Mi sciacquai la bocca e poi mi lavai tutta. Stranamente avevo anche smesso di pensare a Justin in quel modo. Sapevo che se ero partita era perché lui stesse meglio. Quindi forse era per questo che la mia mente si rifiutava di immaginarlo accanto a me ogni momento.

Justin era diventato per me come un bel sogno da cui mi ero dovuta svegliare troppo presto. I ricordi c'erano, ma era come se non fosse mai successo nulla di concreto.

Una volta vestita, scesi in cucina per fare colazione. Preparai del tè e aggiunsi qualche biscotto. Non mi sembrava più il caso di esagerare visto che ormai rimettevo di tutto.

Sicura di aver digerito la mia colazione, andai nella piccola palestra che si trovava sul retro della casa. Feci delle flessioni, corsi un po' sul tapis-roulant e infine tirai qualche pugno e calcio al sacco che pendeva dal soffitto. Quello, credetemi, era il miglior modo per scaricare la tensione.

Pensavo e ripensavo alle parole di Bradley. Pensavo alle mie domande. Pensavo a questa specie di gioco perverso che mi si era presentato davanti. E in effetti funzionava, perché un'altra domanda mi si era formata nella mente.

Non persi tempo, mi lavai velocemente e presi le chiavi della mia nuova macchina per poi andare da Bradley. Aveva esplicitamente detto che appena avessi avuto una domanda sarei dovuta andare da lui, così eccomi.

-Bradley, dobbiamo parlare.
-Siamo arrivati alla numero due? - mi sorrise.
-Perché o Justin o Ryan o io? Anche se penso che se mai avessi deciso di uccidere me stessa loro avrebbero finito per ammazzarli tutti...
-Hai ragione, tesoro. Ma riguardo a questo discorso ti manca una domanda e la prima parte si può definire conclusa.

Io ero sempre più confusa. Quel suo gioco perverso e misterioso mi stava facendo venire il mal di testa e non sapevo come uscirne. Mi sentivo rinchiusa in un labirinto senza via d'uscita.

-Non capisco perché non puoi darmi almeno un piccolo indizio! - alzai le braccia in aria, esasperata.
-Ma perché, tesoro, così è più divertente.

Quel suo chiamarmi tesoro mi mandava in paranoia. Se fosse stato qualcun altro a chiamarmi in quel modo, anche Jason, lo avrei preso a calci fino a fargli uscire tutte le interiora.

-Oh, be' allora, se è più divertente...
-Invece di pensare ad essere sarcastica, pensa a questo. Ci sei così vicina, eppure, dal tuo sguardo, sembri essere lontana anni luce.
-Ma credevo di averti già fatto domande riguardo questo argomento. Non so più cosa mi incuriosisce. E poi, se magari avessi le risposte alle due domande che ti ho già fatto, saprei arrivare a quella domanda, non credi?

Mi guardava divertito. I suoi occhi azzurri brillavano, alla luce della luce al led che teneva appesa ai muri. Per lui era tutto un fottutissimo gioco, ma non potevo permettermi di rovinare tutto, era l'unico che avesse mai cercato di aiutarmi.

-Tris, se arrivi a quella domanda, avrai le risposte a tutte. Fidati.
-Perché fai questo? - cambiai discorso.
-Perché voglio aiutarti, credevo fosse ovvio.
-E perché vuoi aiutarmi?

Invece di rispondere, si limitò a sorridere e ad alzare le sopracciglia, come se in realtà avesse la risposta scritta in fronte.

-Se trovo le domande giuste saprò anche questo, - ripetei la frase come se fosse una poesia imparata alle elementari - non è vero?
-Allora sei intelligente come pensavo. Sono davvero colpito. Incredibile che tu non sia arrivata alla domanda chiave.

Stavo per spazientirmi, e di conseguenza, per alzarmi e andare a prenderlo a pugni, per questo presi un respiro profondo, e raccolsi la mia borsa.

Lui prese una busta trasparente con dentro dei fogli, che riconobbi essere la stessa di pochi giorni prima. Guardò attentamente e poi rivolse di nuovo la sua attenzione a me.

-Comunque, vai a casa e riposati, Tris. Nelle tue condizioni non dovresti essere così tesa. Pensa alle tue domande e basta. Non voglio che tu faccia altro, intesi?
-Io sto benissimo - mentii.

Sembrò pensarci su, mente con il suo sguardo viaggiava su e giù per il mio corpo. Dai miei capelli legati in una coda alta, fino alle mie scarpe da tennis nere.

-Sappiamo entrambi che non è vero.

Non avevo le forze per potermi fermare a riflettere anche su queste ultime parole che uscirono dalla sua bocca.

Mi alzai dalla poltroncina nera ed elegante su cui ero seduta e mi diressi verso la porta, senza neanche salutarlo.

Perché si comportava in questo modo? Voleva aiutarmi, ma mi metteva i bastoni tra le ruote. Era come quando da ragazzina "aiutavo" il mio ex ragazzo con le flessioni. Io ero stesa sotto di lui e ogni volta che lui si piegava, in premo "otteneva" un mio bacio.

Questi ricordi di quando avevo sedici anni mi misero i brividi. Ogni volta che mi capitava di pensare a Beatrice mi sembrava di pensare ad una vita che avevo avuto precedentemente. Come se nel frattempo fossi davvero morta e resuscitata con i ricordi.

Stavo per chiudere la porta, quando un'idea mi balenò per la mente. E se era come pensavo, avevo già anche la risposta. E di conseguenza, anche le altre due che tanto cercavo.

Mi girai di colpo, e mi appoggiai alla porta ancora socchiusa, e potei vedere nei suoi occhi che sapeva già cosa stessi pensando. Mi sorrise e ascoltò, per nulla stupito, la mia domanda.

-Bradley, chi è stato? E... perché?

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