Capitolo 30 Pt.1

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La pioggia scendeva ormai a dirotto da diverse decine di minuti, quando Jake entrò nel vicolo che dava sul retro di casa sua.

Aveva il cappuccio alzato e si teneva le maniche con le dita, le quali apparivano appena da quei lembi fin troppo lunghi; prendere una felpa di Sunghoon non era stata una scelta volontaria, ma qualcosa intrinseco alla sua natura, aveva agito da sé, in maniera cieca e spontanea, come una goccia d'acqua che tende sempre al suolo od un uccello che, in situazione di pericolo, cerca sempre di tornare in volo verso casa.

In quella notte non c'era nulla in cui Jake potesse trovare, metaforicamente, riparo.

Non riusciva a trovare un luogo che gli ricordasse la propria dimora, un piccolo sprazzo di luce tra la marea di onde che lo avevano inondato, sormontandolo.

Si sentiva perso, come un bambino che viene lasciato solo in un parco fin troppo grande e la voglia di piangere, di disperarsi e correre verso qualcuno e chiedere aiuto, era frenata solo dall'orgoglio che, come una catena, lo teneva legato a quell'espressione neutrale, leggermente fredda, perfetta per nascondere quella sua momentanea, ma profonda fragilità.

Girando verso la fine di quel vicolo, dopo i cassonetti verdi che odoravano di acido e di cibo raffermo, oltre che muffa e qualcosa che non riusciva bene a identificare, Jake si trovò davanti ad un familiare lampione la cui luce era instabile come il suo attuale stato d'animo.

Poco lontano distante da quel luogo in cui con i pantaloni bagnati ed i piedi fradici stava in piedi Jake, si trovava una piccola casa.

Era una sorta di baracca, molto più simile ad un vecchio magazzino, con qualche finestra tenuta insieme da strisce di scotch e assi di legno male inchiodate.
La porta era chiusa, ma da quei vetri sporchi si vedeva la luce illuminare il sentiero di ciottoli che davano su un malcurato giardino.

Jake sentì un groppo in gola fermargli la salivazione e il respiro farsi sempre più restio.

Con qualche passo tremante come le sue mani, si avvicinò al cancelletto arrugginito che stava all'inizio del viale.
Era un vecchio cancello di ferro, completamente divorato dalla famelica ossidazione, ora divenuto di un colore simile al rame, con qualche chiazza di nero sporco che ne ricopriva la lunghezza.

Passandoci un dito sopra Jake fu sopraffatto dai ricordi.

Una macchia di ombre in quelle poche luci che ora risplendevano nella notte dei suoi pensieri come lucciole.
Forse un giorno, anche i bei momenti sarebbero stati in grado di indicargli la vera via di casa.

Con insofferenza fece tornare alla memoria quelle mani di donna tra i suoi capelli, quegli urli e quelli schiaffi che lo avevano martoriato sin dalla tenera età.
Ricordava ancora il puzzo di alcool durante quelle lunghe sere e la lungimirante attesa delle luci spente per entrare dal retro.

Non poteva nemmeno dimenticare il volto di suo padre quando scoprì la sua natura, tanto meno quello schifato e indignato della madre.

Da quella posizione Jake riusciva a vedere la luce della cucina ed un tavolo appena sotto.

Ad occhi chiusi sarebbe stato in grado di descrivere dettagliatamente e sapientemente ogni angolo di quel posto: la credenza dove nascondevano i pochi biscotti che compravano di tanto in tanto, il lampadario ammaccato e gracchiante che cigolava ad ogni soffio d'aria, la televisione vecchia e logora, ormai obsoleta e poi quel frigorifero intoccabile, pieno di birre ed alcolici che mai aveva osato anche lontanamente assaggiare, se non una volta quando ancora era troppo piccolo per comprenderne la gravità.

Erano passati ormai così tanti mesi eppure quel posto, con la sua erba secca o fin troppo incolta e quelle mura rovinate e decadenti, era ancora il primo luogo in cui sarebbe tornato; ma ci sarebbe tornato per abitudine, come il cane bastonato che, nonostante tutto, torna sempre dal proprio padrone o quella rondine ferita che vanamente tenta di ritrovare il nido che è stato distrutto.

Interlude - Before The Sunrise | JakehoonHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin