Capitolo 47

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«Come stai?» Mi chiede Thomas, mentre assaggio un morso del mio donut. Quasi non mi va per traverso. Tossicchio un po'.
«Domanda di riserva?» Non ho proprio voglia di affrontare l'argomento, quello che sto cercando di fare in queste settimane è scordarmi. Non che mi piaccia farlo, anzi, non è per niente facile... ma non posso starmene qui ad aspettare che lui venga da me. Probabilmente ha pensato che avrei rovinato tutto ciò che si è costruito da solo per nascondersi da una famiglia che non l'ha cercato. Forse credeva che la mia opinione di lui sarebbe cambiata in merito a ciò che so, ma allora non mi conosce abbastanza bene.
«Scusa, hai ragione...» Si accarezza la nuca, in imbarazzo.
«Non c'entri nulla.» Sospiro, scuotendo la testa.
«Comunque, presto arriverà il Natale, non ne sei felice?»
«Molto, a dire il vero. Ho proprio bisogno di riposo e di stare con la mia famiglia...»
Ultimamente mi sono chiusa un po' a riccio, in me stessa, per paura che mi facessero domande, e non posso nascondere che il mio atteggiamento è stato piuttosto schivo. Sinceramente non mi aspettavo di soffrirne in questo modo, ma non conosciamo noi stessi finché non ci ritroviamo a guardarci allo specchio per chiederci il motivo di emozioni che ci cambiano e ci permettono di conoscere una parte di noi che nemmeno sappiamo di avere. Quel calore al petto, le farfalle nello stomaco e i brividi che ci percorrono la spina dorsale. Un miscuglio di tanti fenomeni che ci mettono a confronto con le nostre vere fragilità.
«Hai programmi?» Gli domando, mordendo un altro po' della ciambella con la glassa al cioccolato.
«Credo che, come per il giorno del Ringraziamento, andremo ad Halifax.» Sospira rumorosamente, roteando gli occhi al cielo.
«Un po' freddino...» Ridacchio.
«Non me ne parlare. Odio quel posto, ma mia madre vuole andare lì per le feste più importanti perché c'è mia zia... almeno mi consolo con la sua prelibata cucina.»
«Parli come se non mangiassi da giorni e hai davanti una bella fetta di Brownie, non ti lamentare.»
«Mio padre non è un buon gustaio, mia madre nemmeno... perciò venero, come secondo dio, il microonde. Ti lascio all'immaginazione!» Sogghigna e lo seguo in una fragorosa risata che non mi facevo da un bel po'.
D'un tratto il silenzio cala tra noi, non appena una figura, che conosco fin troppo bene, fa capolinea di fronte al tavolino del nostro solito baretto.
Alzo lo sguardo incontrando quegli occhi che ormai li vedevo solo nei ricordi, i ciuffi corvini che sentivo morbidi sulle dita, ma che non toccavo da troppo, e quella sensazione di protezione che sento avvolgermi. Non mi sopporto all'idea che provi tutto ciò dopo quello che mi ha fatto, che ci ha fatto, per il tempo che ha lasciato scorresse tra due anime come le nostre. Gli chiedo il perché di tutto ciò, cosa possa averlo spinto ad una decisione simile, se abbia mai pensato di venirmi a cercare. Mi sei mancato terribilmente, ma il coraggio per dirtelo con ce l'ho. Ho un groppo in gola mentre ti guardo e rammento quegli istanti che mi hanno tenuta stretta al ricordo di te, dopo che ti sei allontanato. Ti guardo, mi guardo, e mi ripeto che sono una stupida solo a pensare di riaverti, tu ad essere qua per cercare di riprendermi.
«Hazel, dobbiamo parlare.»
Il mio nome sulle sue labbra mi fa un certo effetto, ancora. Appena ti ho rivisto, queste due settimane sono scemate e neanche la sento più quella logorante mancanza al centro del petto.
Scuoto la testa incapace di parlare, di schiudere le labbra. Fisso quelle iridi che sono state nient'altro che una rovina, quello smeraldo che mi ha perseguitato, il tuo profumo alla menta che m'immaginavo di sentirmelo addosso quando ti pensavo, quando ricordavo i tuoi abbracci. Distolgo lo sguardo, il fiato corto per tutto ciò che mi è mancato, per le notti passate a fissare quel cavolo di soffitto aggrappandomi alla speranza che ti saresti fatto vivo di nuovo. Non puoi presentarti qui, ora, come se niente fosse. Non hai il diritto di togliermi le parole di bocca, di incantarmi con quegli occhi che incatenerebbero chiunque. Come puoi solo avere il coraggio di venire di punto in bianco e pretendere di parlarmi? Non puoi, l'hai capito o no? Mi hai fatta soffrire, stronzo. Le ferite le sento, bruciano forte mentre mi spogli ancora e ancora con i tuoi occhi attenti.
«Non credo sia il momento...» Interviene Thom.
«Tu non c'entri un cazzo.» Sputa nella sua direzione, stringendo i denti. Lo vedo che sei arrabbiato, che ti costa stare in piedi, di fronte ad altre persone, chiedendomi di parlare quando sai che la mia intenzione è tutt'altra. Io però sono più arrabbiata di te, non riesco a starti vicino per un altro po' perché te ne sei andato via per troppo tempo, sei sparito per due settimane senza dirmi nulla, senza cercarmi o chiedermi come stessi. Non hai fatto niente, e pretendi, ora, che ti parli?
«Vattene.» Intervengo in modo duro e risoluto, senza guardarlo negli occhi.
Se scavassi in te, non riuscirei mai a mandarti via, lo sai benissimo. Se lasciassi che i miei occhi affondassero nei tuoi, sarebbe la fine perché t'implorerei di stringermi forte al tuo petto senza lasciarmi cadere. Va' via, prima che lo faccia io.
Lo sento trattenere un respiro, serra forte la mandibola, spettinandosi maldestramente i capelli. Resta ancora qui, di fianco a me, e non lo riesco a sopportare. Mi alzo facendo strisciare la sedia che attira più persone di quante non ascoltassero già da prima. Prendo la mia giacca ed esco, scappando da lui, dall'affetto che provo nei suoi confronti che non mi permette di essere dura e fredda come vorrei. Tenta di afferrarmi il polso, ma lo ritraggo. Accelero il passo con l'intento di allontanarmi il più possibile da un ragazzo che amo come non ho fatto con nessun altro prima di lui. Sei l'inizio di qualcosa che mi ha stravolto, facendo girare le lancette degli orologi in senso antiorario, facendomi camminare ad un metro da terra. A volte credo di esagerare, ma basta guardarmi, osservare quel sorriso spontaneo che nasce sul mio viso non appena penso a te, a quel tuo modo di fare, a quello sguardo curioso, pensieroso, profondo e dolce; a quelle mani e braccia disegnate che nascondono verità che non sei riuscito ad ammettere ad alta voce di fronte a te stesso; a quel tuo essere silenzioso per farmi capire che non sempre servono delle parole, non sempre ci sono delle ragioni dietro a quello che facciamo.

Entro in uno dei primi locali che ho trovato sulla strada che ho percorso con lo sguardo basso rivolto sui miei stessi piedi. Mi siedo sullo sgabello appiccicoso e usurato. Appoggio i gomiti sul bancone in legno sistemando la testa tra le mani come per nascondermi, vergognarmi di una stupida decisione presa in un momento che mi ha resa più fragile del dovuto. Penso di poter fuggire bevendo un po', ma so benissimo che è da idioti, che non si risolve un bel niente. Il fatto è che sento ancora il peso del suo sguardo bruciarmi sulla pelle, il contatto che è avvenuto tra noi dopo troppo tempo che non sfioravo la sua mano.
«Un bicchiere di vodka alla fragola.» Dico decisa, richiamando l'attenzione del barista. Poggia il canovaccio sporco sulla spalla, sfregando i palmi grassocci tra loro.
«Arriva.» Annuisce, dandomi le spalle per prendere la bottiglia. Abbasso lo sguardo, chiudendo gli occhi. Mi sento incapace di affrontare i problemi, ma Kyle non è una cosa da poco, è vero e puro caos per una come me. Forse ho sbagliato fin dall'inizio, ma cosa importa ora che mi crogiolo in me stessa, quando pensavo di essere più forte di prima. E' bastata la tua vicinanza, la tua presenza, i tuoi occhi e la tua voce, a sussurrare il mio nome, per farmi crollare. Sei contento?
Bevo il primo sorso, facendo una smorfia per quanto brucia mentre scende verso lo stomaco. Si infiamma nel petto, ma non come il suo sguardo che si è posato sul mio corpo, sul mio volto. Butto giù il liquido con l'intenzione di sentirmi leggera da un peso che sento troppo opprimente sullo sterno.

Esco barcollando quando l'effetto dell'alcol lo sento già scorrere nelle vene, quella strana sensazione che ti fa scordare il perché della tristezza, della rabbia covata. Mi appoggio al muro, sorreggendo un peso che sembra di troppo. La mano striscia contro la superficie ruvida del muro, mentre cerco di mettere un piede davanti all'altro senza cadere.
Sei contento, ora, Kyle? Non è questo che volevi? Non desideravi altro che me ne andassi e soffrissi, che fossi soltanto io a pagare le conseguenze delle tue stupide ed insensate azioni. Vai pure con ragazze bionde, con chi è di certo più bella di me. Ci vuol poco, no? Ora non ti sono d'intralcio, vivi la tua schifo di vita senza chi cerca il tuo affetto, ma lo rifiuti perché non sei in grado di affrontare qualcosa dal quale, due anni fa, sei fuggito.
Incespico nei miei stessi passi, la testa che gira vorticosamente non facendomi capire a che distanza si trova il marciapiede finché non ci cado sopra. Mi appoggio alla parete, ridendo come una matta. Non credevo di soffrire così tanto per uno come te.

Capitolo revisionato.

// spazio autrice //
Hei bellezze😍
Come state?
Alloooooooora
Tantissime di voi mi hanno chiesto di Kyle ed eccolo qui! Lo so che siete rimaste deluse, ma ancora non avete letto il prossimo capitolo!😏😏
Hazel, dopo aver bevuto, è molto arrabbiata con se stessa e con lui e dice cosa che comunque sono offuscate dall'alcol... giusto per ricordarvelo.
Cosa ne pensate del capitolo?
Vi dico solo che sarà solo ed esclusivamente su loro due e vi ricordo che Hazel è ubriaca!
Cosa succederà?!?!
Lo scoprirete presto! Perché cercherò di aggiornare il prima possibile, lo prometto😘
Intanto vi ringrazio per le 32.7k letture! Stiamo crescendo tanto e questo solo grazie a voi!😍 ( #27 in classifica! )
Ci vediamo al prossimo capitolo!!

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