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Do un'ultima sistemata alla cintura che indosso. Deve perfettamente essere centrata al pantalone di questo tailleur. Come se da questa cosa dipendesse il mio debutto nella società.
Sarà troppo elegante? Infondo, è il mio primo giorno di lavoro.
Sorrido al mio riflesso allo specchio cercando di calmarmi, ma le gambe continuano a tremare.
Do un'ennesima sistemata ai capelli, e mi avvio verso l'uscita della toilette mentre cerco all'interno della borsa il mio cellulare.
Eccolo.
Ignoro tutte le notifiche.
Blocco lo schermo, e l'immagine di me ed il mio cane appare davanti ai miei occhi.
Prendo un gran bel respiro.

Ok Vic, vai la fuori e dai il peggio di te stessa.

Attraverso a passo di marcia lo spazio che mi separa dalla sala riunioni.
Una volta arrivata spalanco la porta senza bussare.
Tutti gli sguardi dei presenti si rivolgono in automatico verso di me.
C'è un piccolo istante di silenzio, un piccolo frangente fuori dalle regole della realtà, in cui guardo velocemente ognuno di loro.
Prima che possano proferire parola, con aria sicura raggiungo l'unico uomo in piedi, all'inizio della stanza.
Mi guarda sorridendo, e con un dito si tira gli occhiali più su.
Ad un passo di distanza da lui, alzo maliziosamente un angolo della bocca e stringo la mano che mi sta offrendo.
"Buongiorno signorina Thorne." Dice.
Lo fulmino subito.
"Nessun signorina, signora o altro. Sono Victoria". Rispondo.
L'uomo di fronte a me deglutisce rumorosamente.
Lo vedo nervoso, una gocciolina di sudore compare all'improvviso sulla tempia destra.
"Ti sei persa bambolina?" sento chiedere alle mie spalle.
Mi volto individuando il punto da cui proviene la voce in questione.
Un ragazzo con indosso una tuta mi fissa. Un braccio poggiato sullo stomaco ed uno alto a coprire il viso.
Sta sghignazzando, e così tanti di loro. Forse tutti?
Le caviglie mi tremano. Era quello che temevo.
Faccio appello a tutto l'autocontrollo possibile. Vorrei solo scappare da quella porta.
Invece prendo la mia borsa, e la sbatto rumorosamente sul tavolo di fronte a me.
Qualcuno sobbalza.
Il ragazzo non ride più.
"Dillo in faccia almeno,non alle spalle". Dico gelandolo.
Prima che lui possa rispondere interviene l'uomo che mi ha stretto la mano poco fa.
"Ragazzi.. vi stavo proprio per spiegare..." ma non termina la frase perché la porta si spalanca di nuovo.
Un uomo alto, sulla cinquantina entra sorridendo a passo svelto.
Lo salutano tutti, tanti a voce, altri alzando il braccio.
"Mia cara. Victoria, giusto?" Dice avvicinandosi a me.
È brizzolato. I suoi occhi sono azzurri come il cielo. Ha dei bei lineamenti.
Annuisco rimanendo impietrita.
"Scusa questi pagliacci. Ti hanno già dato fastidio? Ci penserò io a metterli al loro posto." Dice volgendo lo sguardo alla nostra sinistra.
Annuisco, quando due occhi abbastanza distanti da me calamitano la mia attenzione.
Sono verdi? Grigi? Azzurri? Non riesco a capirlo.
Stringo lo sguardo su di lui cercando di mettere meglio a fuoco.
Si toglie la mano che aveva davanti le labbra e sorride.
Una schiera di perfetti denti bianchi fa capolino tra due bellissime labbra rosee.
"Ragazzi. Lei è Victoria. Il nostro nuovo preparatore atletico."
Cala il silenzio.
Il mio cuore sta correndo, potrebbe esplodere. Come reagiranno? Una donna come preparatore atletico di una delle più importanti squadre di calcio al mondo.
Si inizia pian piano a sentir vociare. Qualcuno ride, ma sempre con contegno. A quanto pare temono il proprio allenatore.
"Mi auguro, che sappiate dimostrare al mondo intero che questa squadra è fatta di uomini seri e preparati e non di bambini.
Come mi auguro altrettanto che saprete far sentire la signorina Victoria a casa. Abbiamo la possibilità di accendere la scintilla che potrebbe alimentare una grande fiamma in futuro. Che le donne possano brillare nel mondo del calcio tanto quanto gli uomini". Conclude l'allenatore.
"Vuole aggiungere qualcosa?" Mi chiede l'uomo sudato di prima.
"No." Rispondo secca.
"I ragazzi hanno allenamento tra mezz'ora. Ma se vuoi seguirmi facciamo un giretto del posto, giusto per farti iniziare ad ambientare ok?" Propone.
Annuisco.
"Sta tranquilla, abbaiano ma non mordono". Mi sussurra avvicinandosi appena.
Accenno un sorriso.
"Non ho paura dei cani". Rispondo.
"Ah sono Mike". Dice infine.
"Victoria. Ma lo sa già." Rispondo.
Sorride appena.
"Andiamo". Mi incita alla fine.
Annuisco e mi faccio far strada fino alla porta, sfilando di nuovo davanti a tutti.
Il mio tailleur è troppo aderente? Mi stanno guardando tutti? Non è stirato bene? Sono spettinata?
Sento gli occhi di prima bruciarmi addosso, per confermarlo mi volto ed incrocio ancora quello sguardo pungente, malizioso, predatorio.
Raggiungo l'uscita e traggo un lungo respiro.
Un istante dopo, un vociare si alza prepotente dalla porta che ho appena richiuso dietro di me.
"Andrà tutto bene. Sono bravi ragazzi". Mi dice, dando uno sguardo alle nostre spalle.
"Sapevo che se mai ce l'avessi fatta, sarebbe stata dura". Ammetto.
Il mio percorso di studi per diventare preparatore atletico è stato lungo ed intenso. Ho trascorso gli anni più belli della mia vita tra università, lavoro e palestra.
Ho fatto enormi sacrifici, ma ora eccomi qua. Mi sono laureata con il massimo dei voti, e preso un master subito dopo. Tutto ciò per poi arrivare ai vari concorsi. Studio su studio su studio.
Mi merito di essere qui. Non devo farmi intimorire.
"Sai Victoria è stata dura anche per me come allenatore all'inizio. Ma ce l'ho fatta. E so che ce la farai anche tu". Mi dice.
Annuisco. Quest'uomo mi trasmette tranquillità.

Finito il piccolo tour della struttura, raggiungiamo la squadra in campo. Chiaramente non ho l'abbigliamento adatto per stare sull'erba sintetica, ne per fare attività fisica.
"Tranquilla. Ovviamente oggi volevo solo farti conoscere un po' la squadra, per questo ti ho detto di non venire in tenuta sportiva". Mi dice Mike.
Mi sento comunque a disagio.
I ragazzi si stanno riscaldando; qualcuno tira in coppia, qualcuno fa stretching, qualcuno corsa.. sono così disordinati.
"Rimani pure fuori dal campo". Mi dice Mike indicando il mio abbigliamento.
Non mi vedranno mai come una di loro se rimango in disparte a fare la perfettina.
Mi libero dei tacchi e a piedi nudi raggiungo Mike.
L'erbetta fresca sotto i piedi mi fa venire i brividi.
Lui sorride ed annuisce.
Un pallone arriva verso di noi, raso terra, a velocità sostenuta.
Prima che Mike possa precedermi lo blocco con il piede nudo.
Vedo uno dei giocatori alzare il braccio ed avvicinarsi.
"Scusa. Vengo a prenderlo io, non farti male". Dice. Tutti scoppiano a ridere.
Incrocio le braccia al petto tremando.
Odio essere derisa, o meglio, mi fa soffrire.
Come ho imparato, canalizzo l'ansia e la paura in rabbia.
"Vieni". Rispondo andandogli incontro.
Il pallone tra i miei piedi.
Una volta vicini si china per prendere il pallone, ma io lo sposto. Lo fa ancora. Ed io lo sposto ancora.
Si alza e mi guarda beffardo.
"Come siamo brave". Dice, con il tono che si userebbe con un bambino.
"Prendilo. Forza". Dico seria indicando in basso.
"Vuoi giocare?" Mi chiede avvicinandosi pericolosamente.
Non rispondo, ma sposto il pallone ancora.
Cerca di sottrarmelo con mosse semplici, che prevedo e schivo.
Si avvicina ancora, io indietreggio con la palla. Lui sposta il busto a destra, io lo anticipo da sinistra e lo supero con ancora il pallone tra i piedi.
