di comprare un'auto come questa. Le sportive basse mi stanno stancando. Le amo eh, non fraintendere. Ma sono scomode." Dice.
"Qui sono molto alto rispetto la strada, all'interno è comoda, spaziosa, e corre come una bestia". Continua.
"Hai fatto correre la mia auto?" Domando ad occhi spalancati.
"Per provarla. Se voglio comprarne una così devo conoscerla bene o no?" Risponde ridendo.
"Le case produttrici delle auto fanno fare i test drive ai possibili acquirenti, lo sai?! Se BMW sapesse che Neymar sta valutando di comprare una Mcompetition, ti metterebbe la sede centrale a disposizione". Dico scherzando.
Scoppiamo a ridere entrambi.
Lui guida tranquillamente nel traffico mattutino.
Dopo dieci minuti arriviamo a destinazione, e notiamo subito che di fronte l'ingresso auto è strapieno di giornalisti e fotografi. Ovviamente la storia del bacio con quella ragazza non è stata ancora dimenticata. Sono tutti qui in cerca di scoop.
Neymar si innervosisce, lo capisco da come stringe il volante. Il suo respiro inizia ad accelerare. Credo che quest'uomo soffra di qualche tipo di stress post traumatico con i giornalisti.
Gli poggio una mano sul braccio.
"Va tutto bene". Dico.
"Noi due siamo colleghi, se esce una foto di noi in auto non ci sarà nessuno scandalo". Aggiungo.
"Ti perseguiteranno per sapere cosa facevi insieme a me". Dice preoccupato. Dalla sua voce capisco che davvero il suo passato dev'essere stato segnato particolarmente da questo tipo di vicende.
"So tenerli a bada. Ehi, mantieni la calma. Sono qui. Andrà tutto bene. Ho un caratteraccio e non ho paura di tirarlo fuori". Dico cercando di rilassarlo.
Funziona un po' perché lui ride.
Mi guarda con occhi preoccupati, e vorrei solo lanciarmi a baciarlo e stringerlo, però devo trattenermi.
Porto la mia mano sulla sua, che è messa sul cambio, e la stringo.
"Continua a guidare. Ti ricordi quando tagliavi le cipolle l'altro giorno? Quanto hai pianto?" Tiro su il primo discorso a caso che mi viene, ma a quanto pare faccio centro perché lui scoppia a ridere.
Intanto i giornalisti ci notano e si avvicinando all'auto. I finestrini sono chiusi, ma sono oscurati solo dietro.
"Quale uomo non ha mai tagliato una cipolla al mondo?" Continuo, mentre lui continua a ridere.
"Ed è anche mancato poco che ti tagliassi un dito". Aggiungo.
Sono tutti accalcati attorno a noi. I flash arrivano da tutte le parti, è anche difficile vedere la strada davanti.
Parlano, a raffica, tutti insieme. Sia con me che con Neymar, ma non si riesce a capire nulla tra le mille voci ed i finestrini chiusi.
La sicurezza li fa spostare e riusciamo a superarli, entrando nel parcheggio sotterraneo.
Quando Neymar spegne l'auto, sospira.
Io ho ancora la mano sulla sua.
"Ce l'hai fatta." Dico.
Lui mi guarda.
"Grazie" dice solo. E so che non servono domande o spiegazioni.
Scendiamo dall'auto ma lui ancora si ostina a non farmi camminare. Mi porta di peso fino all'ascensore.
Quando entriamo, insieme a noi arriva Alex.
Tengo la porta aperta per lui con una mano.
Si infila dentro e sospira.
"Diavolo, i giornalisti sono agguerriti sta mattina." Dice.
"Capita spesso?" Chiedo.
Tra lui e Neymar la situazione è tesa. Almeno da parte di Neymar che nemmeno lo ha salutato.
"Diciamo.." risponde Alex.
Quando arriviamo al nostro piano, Alex esce per primo, ma quando vede che non lo raggiungiamo si gira a guardarci.
Neymar si è piegato e mi sta prendendo in braccio.
"Posso camminare, ho detto". Mi ribello.
"Che succede? È per la caduta di ieri?" Chiede Alex allarmato.
"Non è niente" sminuisco.
"Ora la porto dai medici, credo sia una distorsione". Si sblocca finalmente Neymar.
"Cazzo Victoria, scusa.. io.." Alex è davvero rammaricato.
"Sono cose capitano. È una stupidaggine. Mi è già capitato e ricapiterà. Meglio io che non uno di voi". Dico.
Alex si precipita verso di noi.
"Ti aiuto". Dice a Neymar.
Quando mi aspetto che lo scacci malamente, lui annuisce.
Alex prende i nostri due borsoni e se li carica in spalla insieme al suo.
Arriviamo nel loro spogliatoio, ed è li che mi piazza Neymar. Seduta in quello che è il suo posto. Mi sento emozionata. Anche qui, le sue cose sono ovunque. Foto di famiglia, accessori vari, indumenti.. tutto sa di lui.
"Chiamo Mike e vado a a vedere se ci sono i dottori". Dice Neymar allontanandosi.
Mi guarda con occhi che parlano. So cosa vuole da me.
Annuisco.
Rimango con Alex, che è evidentemente a disagio.
"Alex, guarda che non centri nulla, sono stata chiara?" Chiedo.
"Cazzo Victoria come fai a dirlo?!" Dice indicandomi.
"Ehi, è una distorsione probabilmente. Non ho nulla di rotto. E sono cose che capitano a chi fa sport. Ti assicuro che ho combinato di peggio." Lo incoraggio.
"E poi... mi serviva un po' di riposo". Aggiungo.
I suoi occhi corrono su di me.
"Scusa.." dice avvicinandosi.
Mi guardo intorno assicurandomi che non ci sia nessuno.
"Non è niente. E poi grazie a questo ne approfitto per stare più vicina a Neymar". Gli sussurro facendogli l'occhiolino.
Lui soffoca una risata ed ora i suoi occhi sono più leggeri.
"Grazie." Dice infine.
"Come vanno le cose?" Aggiunge subito.
Ormai tutto hanno intuito tutto. A quanto pare la laurea in sotterfugi ed imbrogli non ci spetta ancora.
Faccio spallucce.
"Non si capisce." Ammetto.
Mi guarda interrogativo.
"Sembra andare tutto bene, ma so che non ci siamo esposti in alcun modo, impegnati.. insomma.. siamo solo amici, come io e te". Cerco di spiegare ma mi rendo conto che le mie frasi sono sconnesse.
"Oh io non ho mai pensato di baciarti o fare altre cose con te.. credo che lui ci pensi ogni istante. Quindi come noi due direi di no.." Risponde ridendo.
Rido anche io.
"Hai ragione". Dico.
"Non ha mai avuto storie serie. Concedigli del tempo in più per capire cosa vuole.." Dice poi con tono serio.
"Mai avuto storie serie?" Chiedo confusa.
Davvero quest'uomo ha solo scopato a destra e a sinistra per trent'anni?
"Nessuna più di una o due settimane". Mi dice Alex guardando verso la porta.
"Ah." Dico soltanto.
Sentiamo dei passi in corridoio, così la sua voce si riduce ad un sussurro.
"Faccio il tifo per voi". Dice.
Io gli sorrido e basta.
Un istante dopo Neymar, Mike ed altri due uomini entrano dalla porta.
Mike è pallido.
"Victoria" Mi chiama avvicinandosi.
"Buongiorno" Dico a tutti.
"Facciamo subito dei controlli a quella caviglia. E poi vai a casa." Dice Mike con tono severo.
Scuoto la testa.
"No. Facciamo i controlli che volete, ma io rimango qui". Rispondo.
"Victoria Thorne. Sai benissimo che l'unico modo per riprenderti bene è stare a riposo". Mi rimprovera Mike.
"Starò seduta, come se fossi a casa. Ma siamo in un momento delicato del campionato, e non posso perdermi gli allenamenti". Dico senza ammettere repliche.
Mike sta per controbattere, ma Neymar gli poggia una mano sulla spalla.
"Ci prenderemo cura di lei." Dice.
Mike continua a guardarmi ma è poco convinto.

Una risonanza magnetica più tardi, sono seduta in campo, in panchina.
Ho dato ai ragazzi le indicazioni per l'allenamento e li sto seguendo da qui.
Si stanno allenando nella parte del campo vicina a me, per non farmi alzare.
Neymar mi guarda di continuo. Forse ha paura che io possa rompermi solo respirando.
Tra lui ed Alex le cose sono tornate tranquille. Parlano e scherzano come prima.
Sapevo che Neymar voleva che tranquillizzassi Alex. Era chiaro che si sentiva in colpa e a risentirne ne sarebbe stato solo il suo rendimento. Neymar ha voluto che lo alleggerissi un po'.
"Victoria". Sento chiamare alle mie spalle.
Questa voce mi fa trasalire.
Rimango immobile come un blocco di ghiaccio.
Un uomo sulla sessantina, capelli radi, vestito elegante e fazzoletto nel taschino mi si para davanti.
Dietro di lui tre energumeni, le sue guardie del corpo, lo spalleggiano.
Gli occhi sono incandescenti, proprio come li ricordo. Il viso segnato dall'età e dal lavoro, è solcato da profonde linee.
Mi sorride con quel ghigno che tanto ho odiato.
"Randy." Dico alzandomi a fatica.
La caviglia mi fa male, ma in questo momento è il male minore.
Lui alza gli occhi al cielo e si sistema li nodo della cravatta costosa sbuffando.
"Non pensi sia ora di iniziare a chiamarmi papà?" Dice poi.

Dal primo sguardo Where stories live. Discover now