Capitolo 9

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Osservo i lineamenti del viso, gli zigomi alti e il suo sguardo che sembra bruciare sulla mia pelle. Abbasso gli occhi, ricomponendomi, continuando per la mia strada. Chiudo la porta alle mie spalle, volgendo lo sguardo al soffitto facendo un profondo respiro.
So di aver appena parlato con una Scarlett inconsapevole del significato delle parole che hanno lasciato la sua bocca. Non sono arrabbiata con lei, mi sono sentita sola in quel momento ed è quello che temo. Per questo non voglio perderla per orgoglio. In realtà piango un po' per tutto, per il fatto che questa serata non sia andata come speravo, per non poter contattare mia mamma per avvisarla e anche a causa di Chris. Alla fine lei continua a perseguitare i miei pensieri.
Le lacrime scendono lungo il viso, percependo il salato arrivare sulle mie labbra e la scia che lasciano nello scendere.
Mi viene in mente una frase sempre trovata sul mio libro. Quel semplicissimo libretto che nasconde tanto.

"Il sapone è per il corpo quello che le lacrime sono per l'anima"
Proverbio yiddish

Possiamo pensare che le lacrime siano solo tristezza, ma non è così.
È semplice acqua salata che ha un perché. Le lacrime servono per sfogarci, per chiarirci le idee, per poi magari sorridere. Non è detto che siano di dolore, anche di felicità.
I miei pensieri si interrompono a causa di un rumore che proviene al di fuori della stanza: qualcuno sta bussando. Evidentemente hanno bisogno del bagno e mi affretto ad asciugare il volto bagnato. Giro la maniglia, mantenendo il capo chino, con lo sguardo a terra per evitare che la persona mi veda mentre entra. Ho sopportato fin troppo.
Faccio il primo passo, ma una grande mano afferra il mio gomito, facendomi di conseguenza voltare. Vengo attirata da occhi che continuano come a perseguitarmi, occhi che mi hanno incantata per lo splendido colore e per la loro profondità nonostante si tratti di un verde splendente con qualche sfumatura tendente all'azzurro, contrapposto da qualcun'altra verde scuro. La musica esplode d'un tratto ad alto volume e mi riscuote da uno stato di trance nel quale entrambi ci siamo osservati come cercando di scavare nel profondo di ciascuno. E' una sensazione stranissima, che ti toglie il respiro.
«Dovrei... dovrei andare» indugio prima di mollarmi dalla sua presa. Percorre gli occhi curiosi lungo tutto il mio corpo, squadrandomi come se solo ora mi vedesse per davvero.
Faccio il primo passo, ma sembra non voglia terminare la conversazione, visto che mi prende il braccio con una delle sue mani tatuate. Fisso il piercing al labbro che si muove mentre parla.
«Seguimi» sussurra, scoccandomi un'ultima occhiata.
«P-perché?» il suo sguardo che trafigge mi rende nervosa e di conseguenza balbetto, sentendomi insicura, pure nel parlare.
«Tranquilla, non sono un serial killer» ghigna, come se la cosa fosse divertente.
Arrossisco, sentendomi in imbarazzo.
Si morde l'anellino al labbro inferiore per poi incitarmi, con un gesto della mano, a seguirlo.
Ci ritroviamo in una stanza, al buio dato che non ha acceso la luce. Nella penombra intravedo un letto e ci sediamo sul bordo. Comincio come ad avere caldo, il respiro che accelera così come il battito cardiaco. Imbarazzata sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Perché prima piangevi?» mi chiede dopo attimi. Sento il suo respiro caldo sul collo, la sua pelle del braccio che scontra la mia.
«Non era... non era niente» devio l'argomento, non essendo intenzionata a parlarne.
«Guarda che puoi dirlo eh, sfogarsi con qualcuno è meglio.»
Ora sto notando un nuovo lato di lui: premuroso, attento... forse troppo nei confronti di una sconosciuta come me. Non l'avrei mai detto, pensando a come mi ha parlato la prima volta.
«Non mi sento, scusa.»
Non so neanche io perché mi preoccupo di scusarmi, dal momento che non mi conosce neanche e non è tenuto a sapere, ma il mio cuore sembra ragionare ed agire prima che il mio cervello rifletta.
Percepisco il peso spostarsi maggiormente verso di me e vedo la sua ombra proprio di fronte.
Sento la sua mano calda che percorre il tragitto lasciato dalle mie lacrime. Il tocco delicato, bizzarro dato che i tatuaggi danno tutt'altra aria.
Inevitabilmente sorrido, abbandonandomi a questa carezza. Le mie guance si scaldano.
«Stai arrossendo» esordisce, con tono sussurrato, come se nessun altro ci potesse sentire.
«N-no» annaspo.
«Come ti chiami?» mi chiede diretto.
La stessa domanda che mi aveva posto una settimana fa a cui avevo deciso di non dar alcuna risposta per pura soddisfazione personale di non dargliela vinta, ma ora come ora, in questa circostanza, non riesco a resistere all'impulso di rivelarglielo, quasi fosse un segreto tanto bramato, una parola proibita ardentemente desiderata dal ragazzo che mi sta di fronte.
Ottengo sempre tutto, sappilo.
Le sue parole vorticano nella mia testa, senza cessare. Questa volta ha vinto.
«Hazel» le mie labbra si schiudono appena, lasciando che la parola arrivi come un sussurro che ti inebria l'udito, come se fosse un suono, una nota musicale ancora sconosciuta.
«Mi piace come nome» il tono basso e piuttosto rauco, mentre prende uno dei miei ciuffi che cadono liberamente, tra le sue dita, giocherellandoci.
«Te, invece?» la voce bassa. Sono curiosa di scoprirlo.
«Preferisco rimanere anonimo, del resto, lo sono sempre stato...» il tono amaro e pieno di significato. Parole che sembrano racchiudere molto di più, parole che apparentemente sembrano la chiave per svelare un segreto.
Rimango un attimo colpita dal suo repentino sbalzo d'umore. Ora è freddo, distaccato. Si alza, girovagando per la stanza, finché non si posiziona vicino alla finestra, dandomi le spalle. Sembra assorto in mille pensieri e l'ultima sua frase pare esserne la causa, il motivo di tanto cambiamento.
Non voglio disturbarlo con la mia presenza, dato che sembra trapelare tutt'altro che socievolezza. Mi alzo e sto per premere la mano sulla maniglia quando sento un'esclamazione seguita da un tonfo.
«Dannazione!» quasi ruggisce, tira un pugno contro la parete scuotendo la testa per poi spettinarsi i capelli neri come la cenere. Torno sui miei passi, anche se so che non servirà a nulla, oppure, complicherà solo le cose.
Gli tocco la spalla e noto un sussulto da parte sua come se non si fosse accorto della mia presenza dietro di lui.
La mia mano trema e la ritraggo.
«Hai... hai bisogno di qualcosa?» la mia voce titubante.
«No» risponde secco. Vuole essere lasciato solo, lo immaginavo.
Sconfitta mi allontano. Nel mentre che apro la porta, sento altri colpi e serro le palpebre convincendomi che non posso fare niente e lui non vorrebbe comunque il mio aiuto.

