Promesse di Guerra

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Ero in gabbia.
Lo capii dall'aria poco respirabile, dal senso di tradimento che aleggiava in me e che mi avvelenava di dolore e rabbia.
Un ambiente angusto dalle quattro pareti di ferro più fredde che avessi mai toccato. La prima stanza del castello che non fosse fatta di pietra e allora mi chiesi se davvero ero ancora nel castello o se fossi in qualche prigione sconosciuta a tutti, sottoterra.
Tuttavia la stanza era illuminata grazie ad una finestrella e fu grazie a quella che l'ultima ipotesi riguardo la mia posizione venne scartata.
Mi alzai sulle punte quanto potevo per poter sbirciare dalla finestrella, come se quella potesse dare risposte alle mie domande.
Dov'era Artù?
Che cosa avevo fatto alla festa?
Perché mi volevano imprigionare?
Non arrivai mai a guardare il paesaggio fuori della finestra e così non ebbi nessuna risposta, solo dopo qualche ora un altro fascio di luce sarebbe entrato a svegliarmi bruscamnete dalla veglia ad occhi chiusi.
<<Devi venire con noi.>>
Non dissero altro i miei carcerieri ed io neanche, forse per la troppa confusione o perché, in cuor mio già sapevo da chi mi stavano portando.
Arrivammo a destinazione solo dopo aver attraversato corridoi e scale di ferro gelido. Un altra stanza sconosciuta ma dal materiale familiare. Le pareti semitrasparenti dalle milioni di venature mi fecero da seconda cella per tutto il tempo che attesi.
La stanza era spoglia di qualsiasi oggetto che non fossero una scrivania e delle sedie, su cui all'inizio provai a sedermi ma la troppa agitazione rendeva i muscoli attivi quasi più del cervello, che macchinava domande e risposte senza prenderne in considerazione nessuna.
Quando provai ad aprire la porta quella non si aprì.
Provai ad aprire le finestre ma quelle rimasero chiuse.
In fine provai a gridare aiuto, gridai nella mia mente ad Artù ma nessuno venne da me.
Quando sembrava che tutto fosse immobile, silenzioso e che si fossero dimenticati di me la porta si aprì ed entrò una guardia ma non era sola.
Dietro di lui apparve camminando rigidamente e in armatura il professore Kay Foster.
Lo osservai da capo a piedi, provai a fargli capire la rabbia che provavo vero i suoi confronti attraverso gli occhi ma fui distratta da un altra persona, una persona forse assai peggiore.
<<Lorenzo.>>
Sibilai a denti stretti ma neanche lui mi degnava di uno sguardo, piuttosto preferivano guardare il pavimento. All'inizio pensai, solo per un attimo, che fossero dispiaciuti ma l'illusione durò poco meno di un secondo.
<<Talitha Kramer.>>
Una voce possente, una voce aspra quanto la sua figura.
Vestito di viola scuro, una tunica lunga e dalle maniche strette lo risaltava in qualche modo. Più alto, più muscoloso e possente ma le sue rughe lo tradivano, così come i capelli bianchi.
Privo di barba e di compassione vidi per la prima volta il Consigliere.
Guardarlo negli occhi neri era impossibile. Non sentirsi schiacciati dalla sua presenza era impossibile.
Ero spaventata e non sapevo più se era per la sua presenza o per quello che poteva accadere.
<<Siamo qui per spiegarti, giovane maga, il destino che ti attende.>>
<<E che dovrai compiere.>>
Guardai Lorenzo che aveva parlato e mi chiesi che ruolo avessero tutti, se di aguzzino, giudice o se avessero il ruolo di poter decidere per me il mio destino. La furia intanto cresceva.
<<Siediti, giovane maga.>>
Il Consigliere sedette su una delle sedie di ferro dietro la scrivania spargendo per la stanza una scia di profumo che per le mie narici era veleno.
Colta da un giramento di testa dettato dall'odore mi sedetti anche io.
<<Poni la tua domanda dunque.>>
In quel momento non riuscivo a scegliere quale, lui voleva una domanda ed io una risposta.
Ma quale?
<<Da quanto pensavate di rapirmi?>>
L'uomo davanti a me sospirò poggiando la schiena e mettendosi comodo ma i suoi muscoli non smettevano di guizzare e di contrarsi sotto le maniche strette, io invece stavo stringendo talmente tanto la mandibola che pensai i miei denti si sarebbero spaccati.
<<Cercavamo una persona come te da anni, tenendo sotto controllo tutte le scuole di Myeki. Non pensavamo di "rapire" te in particolare. Questo pensiero era rivolto a qualunque ragazza.>>
Strinsi le dita incrociate e sudate riflettendo ma la risposta era stata chiara e così ne posi un'altra.
<<Quando avete deciso che ero la ragazza che volevate?>>
Il suo sguardo e il suo sorriso vacuo si posarono su Kay e capii che la risposta sarebbe venuta da lui.
