L'ATTACCO DEI DISSENNATORI

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Harry infilò le mani nelle larghe tasche dei jeans ormai troppo corti e rattoppati, la maglietta grigia gli si attaccò alla schiena con un'afosa folata di vento. Quello doveva essere il giorno più caldo da quando era tornato a Privet Drive.
Erano giorni che cercava di ascoltare notizie al telegiornale, qualsiasi cosa che potesse far pensare a eventi strani o attacchi sospetti che potessero essere ricollegati a Voldemort, ma non trovò nulla. Solo zio Vernon e zia petunia che lo cacciavano dal salotto spazientiti all'idea che si interessasse alle notizie.
"Guardare il telegiornale..." aveva detto lo zio sprezzante. "Vorrei sapere che cos'ha davvero in testa. Come se a un ragazzo normale potesse importare di quello che dicono al telegiornale... Dudley non ha idea di quello che succede; credo che non sappia nemmeno chi è il Primo Ministro! Comunque, non ci può essere qualcosa che riguarda i suoi simili nel nostro telegiornale..."
L'indomani mattina avrebbe messo la sveglia alle cinque, in modo da poter pagare il gufo che consegnava La Gazzetta del Profeta: ma aveva senso continuare a comprarla? Harry dava appena un'occhiata alla prima pagina e poi la gettava via; quando quegli idioti del giornale avessero finalmente capito che Voldemort era tornato, sarebbe stata una notizia da titoloni, ed
era l'unico genere di notizie che gli interessava. Se avesse avuto fortuna, ci sarebbero stati anche i gufi dei suoi migliori
amici, anche se la speranza che le loro lettere gli portassero notizie si era infranta da tempo.

Non posso dire molto di Tu-Sai-Cosa, ma mio padre sta uscendo più del solito, credo vada ad alcuni incontri. Si è raccomandato di non scrivere niente d'importante nel caso che le lettere vengano fermate. Draco è messo peggio, mi ha detto che non gli permettono di inviarti posta. Se riesco la prossima settimana lo faccio venire da me e ti giro una sua lettera.
Ti tengo aggiornato.

Theo.

Anche Hermione gli aveva mandato poche righe, ma lo avevano lasciato più confuso che mai.

Stanno succedendo un sacco di cose, ti dirò tutto quando ci vedremo... non posso spiegarti i dettagli...