"Pensi di farcela o no?" Chiedo prendendolo in giro.
"Sono anche a piedi nudi, dovrebbe essere più facile per te". Aggiungo.
È arrabbiato adesso. Non so chi sia, sulla divisa indossa la tuta.
"Ehi, ci penso io". Sento dire alle mie spalle.
Il ragazzo con gli occhi di un colore indecifrabile si avvicina.
Ha la pelle color caramello, e i capelli ricci.
È alto, anche se non quanto gli altri, ed il suo fisico è scolpito, naturalmente, ma armonioso.
"Vuole giocare, la ragazzina". Gli dice il ragazzo che non è riuscito a prendermi la palla.
Sbuffo sconcertata. Ragazzina, signorina.. quando mi tratteranno con rispetto?
Intanto lui è di fronte a me. Ci sfidiamo un po'.
Cerca di prendermi la palla ma lo evito e riesco sempre a superarlo.
Sono agile, e forte. Ho praticato tantissimi sport ed allenato sempre il mio corpo. Il calcio non ha tanti segreti per me.
Fa una finta ed è quasi arrivato a prendermi il pallone, ma io giro su me stessa dandogli le spalle, tiro la palla fra le sue gambe facendogli tunnel e poi lo aggiro riprendendone il possesso.
Gli altri ragazzi intanto si sono radunati attorno a noi, anche Mike.
"Sei brava, piccolina". Mi dice lui sorridendo.
"Piccolino sarai tu. Sono alta un metro e settanta". Rispondo.
Alza le mani in segno di resa.
"Bene, allora rendiamo la cosa più interessante.." dice e si toglie le scarpette da calcio.
Anche lui a piedi nudi, ma con le calze, si posiziona ancora davanti a me.
"Ad armi pari. Ho giocato piano perché avevo paura di ferirti ai piedi". Dice.
Deglutisco.
Cerca di minimizzare il fatto di non aver avuto la meglio.
Madonna è bellissimo pero.. ora che è così vicino posso guardarlo meglio. Se lo vedesse Bianca mi direbbe di provarci in tutti i modi.
Bianca.. devo chiamarla subito appena esco di qui. Mi serve supporto psicologico dopo questa mattinata. Ed un bicchiere di vino.
"Perfetto. Rifacciamolo". Dico. Scelgo le parole sbagliate perché loro ridono.
"La ragazza è ingorda". Dice qualcuno.
Il ragazzo davanti a me però li fulmina con lo sguardo.
"Smettetela". Li ammonisce Mike.
Io sorrido. So che si aspettano che io sia debole e remissiva. È così che gli è stato insegnato a vedere le donne.
"Oh, non sai quanto.." dico sorridendo maliziosamente.
Ora l'attenzione di tutti è ancora più calamitata su di noi.
Ci evitiamo e scartiamo un paio di volte a vicenda; la sfida sembra essere davvero ad armi pari.
Ad un tratto lui poi però si alza il pallone da dietro con i piedi, lo lancia in aria sorpassandomi.
Salto per raggiungerlo di testa, ma mi supera, e mi afferra dai fianchi tirandomi giù.
Riprende il pallone e lo passa ai suoi compagni.
"Non vale se mi trattieni". Dico con ancora le sue mani sul mio corpo.
Le sta trattenendo li più del dovuto.
"Il fine giustifica i mezzi". Mi sussurra sempre più vicino.
Le sue labbra sfiorano appena il mio orecchio, il petto duro contro la mia schiena. Ho brividi ovunque.
"Sei stata brava". Mi dice il ragazzo che mi ha lanciato la palla inizialmente.
"Sono Brad, benvenuta a bordo". Mi dice poi, porgendomi una mano.
La stringo.
"Victoria". Dico sorridendo.
All'improvviso alle mie spalle avverto uno spostamento d'aria.
"Neymar, aspetta, dove vai?" Chiede Brad raggiungendolo.
Neymar.
Non mi volto nemmeno a guardarlo. Poteva benissimo presentarsi e non lo ha fatto. Non merita la mia attenzione.
"Bene Mike. Io vado. Ci vediamo domani alle 7:00 puntuale". Dico.
Giocare un po' al pallone ha sciolto i mie nervi. Sono meno tesa. Sorrido, mentre lui mi saluta.
Raccolto i miei tacchi da terra e mi avvio verso l'uscita a piedi nudi.

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