<<Abbiamo iniziato a sospettare di te solo quando sei migliorata nelle mie lezioni, allora capii che il famiglio si era manifestato e che per qualche ragione lo stavi nascondendo. Ho riferito tutto a Lorenzo che ha iniziato un indagine ravvicinata e più... intima.>>
Nulla traspariva dal suo corpo immobile, riverente e rigido eppure si ostinava a non guardarmi.
Senza che nessuno me lo chiedesse feci un'altra domanda.
<<Che ruolo hanno Lorenzo e Kay qui al castello?>>
Il sorriso vacuo cedette il posto alle parole.
<<Kay è una guardia, delle migliori. Lorenzo è mio nipote.>>
Annuii ma questa volta fui io a non guardarli.
<<Hai altre domande prima che inizi a spiegarti, giovane maga?>>
Annuii decisa e per un istante riuscii a guardarlo negli occhi.
<<Che cosa mi è successo alla festa?>>
<<Sei abbastanza intelligente da sapere che qualcosa è accaduto ma non abbastanza da capire che cosa.>>
Ridacchiò di gusto facendomi sentire ridicola e stupida ma mi importava solo di capire e celai la mia insicurezza meglio che potei.
<<Come hai fatto a fermare l'acqua nel bicchiere dalla caduta? Essendo una maga avresti potuto fermare il biccheire ma non l'acqua quindi io mi sarei chiesto: sono davvero solo una maga?>>
Rimasi in silenzio a ripetermi quella frase nella mente.
Sono davvero solo una maga?
Cos'altro potrei essere?
"Non cos'altro ma... chi?"
Guardai tutti incredula, la risposta era chiara a tutti, sembrava così possibile per loro che non avevano pensato ad altre possibilità.
<<Lasciateci soli.>>
La stanza si svuotò e sembrò che il metallo delle sedie raffreddasse l'ambiente e mi gelasse il sangue nelle vene.
<<Tu hai capito ma non lo vuoi ammettere.>>
Scossi la testa troppo scioccata e in cerca di altro da non poter rispondere.
<<Essere quello che sei tu è straordinario. La tua presenza per noi indica la salvezza dei myeki e di Myeki stessa.>>
Vedendo che non rispondevo parlò lui per me.
<<Devi sapere che ci sono nuovi nemici a Myeki e hanno intenzione di conquistarla.>>
Il suo volto preoccupato accese in me curiosità e agitazione.
<<Ci sono stati vari attacchi fantasma prima di capire che non erano solo incidenti ma vere e proprie dichiarazioni di guerra. Fin'ora sono state prese di mira Wuta e Duniya e non avremmo mai capito cosa stava accadendo se i nemici non si fossero presentati ufficialmente come tali.
E questo è accaduto prima dell'ultimo attacco, in cui hanno lasciato un messaggio molto chiaro.>>
Io lo guardavo rapita, prendevo dalle sue labbra mentre una strana consapevolezza si faceva spazio nella mia testa piena di informazioni.
Lo interruppí non volendo sapere altro. Volevo solo una conferma.
<<Le vittime di Duniya... non è stato un incidente vero?>>
Speravo mi dicesse il contrario di quello che sospettavo, pregai per le parole che volevo udire ma ciò che era stato non poteva essere cambiato.
<<Ho saputo di tua sorella. È per questo che devi combattere con noi. Tu sei la nostra arma segreta e loro vogliono te, è questo che ci hanno detto.>>
Le lacrime volevano uscire e allagare il mio cuore spezzato ma i miei occhi divennero di ghiaccio, non lasciarono cadere nessuna goccia salata.
<<Il tuo aiuto è essenziale ma non puoi combattere senza sapere come fare ed è per questo che partirai alla volta delle altre città per imparare a controllare i tuoi poteri.>>
Ormai non sorrideva più, la sua determinazione a vincere la guerra imminente si leggeva riflessa nei suoi occhi neri.
<<Che tu lo voglia o no.>>
<<Ebbene...>>
Trettenni il respiro prima di rispondere e chiamai un ultima volta Artù.
L'insicurezza tornava man mano che aspettavo il suo arrivo e proprio quando stavo per arrendermi lui arrivò.
"Io sarò sempre con te mia maga."
<<Io lo voglio.>>
Per la prima volta nella mia vita quel giorno provai cosa volesse dire la vendetta.
Avrei vendicato mia sorella e a tutti i costi avrei protetto la mia casa da tutti i nemici che avessero provato ad attacarla.
<<Adesso sei pronta ad ammetterlo?>>
Lo guardai cupa, gli occhi trasformati dalla rabbia.
Guizzi viola e pupille verticali furono testimoni delle mie parole. Era una promessa di guerra, mi dissi che avrei vinto.
<<Io sono una Myeki e combatterò per questo.>>

Myeki: I Segreti Della MagiaWhere stories live. Discover now