Capitolo 33

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[...] «E così ebbe fine quella passione», tagliò corto Elizabeth. «Non sarà stata l'unica a finire a quel modo. Mi chiedo chi sia stato il primo a scoprire l'efficacia dei versi come rimedio contro l'amore».
«Ho sempre creduto che la poesia fosse il nutrimento dell'amore» obbiettò Darcy.

Comincio a leggere le prime parti del libro, immergendomi totalmente in questa realtà che, in un certo senso, è così somigliante all'epoca contemporanea da far venire i brividi. Pensare che Jane Austen abbia scritto questo romanzo nel XIX secolo... è impressionante. E' proprio vero che l'amore non ha età, i sentimenti non muoiono e non nascono perché sono sempre esistiti. E' un discorso fin troppo sdolcinato, ma provare delle emozioni ti fa sentire in qualche modo vivo, fa esistere una parte fondamentale di te stesso e ti fa chiaramente capire cosa vuoi o no, realmente.
Chiudo il libro, gli occhi che fanno fatica a rimanere chiusi nonostante siano le nove e mezza di sera. Mi appoggio al cuscino, fissando il soffitto bianco che pare essere più interessante di quello che sembri. Comincio ad immaginare che ci siano le stelle, la sensazione del vento che mi smuove i capelli, il peso abbandonato sul legno di quel ponte. Due sere fa, eppure mi da l'idea che invece sia passata un'ora. La sua presenza al mio fianco che non mi faceva preoccupare, bensì lasciava che i miei pensieri viaggiassero per conto loro. Non ero ubriaca, ma follemente persa in noi per capirne le circostanze e preoccuparmi di tornarmene a casa. Quello che desidero di più lo avevo proprio lì a meno di un metro, la solitudine che ci serviva per lasciare alla nostre anime silenziose di parlarci. I tuoi occhi che vagavano su di me come se mi stessi toccando, accarezzando con le mani fredde che mi hanno stretta vicino a te. Le guance che non si erano dipinte di rosso per l'imbarazzo perché mi sentivo pienamente a mio agio. Le  parole che non ti sei risparmiato, quella voce che ha mormorato cose che nessuno mi aveva mai detto.

Poggio un dito sulla guancia e cerco di rifare il percorso che ha tracciato lui, in macchina. Il polpastrello ruvido che mi solleticava la pelle e il ciuffo sistemato dietro l'orecchio con un'attenzione e una cura che non avevo mai notato. Kyle non sembra proprio il tipo cauto, dolce e gentile, ma è solo una maschera -quella che indossa. Sto imparando a conoscerlo e, quei tatuaggi che all'inizio facevano da corazza, ora rappresentano la storia che si porta dietro, la prova concreta di aver vissuto intensamente, troppo per non farsi disegnare sul corpo un'opera d'arte.
Scuoto il capo, sorridendo. Allungo la mano per spegnere l'abat-jour, ma la porta si apre cigolando un po'. La testolina di Benny appare dallo stipite, la faccetta assonnata e le palpebre che si aprono e si chiudono ripetutamente. Con una manina si strofina gli occhi, per poi avvicinarsi, scalza, dal mio letto.
«Tesoro devi metterti sempre le calze, quando ti alzi...» Mormoro dolcemente, prendendole il mento. Le poso un bacio sulla fronte. «Dovresti già essere a letto e dormire.» Sussurro col tono leggermente da rimprovero.
«... Non riesco a dormire» Parla lentamente, per poi sbadigliare. Sorrido tra me e me perché si vede chiaramente che sta morendo di sonno, ma, essendo una bambina piena d'energia, appena capisce di  non dormire subito, cerca qualcuno che le tenga compagnia in quegli attimi.
«Vieni, andiamo in cameretta.» Mi alzo, prendendola in braccio per evitare che le si raffreddino i piedini a contatto col pavimento, nonostante ci sia un leggero strato di moquette.