Ma quando si sarebbero visti? Nessuno pareva preoccuparsi di indicare una data precisa. Hermione aveva scribacchiato Spero che ci vedremo presto in fondo al suo biglietto di auguri di compleanno, ma quanto presto era presto? Per quello che poteva dedurre Harry dalle vaghe allusioni nelle lettere, Hermione non si trovava a casa con i genitori, sapeva più cose di lui certamente.
L'ingiustizia di tutto questo gli fece montare una rabbia quasi da urlare.
Se non fosse stato per lui, nessuno avrebbe nemmeno saputo che Voldemort era tornato! E la sua ricompensa era restare prigioniero a Little Whinging per ben quattro settimane, completamente isolato dal mondo magico. Com'era possibile che Silente l'avesse dimenticato così facilmente? Perché i Malfoy vietavano a Draco di scrivergli? Lucius era forse in pericolo perché in tutti quegli anni aveva accolto in casa Harry? Anche Piton era sotto sorveglianza? Il pozionista non gli aveva mai scritto eppure una parte di lui irrazionalmente aveva sperato che gli facesse sapere qualcosa. L'unico che gli scriveva assiduamente era Sirius, ripeteva allo stremo di star calmo e fare il bravo, o resistere alla tentazione di scrivere a quella stupida Gazzetta del Profeta per far notare che Voldemort era tornato?
Non sapeva quanto fosse rimasto seduto sull'altalena del piccolo parco prima che un rumore di voci interrompesse i suoi pensieri. Alzò lo sguardo. I lampioni delle strade attorno gettavano un bagliore nebuloso abbastanza intenso da delineare un gruppo di persone che avanzavano nel parco. Uno cantava a gran voce una canzone volga re. Gli altri ridevano. Un dolce ticchettio si alzava dalle costose bici da corsa che spingevano.
Harry sapeva chi erano. La sagoma in testa era senz ombra di dubbio quella di suo cugino, Dudley Dursley, che si avviava verso casa accompagnato dalla sua fedele banda.
Harry osservò le sagome scure solcare l'erba e si chiese chi avevano picchiato quella sera. Guardatevi attorno, si scoprì a pensare mentre li studiava. Andiamo... guardatevi attorno... sono qui tutto solo... dai, fatevi avanti...
Se gli amici di Dudley l'avessero vi sto lì seduto, certo si sarebbero precipitati su di lui, e allora come si sarebbe comportato Dudley? Non avrebbe voluto perdere la faccia davanti alla banda, ma sarebbe stato terrorizzato all'idea di provocare Harry... sarebbe stato proprio divertente assistere al dilemma di Dudley, schernirlo, osservarlo, incapace di reagire... e se uno degli altri avesse tentato di colpire Harry, lui era pronto. Aveva la sua bacchetta. Dovevano solo provarci... avrebbe adorato sfogare un po' della sua
frustrazione sui ragazzi che un tempo avevano reso la sua vita un inferno.
Ma non si voltarono, non lo videro, erano quasi al cancello. Harry dominò l'impulso di chiamarli... cercare lo scontro non era una mossa astuta... non doveva usare la magia... avrebbe rischiato di nuovo l'espulsione.
Le voci della banda di Dudley si spensero; i ragazzi erano fuori dalla sua vista e puntavano verso Magnolia Road.
Ecco fatto, Sirius, pensò Harry debolmente. Niente d'impulsivo. Sono stato alla larga dai guai. Proprio il contrario di quello che avresti fatto tu.
Si alzò e si stiracchiò. Zia Petunia e zio Vernon sembravano convinti che quando Dudley si faceva vivo era l'ora giusta per rientrare a casa, e qualunque orario successivo era troppo tardi. Zio Vernon aveva minacciato di rinchiudere Harry nel capanno se fosse tornato a casa dopo Dudley, e così, soffocando uno sbadiglio, e ancora rabbuiato, Harry puntò verso il cancello del parco.
Camminava in fretta, tanto che a metà di Magnolia Road la banda di Dudley fu di nuovo in vista; si stava no congedando all'imbocco di Magnolia Crescent. Harry entrò nell'ombra di un grande albero di lillà e attese.
"...strillava come un maiale, vero?" stava dicendo Malcolm, tra le risate chiocce degli altri.
"Bel gancio destro, Big D" disse Piers.
"Domani alla stessa ora?" chiese Dudley.
"Da me, i miei sono fuori" rispose Gordon.
"Ci vediamo là" disse Dudley.
"Ciao, Dud!"
"Ci si vede, Big D!"
Harry attese che il resto della banda si allontanasse prima di muoversi.
Quando le loro voci si furono spente di nuovo, girò l'angolo e si ritrovò ben presto a tiro di voce da Dudley, che passeggiava tranquillo, canticchiando un motivo stonato.
"Ehi, Big D!"
Dudley si voltò.
"Oh" borbottò. "Sei tu."
"Quand'è che sei diventato Big D, eh?" chiese Harry.
"Piantala" ringhiò Dudley, voltandosi.
"Bel nome" disse Harry, sorridendo e accordando il passo a quello del cugino. "Ma per me sarai sempre Didino Piccino"
"Ho detto PIANTALA!" ripeté Dudley, con le mani a prosciutto strette
a pugno.
"I ragazzi non lo sanno che la tua mamma ti chiama così?"
"Chiudi quella bocca."
"A lei non lo dici di chiudere la bocca. E vogliamo parlare di Patatino e Diduccio? Questi almeno li posso usare?"
Dudley non disse niente . Lo sforzo di trattenersi dal picchiare Harry sembrava richiedere tutto il suo autocontrollo.
"Allora, a chi le avete date stasera?" chiese Harry, col sorriso che svaniva. "A un altro bambino di dieci anni? Lo so che due sere fa avete picchiato Mark Evans..."
"Andava in cerca di botte" soffiò Dudley.
"Oh, sul serio?"
"Ha fatto l'insolente"
"Davvero? Ha detto che sembri un maiale a cui hanno insegnato a camminare sulle zampe di dietro? Perché questa non è insolenza, Dud, è la verità"
Un muscolo si contrasse nella mascella di Dudley. Per Harry era un'enorme soddisfazione sapere quanto stava facendo arrabbiare Dudley; era come se stesse dirottando la sua frustrazione sul cugino, la sola valvola di sfogo che aveva.
Voltarono a destra lungo lo stretto vicolo dove Harry aveva visto Sirius per la prima volta, una scorciatoia tra Magnolia Crescent e Wisteria Walk. Era vuoto e molto più buio delle vie che collegava perché non c'erano lampioni. I loro passi suonavano smorzati tra le pare ti di un garage da un lato e un'alta staccionata dall'altro.
"Credi di essere un grand'uomo a portare in giro quella roba, vero?" disse Dudley dopo qualche secondo.
"Quale roba?"
"Quella... quella cosa che tieni nascosta."
Harry sorrise di nuovo. "Non sei stupido come sembri, eh, Dud? Ma immagino che se lo fossi
non riusciresti a camminare e parlare nello stesso tempo"
Harry estrasse la bacchetta. Vide Dudley guardarla torvo.
"Non hai il permesso" disse subito il cugino. "Lo so che non ce l'hai. Verresti espulso da quella scuola di mostri dove vai"
"Come fai a sapere che non hanno cambiato le regole, Big D?"
"Non è così" borbottò Dudley, anche se non suonava del tutto convinto.
Harry rise piano.
"Non hai il coraggio di sfidarmi senza quella, vero?" sibilò Dudley.
"E invece tu hai bisogno di quattro compari alle spalle per darle a un bambino di dieci anni. E quel titolo di boxe che continui a sbandierare? Quanti anni aveva il tuo avversario? Sette, otto?"
"Ne aveva sedici, per tua informazione" ribatté Dudley "ed è rimasto secco per venti minuti dopo che l'ho steso, ed era il doppio di te. Aspetta che dica a papà che hai tirato fuori quella cosa..."
"Corri da papà, adesso, eh? Il suo campioncino di boxe ha paura della brutta bacchetta di Harry?"
"Non sei così coraggioso di notte, vero?" sogghignò Dudley.
"Adesso è notte, Diddy. Si chiama così quando diventa tutto buio"
"Voglio dire quando sei a letto!"
Aveva smesso di camminare. Anche Harry si fermò e fissò il cugino. Da quel poco che riusciva a vedere, il faccione di Dudley ostentava un'espressione di strano trionfo.
"Che cosa intendi dire, non sono coraggioso quando sono a letto?" domandò, sconcertato. "Di che cosa dovrei aver paura, del cuscino?"
"Ti ho sentito ieri notte" disse Dudley. "Che parlavi nel sonno. Che piagnucolavi"
"Che cosa intendi dire?" chiese di nuovo Harry, ma c'era una sensazione di gelo e di vuoto nel suo stomaco. La notte prima aveva rivisitato il cimitero in sogno.
Dudley esplose in un'aspra risata canina, poi scelse una voce acuta e lamentosa.
"'Non uccidere Cedric! Non uccidere Cedric!' Chi è Cedric, il tuo amichetto?"
"lo... tu menti" disse Ha rry automaticamente. Ma la bocca gli si era inaridita. Sapeva che Dudley non men tiva: altrimenti come avrebbe fatto a sapere di Cedric?
"'Papà! Aiuto, papà! Mi ucciderà, papà! Buuu!'"
"Zitto" sibilò Harry piano. "Zitto, Dudley, ti avverto!"
"'Aiuto, papà! Mamma, aiutami! Ha ucciso Cedric! Papà, aiuto! Mi...' Non puntarmi addosso quella cosa!"
Dudley indietreggiò contro il muro de l vicolo. Harry gli stava puntando la bacchetta dritto sotto il mento. Sentiva quattordici anni di odio per Dudley pulsargli nelle vene: che cosa non avrebbe dato per colpire subito, per stregare Dudley e costringerlo a strisciare a casa come un insetto, rimbambito, con le antenne che gli spuntavano...
"Non parlarmi mai più in quel modo" ringhiò. "Mi hai capito?"
"Punta quella cosa da un'altra parte!"
"Non dire mai più una cosa del genere!"
"Puntala da un'altra parte!"
"MI HAI CAPITO?"
"TOGLI QUELLA COSA DA..."

Se fossi stato un SERPEVERDEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora