63. NARCISSA IN PERICOLO

133 10 2
                                    

«No... non ho bisogno di andare in infermeria... non voglio...»

Farfugliava, divincolandosi dal professor Tofty che lo fissava preoccupato mentre lo accompagnava nella Sala d'Ingresso fra gli sguardi sbigottiti degli altri studenti.

«Sto... sto bene, signore» balbettò Harry, asciugandosi il viso sudato.

«Davvero... mi sono addormentato... un incubo...»

«La tensione degli esami!» annuì comprensivo il vecchio mago, battendogli una mano tremante sulla spalla. «Capita, ragazzo mio, capita! Corri a bere un bicchiere d'acqua fresca, e forse dopo te la sentirai di rientrare, eh?

L'esame è quasi finito, ma forse potrai dare un ultimo tocco alle tue risposte, vero?»

«Sì» rispose Harry, frenetico. «Voglio dire... no... ho fatto... quello che potevo, credo...»

«Molto bene» disse gentilmente il vecchio mago. «Adesso vado a ritirare i tuoi fogli; ti suggerisco di andare a fare un bel riposino».

«Sì, grazie». Harry annuì con vigore. «Grazie mille».

Non appena il vecchio ebbe varcato la soglia della Sala Grande, Harry scese di corsa la scala di pietra che portava ai sotterranei. Sfrecciò nel corridoio così in fretta che i ritratti gli borbottarono rimproveri. Fece irruzione nello studio di Piton con la violenza di un uragano.

«Professore devo dir...» si bloccò di colpo guardando l'ufficio deserto. «Maledizione!»

L'improvviso squillo della campanella fu seguito dal rombo lontano degli studenti che si riversavano nei corridoi sopra di lui. Rimase immobile, fissando la cattedra di Piton. Si sentì invadere dal terrore.

Doveva correre da Silente, uscì dall'ufficio e salì le scale di marmo con il fiato corto. Venne sballottato dalla folla di studenti mentre il panico lo invadeva come un gas velenoso e la sua testa sembrava galleggiare, incapace di pensare al da farsi...

Non doveva lasciarsi trasportare. Cercò di riprendere fiato. Riprese a correre, scostando bruscamente chiunque gli bloccasse la strada, senza badare alle proteste.

«Harry!» esclamò subito Hermione, con aria spaventata. «Che cosa è successo? Stai bene? Stai male?»

«Ehi Potter!» lo chiamò Draco con dietro Theo, Pansy, Blaise, Tiger e Goyle.

«Venite» disse in fretta Harry. «Devo dirvi una cosa».

Li precedette nel corridoio del primo piano, affacciandosi in tutte le aule finché ne trovò una vuota; vi si tuffò dentro, non appena furono entrati chiuse la porta alle loro spalle e vi appoggiò contro la schiena.

«Voldemort ha preso tua madre». Disse fissando Draco

«Che cosa?» esclamò il biondo inorridito «Come fai a...?»

«L'ho visto. Poco fa. Quando mi sono addormentato durante l'esame».

«Ma... ma dove? Come? Perché?» domandò Hermione, pallidissima.

«Non lo so. Però so esattamente dove si trova. Nell'Ufficio Misteri c'è una stanza piena di scaffali carichi di sfere di vetro, e loro sono alla fine della fila novantasette... sta cercando di costringere tua madre a prendere qualcosa là dentro... la sta torturando... ha detto che alla fine la ucciderà!»

Scoprì che la voce gli tremava quanto le ginocchia. Si avvicinò a un banco e si sedette, tentando di controllarsi.

«Non è possibile, mio padre non lo permetterebbe mai.» sussurrò Draco con lo sguardo fisso in un punto oltre la spalla di Harry.

Se fossi stato un SERPEVERDEWhere stories live. Discover now