Capitolo 45

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KYLE

Colpisco ripetutamente il sacco da boxe fissando il rivestimento in pelle nera che si deforma davanti ai miei pugni. Le nocche fanno male, le mani intorpidite e gocce di sangue che sento scivolare, calde, sul palmo. Ringhio prendendomela con questa merda di sacco come se dovesse aiutarmi a non pensare, ma quello sguardo mi perseguita da diversi giorni. Li rivedo sempre quegli occhi delusi, persi a chiedermi il perché di quel gesto. Lo rivedo il suo corpo che mi passa accanto senza degnarmi di una minima attenzione e i capelli castani che si muovono ad ogni suo passo prima di sparire oltre la porta. La sento ancora quella sensazione d'impotenza scorrermi nelle vene, quella rabbia che avrebbe distrutto tutto pur di tornare indietro nel tempo solo di qualche ora. Ma dovevo farlo, non potevo continuare a restare accanto ad una ragazza che frequenta quell'unica persona dalla quale mi nascondo, non posso sopportare che mi stia accanto sapendo le cose che sa. L'ho visto nei suoi occhi, in quel sussurro che mi ha sbattuto con violenza sulla faccia, risvegliandomi da una trance che mi ha permesso di avvicinarla più del dovuto.
I muscoli si tendono per il gancio destro che tiro, la mandibola che si serra per il male alla mano, per niente paragonabile al caos che ho dentro, a tutto ciò che ho cercato di ricostruire e che è stato abbattuto dal soffio di una ragazza che non deve stare con uno come me, con dei fantasmi come i miei che tento, invano, di tener nascosti.
Hai spazzato via quella paura che sentivo nei confronti di chi non mi conosce e pretende di farlo. Ti sei fatta avanti senza timore, piano piano, con la tua delicatezza, con la tua dolcezza, col tuo rossore alle guance e la pelle morbida delle tue mani. Ti sei fatta strada dentro di me senz'alcuna bussola. Hai fatto tutto da sola e nemmeno me ne sono accorto. Lo capisco ora, ora che non ci sei. Me ne rendo conto nell'esatto istante che sento la tua odiosa assenza. Ti odio per aver così potere su di me, tu che ti sei sempre nascosta dietro un sorriso timido. Me l'hai mostrata la tua forza mentre mi baciavi in silenzio, mentre mi stringevi a te per paura che ti lasciassi cadere. Me l'hai dimostrato il tuo affetto ma, come ben sai, l'amore non l'ho mai ricevuto da nessuno. Non ti meriti uno come me e non voglio frequentarti sapendo che sei a conoscenza dei miei scheletri. Farmi vedere con un'altra donna che non sei te, m'è costato, sai? Lo riesci solo a immaginare? Suppongo di no, perché in questi anni ho imparato a recitare meglio di chiunque altro e sforzarmi di sorridere davanti ad un'altra non è stato impossibile. Per niente facile.

Grido col fiato che mi rimane, il cuore in gola mentre sferro l'ultimo pugno.
«Hai finito o intendi continuare per tutto il giorno?» La voce saccente di Jennifer si fa largo in una mente offuscata da una rabbia che si è scatenata verso il bastardo che sono. Non sopporto di farla soffrire, ma mi sarebbe costato di più chiederle di dimenticarmi ritornando ad essere due sconosciuti. Il destino ha giocato fin troppo con noi, bisognava metterlo a tacere una volta per tutte.
Sbuffo tirandomi le punte dei capelli, frustrato dalla sua presenza. Ci manchi tu.
Mi volto dandole le spalle, cercando di farle capire che non è il momento. Devo cambiare il posto d'emergenza delle chiavi, sotto il tappeto non va più bene.
Ricomincio quello che stavo facendo, ma mi sento prendere per un orecchio.
«Cosa fai?!» Alzo il tono di voce, prima che mi sbatta sul divano. Atterro bruscamente e la guardo in cagnesco chiedendomi per quale motivo si trovi in casa mia e debba rispondere io ai suoi ordini. Mi massaggio il lobo per quanto me l'ha stretto.
«Fidati che il male che senti non è paragonabile a ciò che hai fatto ad Hazel.» Mi sputa contro, restando in piedi con le mani sui fianchi a guardarmi come se fossi un bambino da mettere in castigo.
Sentire il suo nome dopo tempo e non nei miei pensieri, mi fa rabbrividire. Quelle cinque lettere mi toccano, mi rendono più vulnerabile di quanto pensassi.
«Cosa vuoi da me?» Sospiro, abbandonandomi allo schienale del divanetto.
«Hai davvero il coraggio di lasciar perdere e fingere che tutto ciò non sia mai accaduto?» Mi punta il dito contro, assottigliando gli occhi, riducendoli a due fessure.
Resto in silenzio a guardarla.
«Sono due settimane... esattamente quattordici giorni»
«So contare.» Rispondo in modo acido, abbassando lo sguardo.
«Direi proprio di no perché non ti rendi conto di tutto il tempo che è passato, dei pomeriggi che hai continuato a trascorrere qui, in questo stupido appartamento.» Mi colpisce il petto e non riesco a reagire, anche perché ha ragione, non posso affermare il contrario.
«Sei un'egoista che pensa soltanto a se stesso... Quella ragazza? Secondo te come sta? Non sei più andato a trovarla, non le hai detto una parola, sei scomparso completamente.» E' un veleno, il suo, che mi penetra sotto pelle, mi brucia, mi corrode lentamente. Le parole che mi sputa addosso sono vere, crude, maledettamente reali.
«Non sono adatto a lei.» Scuoto la testa, senza guardarla negli occhi.
«Chi è adatto a lei, allora? Questa è la scusa più banale che abbia mai sentito.»
«Jen, basta.»
«Ti ho visto come la guardi, continua a mentire a te stesso.» Mi da un colpetto sulla spalla e la capisco. Anche io sono arrabbiato con il mio me.
«Jennifer» La richiamo, quando sento i suoi passi dirigersi verso la porta.
«Jennifer un cazzo, Kyle. Va' da lei.»
La guardo e riconosco quello sguardo. La pena che le si legge negli occhi mentre guarda un ragazzo più distrutto di quello che crede. Un ragazzo che è fuggito perché non era più capace ad affrontare certi ostacoli, un ragazzo cresciuto troppo presto che, di suo, non ha proprio niente.
«Ti conosco da diverso tempo, ormai. Reagisci perché non ti voglio vedere così. Ci tengo ad Hazel e pretendo che tu non la faccia soffrire più di quanto già non hai fatto. Sei ridicolo perché cerchi di ignorare l'evidenza... il modo in cui è persa in te. Non sono l'unica a vedere queste cose, sai?» Inclina il capo. Stringe la coda bionda di cavallo attorno all'elastico, per poi prendere il suo zainetto. Afferra la maniglia, ma si arresta sul posto, prima di varcare la soglia.
«Un'ultima cosa...» Alza il capo nella mia direzione, puntando i suoi occhi nei miei. Prende un respiro. «... Scappare è ciò che ti riesce meglio.»

Resto immobile mentre sbatte la porta alle sue spalle. La guardo andare via proprio come ho fatto con Hazel, incapace di dire o fare altro. 
Scappare è ciò che ti riesce meglio, sa benissimo cosa intende e lo so pure io. Ha saputo piegarmi, farmi cadere in ginocchio pronunciando parole che racchiudono la mia tormentata esistenza. Non l'ha detto tanto per dire, è più furba di una volpe e sa benissimo cosa dire in casi come questi.
Stringo i denti, preparandomi a colpire di nuovo il sacco immaginandomi di esserci io, al suo posto. Cerco di gridarmi contro che questo è stato l'errore peggiore che abbia mai commesso. Non sarò mai capace di dimenticarti, Hazel.

Capitolo revisionato.

// spazio autrice //
Ehi😘
Sorpresina!
Lo so che non ve lo aspettavate il Pov di Kyle ahahaha.
Mi avete chiesto in tante di aggiornare e ho fatto il prima possibile! In un giorno solo! Ok, ho fatto il record ahahah
Cosa ne pensate?
Cosa succederà ora?!
Ci sono tanti misteri ancora che presto verrano a galla!
Lo so che non vi aspettavate questo aggiornamento ahahah
Intanto ne approfitto per ringraziarvi delle 20.8k letture.... non so come ringraziarvi, questa storia sta crescendo sempre più!😍😘
Al prossimo capitolo!

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