Capitolo 78 - Regali di Natale

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Josephine

Varco le porte d'uscita dell'aeroporto di Heathrow e vengo investita dal freddo di Londra. Nulla di paragonabile a Sofia ma il contrasto con il calore all'interno dell'aeroporto mi fa rabbrividire. C'è una pioggerella leggera ma talmente fitta che riesco a vedere solo le sagome delle macchine posteggiate in fila, una delle quali è quella che mi porterà da lui.

Non ci vediamo da due giorni, da quando è partito facendomi promettere che non ci avrei ripensato e che avrei per certo passato il Natale con lui e la sua famiglia. Non riesco a pensarci senza che il mio stomaco si contorca e cerco di ignorare le insicurezze e le riserve che la mia coscienza ha su questa faccenda. Per farmi forza ripenso all'entusiasmo e la felicità di Jess quando le ho raccontato tutto, sperando che mi contagino almeno e mi diano il coraggio che mi manca.

Le macchine sono numerate e quando finalmente scorgo quella che indicata da Hero tramite messaggio, mi fiondo a raggiungerla. L'autista è già fuori che mi aspetta sotto un grande ombrello nero e non appena mi vede, mi viene incontro per prendere le valigie e caricarle nel bagagliaio, invitandomi a salire a bordo.

Quando sono dentro l'abitacolo tiro un respiro di sollievo, sono abbastanza sicura che nessuno mi abbia riconosciuta e forse potrò stare qui a Londra senza che la mia presenza generi un putiferio tra i fan.

L'autista prende di nuovo posto sull'auto e gli sorrido anche se attraverso la mascherina non può vederlo.
Mi dà un gentile benvenuto e accende la macchina, iniziando a sfrecciare subito tra le strade e il traffico di Londra.

Non so dove siamo diretti, quello che so è che Hero ha ascoltato le mie preghiere di non voler stare da lui con i suoi coinquilini, o meglio la sua coinquilina. Penso che vedere la sua famiglia sia già una prova abbastanza grande per me. Ecco perché quando mi ha detto di aver trovato il posto perfetto per potercene stare da soli mi sono tranquillizzata.
Sono talmente incantata nel guardare gli edifici e i paesaggi addobbati a festa che sfrecciano fuori dal finestrino che neanche percepisco l'ora e mezza che passa prima che Steve, questo il nome dell'autista, si ferma davanti a un vecchio palazzo. Non conosco Londra ma capisco subito che non siamo molto distanti dalla parte turistica della città.

"Signorina Langford, siamo arrivati. Vada pure avanti, le porto io i bagagli."
"Grazie, Steve." Lo ringrazio mentre apro la portiera.
Sembra che il tempo ci abbia dato una tregua dalla pioggia. Inalando l'aria fresca sento il petricore e lo smog, quello che penso sia il vero odore di Londra, quello di cui mi ha parlato più volte Hero e ogni persona che sia stata qui almeno una volta in questo periodo dell'anno.

Salgo i quattro gradini che portano al grande portone in legno dell'edificio: sembra una costruzione abbastanza vecchia ma ben curata. Indugio per apprezzare la sua bellezza ma vengo interrotta dal portone che si apre cigolando rivelando un ragazzo in mascherina con solo una maglia leggera e pantaloni sportivi. Il mio corpo lo riconosce ancora prima del mio cervello: il mio cuore fa una capriola e un'ondata di felicità mi colpisce mentre sento le sue braccia stringermi forte a sé.

Caspita, mi rendo conto adesso di quanto mi sia mancato. Inspiro profondamente, abbandonandomi al suo profumo che sospetto essere una vera e propria droga, una di quelle forti.

"Finalmente sei qui." Mi dice contro il mio collo. La sua voce ovattata dai miei capelli e dal pellicciotto del mio cappotto. Le sue labbra sfiorano la mia pelle e chiudo gli occhi.
Il freddo è sparito.

Si allontana e mi stringe le mani.
"Stai congelando Jo. Entra, io penso alle valigie." Mi dice e io faccio come indicato rendendomi conto che non ho spiccicato mezza parola. Non ho tempo di riprendermi che mi ha già superata per andare a prendere i bagagli.

Not far enoughWhere stories live. Discover now