Capitolo 21

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Non sono abituata ad essere sorpresa, soprattutto se si tratta di un semplice e banale messaggio. Rileggendo più di tre volte quelle parole sul display, riesco a convincermi che Kyle mi ha appena chiesto di vederci. In pochi secondi ripercorro ciò che è successo al parco, al suo sguardo magnetico e penetrante che mi ha assorbita al suo interno, senza che mi chiedesse alcun permesso. Con altrettanta versatilità è sparito dalla mia visuale, con il cappuccio nero sollevato sulla testa e la sigaretta -ridotta ad un mozzicone- ai miei piedi. E' accaduto in pochi attimi, ma intensi. Percepivo il suo respiro pesante,  il mio nervosismo, il suo essere a suo agio con un po' di fumo e il mio battito cardiaco esageratamente accelerato. Mi dimostravo calma, ma dentro si muoveva un uragano. Lui, invece, mi trasmetteva la sensazione opposta. Poteva perfino assomigliare ad un battito cauto e dolce d'ali di una farfalla... mentre io ero il vortice incessante e impetuoso causato dal suo effetto.

Scendo in salotto dove ritrovo mia mamma mentre stira qualche camicia di papà. Prendo un piccolo respiro e mi avvicino, le mani che si attorcigliano tra loro.
«Mamma, oggi pensavo di uscire con un mio amico.» Quasi sputo fuori le parole, probabilmente lo dico troppo velocemente, vista l'espressione confusa che attraversa, per qualche secondo, il volto di mia madre.
«Va bene, per me non c'è problema. Lo conosco?» Chiede dolcemente, intenta a ripiegare un capo di vestiario, impilandolo insieme ad altra roba.
«Non penso...» Lascio il discorso in sospeso, maledicendomi per aver aperto l'argomento. Potevo usare anche una scusa, ma non sono il tipo. Non mi piace mentire, facendo eccezione in casi particolari in cui probabilmente è meglio dire una bugia, piuttosto che la verità.
«Mi posso fidare? E' un bravo ragazzo?» Non è invadente, solamente capisco l'esigenza di sapere dove vada sua figlia, soprattutto con chi. Non mi dispiace che faccia domande, più che altro vorrei che -semplicemente- si fidasse più spesso.
«Mi trovo bene con lui» Ingoio un groppo di saliva, smossa da qualcosa che si rigira nella mia pancia. E' strano ammettere a voce cose di questo tipo, anche se non sono sicurissima che rispecchi il mio pensiero. Kyle mi attrae in un certo senso, sembra una calamita che è rivolta verso di me e io sono il polo opposto mancante. Ciò che mi lega a lui è una strana curiosità.
«Ritorna prima delle sette perché lo sai che vengono Scarlett ed Elisabeth.»

Finisco di prepararmi, infilando una felpa bordeaux sopra ai soliti jeans. Indosso la piccola tracolla in pelle e riverso sul davanti alcune ciocche dei capelli lasciati sciolti. Nel mentre che mi dirigo verso la porta d'uscita lancio uno sguardo veloce al mio profilo, per poi poggiare la mano sulla maniglia.
«Ritorno tra un po'!» Alzo il tono di voce affinché riecheggi al piano terra.
«Va bene!» Sento in risposta, un attimo prima di chiudermi la porta alle spalle.

Quando arrivo a destinazione, mi guardo attorno chiedendomi dove possa trovarsi. Si, sono ad una delle entrate di Central Park, ma è comunque difficile trovare qualcuno.
«Aspettavi da molto?» Un respiro caldo arriva alla mia destra e mi giro di scatto.
Me lo ritrovo al mio fianco con le mani nelle tasche della grande felpa, il cappuccio sul capo che evidenzia -in qualche strano modo- il colore verde dei suoi occhi.
«Sono appena arrivata» Parlo con un filo di voce, come se il suo arrivo mi avesse tolto il respiro di bocca. Devo inclinare un po' il collo per guardarlo, sprofondare in quello smeraldo che sembra non faccia altro che osservarmi.
Fa uno dei suoi sorrisetti sfacciati, qualcosa che ti ipnotizza anche se non è niente di assurdo. Quella semplicità con la quale fa curvare le labbra, l'anellino metallico che si muove impercettibilmente, quelle fossette che compaiono su questo viso dalle caratteristiche contrastanti. Le iridi gridano mistero, sregolatezza, le piccole cavità sulla pelle, agli angoli della bocca, che gli conferiscono invece dolcezza, tenerezza...

Mi guarda ancora, e ancora. Fa un primo passo e poi un secondo, finché non noto che si sta dirigendo verso un albero in un angolo del prato. Lo seguo, ridacchiando tra me e me per quanto sia strano in certi momenti.
Ci sediamo per terra, appoggiamo la schiena contro il tronco. Accavallo le gambe, rilassando poi le spalle. Lui strappa un filo d'erba con una delle sua mani tatuate e se lo posa tra le labbra rosee. Lo guardo divertita, sempre più incuriosita dai suoi comportamenti, dal suo essere.
«Sei nervosa?» Il tono leggermente divertito fa spazio tra di noi, si insinua nel petto. Mi soffermo per capire se, effettivamente, ha ragione. Il fatto è che lui lo sa benissimo, ma si ostina comunque a volerlo sapere da me, come se la cosa lo divertisse. So di star arrossendo e sono anche consapevole che mi sta osservando, pensando chissà cosa. E' diretto in tutto ciò che dice, ma riservato quando sono io a parlare di lui.
«P-perché dovrei?» Indugio un attimo, voltando poi lo sguardo nella sua direzione. Impercettibilmente sorride, muove tra le labbra il filo d'erba, per poi sospirare.
«Infatti non dovresti.» Fa spallucce, abbandonando il capo contro il tronco. Continuo ad osservarlo, la timidezza che piano piano scema con il passare del tempo. Effettivamente lui mi rende nervosa, ma credo sia più per il semplice fatto che è così diverso dal tipo di persone che frequento e mi chiedo cosa lui possa avere in comune con me, cosa lo spinga a vedermi. E' come se ci trovassimo su due sponde, uno all'opposto dell'altra, ma che tra noi si ergesse un ponte che faccia in modo che ci unisca. Non ho la più pallida idea di cosa ci passi per la testa ad entrambi, ma mi basta guardarlo per capire che voglio sapere tutto di lui, voglio sapere cosa l'abbia portato ad essere così riservato e schivo verso chi non conosce, così tenebroso quando l'argomento del discorso è proprio lui.
«Perché hai chiesto di vedermi?» Gli domando, quasi sussurrando. Vedo che ci riflette un po' su, inclina la testa come per guardarmi da un'altra prospettiva. Ridacchia, scuotendo il capo.
«Secondo te ci devono essere delle ragioni per tutto?» Il tono tagliente, una punta di acidità mista a divertimento. Mi scruta attentamente, profondamente, e mi chiedo cosa cerchi ancora, dove vuole arrivare dopo che ha scavato incessantemente tra i miei occhi. Porta le gambe al petto e appoggia i gomiti sulle ginocchia, rilasciando le braccia in avanti, abbandonando successivamente il filo d'erba. Cade lentamente, come una piuma; si adagia sul prato, confondendosi insieme agli altri ciuffetti verdi.

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