21.

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Dopo essermi fatta una lunga doccia sistemo il mio borsone preparandomi per andare a casa.
Adesso che i muscoli si sono raffreddati credo che la mia caviglia sinistra, quella colpita da Alex involontariamente, sia ferita. È leggermente gonfia e mi fa male poggiarla a terra. Sembrerebbe una leggera distorsione, niente di più.
Mi allaccio le scarpe e prendo il borsone.
Mi chiudo la porta alle spalle quasi aspettandomi di trovare Neymar li fuori, come spesso è successo in passato. Sorrido amaramente mentre mi avvio verso il parcheggio zoppicando.
Se metto tutto il peso sulla caviglia sento dolore.
Prendo l'ascensore e raggiungo il pian terreno.
Fortuna che la mia auto è vicina.
Sto per raggiungerla quando noto una figura poggiata sulla portiera del lato guida.
Sussulto, e il ricordo di Luis mi fa tremare le gambe.
Quando intravedo però quei ricci selvaggi, e la solita posa da uomo tormentato,mi avvicino con il cuore che batte forte.
Neymar è poggiato al veicolo di schiena, anche lui in tuta come me. Profuma ancora di bagnoschiuma.
Subito i suoi occhi corrono al mio piede.
"Che succede?" Mi chiede allarmato avvicinandosi.
"Nulla. È la caduta di prima." Dico facendo spallucce.
Neymar stringe forte la mascella, facendola guizzare sul suo profilo.
Si avvicina e senza dire nient'altro si abbassa e mi prende in braccio. Mi aggrappo con le mani al suo collo, mentre le mie gambe pendono dal suo braccio.
"Ma che fai?" Chiedi agitata.
"Ti porto a casa. Non puoi guidare così". Mi dice.
Mi porta fino al sedile passeggero e aprendo l'auto con le chiavi che avevo in mano mi ci adagia sopra.
"Posso guidare tranquillamente" protesto.
Lui richiude la portiera e gira. Si siede al lato guida e si inizia a sistemare il sedile.
"Scendi dalla mia auto". Sbraito.
Sistema lo specchietto, preme il pulsante di avvio e si prende un attimo per prendere confidenza con il quadrante della mia auto.
"Mi senti?" Lo richiamo.
Inserisce le sicure interne, ed esce dal parcheggio con attenzione.
"Non puoi guidare così." Si degna di rispondere.
"Chiamerò un taxi. Fammi scendere". Dico.
"No." Risponde.
"Che ci facevi alla mia auto?" Chiedo approfittando del momento.
"Volevo vedere come stavi". Dice.
Prende la pedana e siamo fuori dal parcheggio sotterraneo in un secondo.
Si immette nel traffico della sera abbassandosi sul viso la visiera del cappellino.
I suoi occhi sono concentrati sulla strada, guizzando costantemente da un'auto all'altra.
È come se fosse costantemente in allerta.
Sto continuando a fissarlo senza preoccuparmene. Il suo profilo è mozzafiato. Gli occhi sono contornati da quelle lunghe ciglia, il naso dritto che si congiunge perfettamente al labbro superiore. Quest'uomo può davvero avere qualsiasi donna voglia.
Mi torna subito in mente la foto in cui quella ragazza lo bacia. L'amaro in bocca non tarda ad arrivare. Ancora.
Deglutisco e mi giro a guardare fuori dal finestrino.
"Cosa c'è? non sei più sul piede di guerra?" Mi chiede senza distogliere l'attenzione dalla strada.
"Tanto sarebbero solo energie sprecate". Rispondo.
"Se tu mi avessi fatto spiegare ieri..." inizia senza portare a termine la frase.
Così intervengo.
"Non sarebbe cambiato nulla. Mi avresti spiegato cosa? Che ti è saltata addosso e non potevi respingerla in alcun modo? E comunque anche passandoci sopra, so che ci sarebbe stata una seconda volta, ed una terza..." dico con voce stanca.
"Tu credi che io sia la stessa persona che descrivono le testate giornalistiche?" Mi chiede.
"No, io sono sicura che non sei in quel modo. Ma mi chiedo perché glielo lasci credere". Ribatto.
Lui sorride emettendo un verso.
"Perché mi sono arreso. Ho provato davvero tante volte a mostrare me stesso, ma ogni mia azione veniva travisata, fraintesa, interpretata.. allora mi sono arreso". Dice.
"Praticamente ti sei arreso alla tua parte peggiore e hai lasciato che prendesse il controllo?"
"Sentiamo Victoria, tu sei perfetta? Tu non hai difetti? Tu non sbagli mai, vero?" Mi chiede con tono di sfida.
Rido nervosamente.
"Vedi Neymar, anche tu ti sei fatto un'idea sbagliata della mia vita. Credimi che non sai nulla di me." Dico.
"E questa cosa è frustrante Victoria, cazzo". Risponde subito.
"Non hai mai fatto niente per conoscermi meglio. Neymar siamo sinceri.. tra noi c'è attrazione fisica, tanta. Almeno da parte mia.. ma siamo incompatibili." Ragiono a voce alta ormai.
Nell'esatto momento in cui concludo la frase, lui parcheggia la mia auto sotto casa mia.
Spegne il motore e si gira a guardarmi.
"Una volta mi hai detto una cosa, che mi è rimasta impressa. Ovvero "che cosa vuoi da me? Amore e bambini?" E ti sei messa a ridere. Dando per scontato che uno come me non possa desiderare o meritare una vita normale forse.. quindi io credevo che non cercassi niente di serio con me all'inizio... ma poi le cose sono cambiate.." Dice guardandomi negli occhi. Mi ricordo la discussione in questione.
"Cosa è cambiato?" Chiedo.
"Tu. Io. Noi. Io.. ero sicuro che scopando con te ti avrei levata dalla mia testa, invece ho fatto solo peggio, perché ne volevo ancora, di continuo. Volevo tutto di te. Non faccio altro che pensarti costantemente." Si lascia andare.
I miei occhi sono lucidi probabilmente, l'emozione sta raggiungendo anche le zone più remote del mio corpo.
Sento le mani tremare. Le sue parole sono potenti, agiscono su di me senza ostacoli.
"Mi dispiace per quella foto. Ma credimi Victoria, io non ho baciato nessuno intenzionalmente da quando ho toccato le tue labbra per la prima volta."
È come se un fuoco d'artificio scoppiasse nel mio cuore. Lo sento battere forte, ed ho il timore che possa sentirlo anche lui.
È troppo presto per chiedergli cosa prova allora per me?! Io so cosa provo per lui. Ma non posso aspettarmi di esser ricambiata.
"Io.. questi sono gli equivoci che si creano a stare insieme di nascosto". Dico.
"No Victoria, questi sono incidenti di percorso. Gli equivoci che si creano sono quelli di oggi all'allenamento. Ma che cazzo..devi stare così appiccicata ad Alex?" Improvvisamente il suo tono cambia.  Si gira a guardarmi ed anche la sua espressione non è più tranquilla come poco fa. Lo fronte corrugata, le sopracciglia strette verso il centro.
"Io non sto appiccicata a nessuno Neymar. Sei tu quello che sta appiccicato alle donne". Ribatto.
"Oggi con Alex, ed anche in altre occasioni, ti ho vista abbastanza in sintonia". Dice punzecchiandomi.
"Si, perché siamo amici." Rispondo.
"Beh lui non perde occasione per poggiarti le mani addosso".
"Senti stiamo divagando.. credimi che Alex non ha nessuna strana intenzione nei miei confronti. Anzi, ha cercato di difenderti oggi all'allenamento. Ha cercato di dirmi che sei vittima di un equivoco". Adesso mi guarda con espressione confusa.
"Lo sono. Credimi." Risponde subito.
Sono frastornata. Non è facile passare da una vita vuota a questa altalena di emozioni.
Io vorrei credergli con tutta ma stessa, ma le cose tra noi cambieranno mai?
Senza dire altro scende dall'auto e gira raggiungendo il lato passeggero.
Apre la portiera e si china verso di me.
Il suo viso è così pericolosamente vicino che non mi permetto nemmeno di respirare.
Quando penso che stia per baciarmi, inclina la testa di lato e mi poggia una mano dietro la schiena ed una sotto le gambe. Mi solleva di peso e mi tira fuori.
Io d'istinto mi aggrappo subito a lui.
"Posso camminare". Cerco di protestare.
Lui non ribatte nemmeno, si gira a guardarmi con occhi gelidi che non ammettono repliche.
I nostri nasi si sfiorano a momenti.
Lo sento deglutire con difficoltà.
Con la schiena chiude la portiera dell'auto e si avvia verso casa mia.
"Ti accompagno soltanto". Mi dice.
"Se esco da qui è per sempre" ha detto ieri.
"Ok." Dico.
Le cose tra noi sono strane. Non riusciamo a starci lontano, e ne siamo consapevoli. Ma siano anche consapevoli degli errori che abbiamo commesso.
Ieri magari avrei dovuto lasciarlo parlare invece che mandarlo via così.
Arrivati di fronte la porta del mio appartamento mi mette giù, tenendomi comunque stretta dalla vita e permettendomi di tenere il peso su una sola gamba.
Apro la porta e prima di avviarmi mi giro verso di lui.
"Mi dispiace per ieri. Ho gestito male la situazione. Avrei dovuto farti spiegare". Dico.
Lui annuisce, lo sguardo triste.
"A me dispiace per i guai che ti sto facendo passare".
Rido.
"Fossero così tutti i guai.." dico.
Lui accenna un sorriso.
Voglio che entri a casa con me e so che lo vuole anche lui. Ma molla la presa su di me e si distanzia appena.
"Tieni la gamba a riposo". Mi dice.
"Ma come torni a casa?" Chiedo.
Mi mostra le chiavi della mia auto che sono ancora in mano sua.
"Così". Dice.
Lo guardo confusa.
"Domani mattina ti passo a prendere e te la restituisco". Aggiunge.
Non ho mai fatto guidare a nessuno la mia auto in mia presenza, salvo lui oggi. Figurarsi portarsela a casa.
Nota subito che non sono convinta.
"So guidare, giuro". Dice poggiando le dita sul cuore.
La verità è che vorrei restasse. La verità è che vorrei continuare a parlare con lui tutta la notte. Sento che lui prova lo stesso, perché i suoi occhi stanno indugiando.
Serra la mascella e fa un bel respiro.
"Se non vado ora non me ne andrò mai più.." dice sporgendosi verso di me.
In un secondo la mia parte irrazionale prende il sopravvento.
"Resta". Dico d'impulso.
Lui è proteso verso di me, fermo a mezz'aria.
I suoi occhi sono vicinissimi, il suo profumo mi sta inebriando.
"Non posso." Risponde.
Mi scocca un bacio sulla guancia, si gira e va via con le chiavi della mia auto in mano.

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