Mentre scendo gli scalini, per quella che sarà un'infinità di volte, capisco di essermi ripresa, di essermi tranquillizzata. E in parte è merito della sua delicatezza e del suo interesse nel farmi ritrovare me stessa e affrontare quello che ora mi aspetta.
Non la vedo nella cerchia di amici di poco fa, perciò esco, ritrovandola attaccata al muretto, sola, mentre singhiozza, con i capelli che le nascondono il viso pallido. Deve essersi liberata della sbornia.
Corro ad abbracciarla e appena mi riconosce stringe di più la presa.
«Scusa» mi sussurra all'orecchio tra i singhiozzi.
La tengo forte a me, come se da un momento all'altro dovesse scappare.

Capitolo revisionato.

// spazio autrice //
Salve ragazzi!😍
Allora....amo questo capitolo😂
Come vi sembra il ragazzo che fa tanto il misterioso?❤️
Volevo dirvi che ci sarà ancora un'ultima parte sul tema della festa.
Lo so...è un po' lunga la cosa, ma nel prossimo capitolo si concluderà tutto!
Spero vi sia piaciuto leggere questa parte, io mi sono divertita troppo a scriverla!😍
Spero di essere stata chiara👍🏻💞
Un bacione a tutti!😘
Al prossimo capitolo!💞

P.s grazie per le +1k visualizzazioni 😍😍😍 VI ADORO

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