La faccio adagiare nel suo letto e le rimbocco le coperte. Di solito sono i miei genitori a farla addormentare, ma mio padre è nella sua stanza a risolvere un problema col computer e mia madre finisce di lavare i piatti, in cucina.
«Mi... mi racconti una... favola?» Domanda, continuando a sbadigliare di tanto in tanto.
«D'accordo... allora, vediamo un po'» Comincio a inventarmi velocemente una trama, ma mi precede.
«Il plincipe azzurro!» Sorride. Mi scappa un risolino per le "r" che a volte non riesce a pronunciare per la fessura dei denti che mancano.
«Se parlo del principe azzurro, devo partire dalla fine e di solito si comincia dall'inizio, birbantella...» Le stringo piano una guanciotta tra le due dita.
«Mi piace il plincipe azzurro, Hazel!» Ridacchia un po', stringendo un lembo della coperta tra le manine.
«Va bene, allora posso-» Mi interrompe di nuovo, allungando un braccio nella mia direzione per fermarmi.
«Anche tu hai un plincipe azzurro come la Bella Addolmentata?» Mi chiede, con gli occhietti che luccicano e il nasino leggermente arricciato.
Rimango, per qualche istante, muta. Mi irrigidisco davanti ad un'infantile domanda che mi fa pensare. Raddrizzo le spalle e torno seria, cercando di non far trasparire il mio cambiamento. Inevitabilmente ripenso all'intimità che c'è stata tra noi in macchina, questa sera, alla sensazione di leggerezza che sentivo dentro, il sollievo di essere tra le sue braccia e di non dover pensare all'ipotesi di averlo lasciato andare via. Perché mi fa bene la sua vicinanza, faccio fatica a farne a meno e mi spaventa come cosa, visto che non ho mai provato cose simili nei confronti di una persona. Ragiono sul fatto che sia oggi che due giorni fa, al parco, mi sentivo persa, smarrita. Una persona che vaga alla ricerca di qualcosa che le dia un motivo per sorridere, il bisogno di non sentirsi sola, circondata da gente che non fa altro che farti sgambetti, mascherare un lato che non pensi abbiano. Indugio, prima di rispondere, le labbra schiuse attraverso le quali passa soltanto un lieve respiro.
«Non lo so...» Mi limito a rispondere, per evitare di dire che i principi azzurri sono solo nelle favole. Non esistono persone in grado di salvarti da te stessa, in grado di esserci nel momento del bisogno, di renderti felice come se fosse il suo unico scopo. Ma forse è giusto così, dobbiamo imparare a salvarci da soli, consolarci come meglio riusciamo e gioire delle piccole cose.
«Voglio sognale un plincipe azzurro e un castello enolme» Mima con le braccine un'ipotetica grandezza della reggia. Sorrido in modo malinconico, rimpiangendo l'infanzia, i sogni irrealizzabili quanto fantastici. Riguardo a ciò, ricordo una frase letta in quel libricino comprato tempo fa, sugli aforismi.

"Fai della tua Vita un Sogno e di un sogno una Realtà"
Antoine Saint-Exupéry

«Se lo vuoi, allora fallo. Chiudi gli occhi e comincia a pensare ad un castello enorme, pieno di diamanti luccicanti...» Mi alzo cautamente dal lettino su cui ero seduta, su un fianco. «... Un bellissimo principe su un cavallo bianco che ti aspetta proprio all'ingresso.» Le scosto un ciuffo dalla fronte e mi dirigo verso la porta senza far rumore.
«Il tuo è un vestito rosa, pieno di pietre preziose...» Mi appoggio allo stipite e la guardo mentre si addormenta, il respiro regolare. Il viso angelico e un qualcosa che assomiglia ad una specie di sorriso all'angolo delle labbra rosee.
Sospiro, chiudendo silenziosamente la porta, non prima di sussurrarle la buonanotte.

Ritorno in camera mia, sedendomi sul letto. Vago con lo sguardo su ciò che mi sta attorno e ripenso a quanto si discosti la realtà da quelle stupide favole che ci siamo fatti raccontare da piccoli. I principi azzurri, gli eroi... non esistono. Ci sono però persone che, inconsapevolmente, ti aiutano.
Non hanno bisogno di fare grandi gesti, portarti ad un ristorante, condurti sulla cima del palazzo più alto del mondo, o altre esperienze che varcano la soglia della solita tranquilla quotidianità. Perché basta un gesto, una parola, una carezza e un sorriso per farti sentire bene. Specialmente se lo ricevi da quell'unica persona da cui non te lo aspetteresti mai.
Non so che cosa tu mi stia facendo, Kyle, ma mi fa bene. Mi fa sentire viva, felice. Non sto esagerando, proprio per niente. Quello sguardo che ogni tanto mi rivolgi sostituisce cento parole, colmandole tutte, una ad una. Le tue iridi che sembrano volermi toccare con la consapevolezza che mi faccia piacere: ed è effettivamente così. Ripeto, non so perché tu abbia questo effetto su di me, quando sia cominciato tutto ciò. So solamente che mi sento fragile distante da te. Sei completamente diverso da me, ma forse la cosa che ci accomuna è che ad entrambi bastano davvero poche parole per dire qualcosa. A me per la timidezza, a te... non so, probabilmente sei fatto così. Ma è proprio il tuo 'essere fatto così' che mi fa impazzire. Letteralmente.

Capitolo revisionato.
 

// spazio autrice //
Hei😍
Vi piace Benny?
Ho scritto questo capitolo cosi avete un quadro un po' più ampio sul personaggio di Benny, la sorellina.
SPERO DI NON AVERVI ANNOIATI!
NEL PROSSIMO CAPITOLO incontreremo di nuovo un personaggio che non amate tanto ahahah😂
Vi lascio al prossimo aggiornamento!💞

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