Capitolo 40

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«Prendete pure posto sul divano, ragazze!» Scarlett si dirige verso la cucina, euforica «prendo i pop-corn!.»
Sorrido, apprezzando quanto sia rilassante stare a gambe incrociate, un cuscino sulla pancia e il pigiamo morbido ad accarezzare il corpo.
«Ecco qua.» Ci raggiunge con due belle ciotole strabordanti di schifezze. E' da un po' che non facevamo una sera così, tra ragazze. Ne è passato di tempo, forse troppo. Ricordo con malinconia le nottate passate con Chris a raccontarci storie inventate per evadere dalla nostra realtà, il sorriso che le nasceva in volto quando parlava di viaggi d'oltre mare, proprio come nei film. Voleva scappare da un passato, un destino che non aveva avuto molta pietà per la bambina che era e io mi perdevo in quello sguardo, quella voglia di aiutare chi è in difficoltà che mi ha sempre distinta dagli altri. Solo che mi aspettavo tutto fuorché essere colpita alle spalle, prima ancora che mi girassi. Perché mi hai fatto male, Chris, me l'hai fatto nell'esatto istante in cui non mi chiamavi più come prima durante la settimana, eri fredda ai messaggi e non mi cercavi più. L'ho capito dall'istante in cui ti sei tirata indietro, hai fatto un passo che sapevi non doveva esser compiuto, ma te ne sei fregata.
«Che bello avere un po' di tempo per noi! Non mi sembra vero! La scuola ti taglia via da un sacco di cose e le più banali, tipo questa,» indica tutte noi sedute in cerchio, «sembra surreale, non trovate?» Sospira, pettinandosi i lunghi capelli rossi. Annuiamo, discutendo sul fatto che ci sono talmente tanti compiti scolastici che si perde la cognizione del tempo.
«... Comunque ho delle novità!» Esordisce, battendo le mani per l'entusiasmo. Non scherzo quando enfatizzo sul fatto che mi ci devo mettere d'impegno per capire quello che dice. E' cosi energica che qualunque cosa dica, la pronuncia con una schiettezza un po' fuori dal normale. Oppure sono io che son fin troppo lenta.
«Possibile che io, invece, non abbia mai niente da dire?!» Ironizza Helen, riempiendosi la bocca di pop-corn tanto da sembrare uno scoiattolo.
Non è detto che se non parliamo, è perché non abbiamo niente da dire. Il più delle volte mi capita di riflettere sul fatto che, di cose, ne avrei fin troppe. Soltanto preferisco tenermele per me, parlare a me stessa, con la mia coscienza, perché non mi sento di condividere una parte delle mia vita con qualcuno. E non lo dico perché magari non mi trovi bene, anzi, forse non voglio sembrare noiosa o parlare di cose che riguardano esclusivamente me stessa, appesantendo chi mi sta ascoltando. Che poi, Wilde, diceva sempre che il suo argomento preferito è il nulla, di cui sapeva tutto.

«Dai, siamo curiose!» Esclamo, allungando una mano verso la ciotola, sul tavolino, che piano piano si svuota.
«Non è che voglia parlarvene subito, ma non riesco a restarmene zitta!» Scuote la testa come a rimproverarsi da sola.
«Ci stai tenendo sulle spine, sappilo» Helen le tira un pop-corn e Scarlett le grida di finirla quando ne vengono lanciati più di uno.
«Ve ne parlerei se la smettesse...» Scar cerca di rimanere seria, la risata che non riesco a trattenere facilmente. La diretta interessata le fa una linguaccia per poi incitarla a continuare.
«Okay, allora,» prende un respiro in modo alquanto teatrale, «Mikemipiace.» Dice tutto d'un fiato e  sia io che Helen facciamo una smorfia per poi chiederle cosa abbia appena detto.
«Mike... mi piace» Scandisce le parole lentamente, abbassando lo sguardo sui piedi, le guance che si arrossano.
«Lo sapevo! Lo sapevo che dovevo scommettere!» Alla battuta di Helen scoppiamo a ridere, smorzando l'imbarazzo nel quale si trova Scar.
«Come facevi ad esserne convinta se doveva ancora uscirci!» Esclamo, ridacchiando.
«Be', odio i film romantici, ma il classico colpo di fulmine esiste» Fa spallucce, con tono saccente.
«Guarda che non ho mai parlato di un colpo di fulmine...» Scarlett le tira un pop-corn, per vendicarsi di prima.
«Dai, avevi gli occhi a cuore la scorsa volta...» Sbuffa Helen, dimostrandosi schiva e annoiata davanti ad argomenti che riguardano i classici effetti dell'amore platonico, ma scommetto che sotto sotto si nasconde un'anima pienamente sentimentalista. Non so nemmeno perché ne sia così convinta, a dire la verità.

Per un po' parliamo di come è andata la loro uscita, il caffè che le ha offerto, e le lunghe chiacchierate che si sono fatti fino a riaccompagnarla a casa. Le è piaciuta la sua semplicità, ed è proprio così che ho inquadrato Mike durante quest'anno seppur ci abbia parlato si e no dieci volte.
Abbiamo anche visto i tre quarti di un film, lasciandoci indietro il finale, perché comunque eravamo troppo stanche per tener aperti gli occhi.
Elizabeth è tornata da poco e, tra sbadigli e dei "ciao" biascicati, l'abbiamo salutata e probabilmente ci ha anche rivolto uno dei suoi bei sorrisi, ma ero troppo occupata ad assumere una nuova posizione nel sacco a pelo.
Sarà passata un'ora o poco più, ma poco importa visto che mi sveglio, sentendo dei lievi rumori. Dormo come un sasso, di solito, ma un pianto sommesso, proprio vicino a me, non è riuscito a passare inosservato, svegliandomi. Ringrazio di aver sentito perché ritrovo Scarlett, rannicchiata su un fianco, mentre cerca di sopprimere dei singhiozzi, il corpo che ha qualche sussulto, il naso che continua a tirar su perché è sicuramente senza fazzoletti e non vuole alzarsi per fare ulteriori rumori. Non riesco a far finta di nulla, specialmente se si tratta di lei, specialmente se, poco fa, rideva e scherzava come se nulla fosse.
Helen la sento russare alla mia sinistra e decido di girarmi verso Scarlett che ancora mi da la schiena, inconsapevole che mi sia svegliata. Non posso riaddormentarmi, non ce la farei comunque.
«Scar...» Sussurro senza spaventarla, allungando una mano sulla sua spalla. Per un attimo i singhiozzi si fermano, ma inevitabilmente ricominciano. «... Cosa succede?» Le chiedo dolcemente.
«N-niente.» Cerca di mantenere il tono di voce lineare, ma viene percorso dal respiro irregolare tipico di chi sta piangendo. E non dev'essere una cosa da poco, perché so quanto male voglia dire piangere nel proprio silenzio. Lo immagino benissimo.
«Non... non sei obbligata a parlarmene ma... non posso lasciar correre, sapendo che stai piangendo, da sola.» Cerco le parole adatte, senza sembrare troppo invadente.
Si volta verso di me e, quel poco di mascara che a volte usa, le è colato sulle goti. Vedo qualche macchia nera, non di più visto che è buio pesto in questa stanza.
«Non qui.» Mi sussurra.

Resta come inchiostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora