La Lettera

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Il momento era arrivato. Era arrivata la domenica, e, di conseguenza la partenza di Teddy.
Al contrario dell'andata, per prenderlo sarebbe passata Andromeda, e ora tutti stavano dando il loro il loro saluto: Molly e Arthur avevano promesso che Teddy poteva fargli visita quando voleva, George gli aveva detto di fare tanti scherzo per renderlo fiero - Molly si era affrettata a ribadire di non far impazzire la nonna - Harry gli aveva promesso che gli avrebbe fatto visita al più presto, Ginny che gli aveva detto sarebbe stata contentissima di accompagnarlo al parco.
Ora toccava a Ron e Hermione.
Teddy era aggrappato al pantalone della ragazza, e la guardava con occhi imploranti.
"Su Teddy!" esclamò Ron "Puoi venire quando vuoi, lo sai"
"non vollio antare" rispose Il bambino.
Hermione sospirò "ma nonna Andromeda ci rimarrà male se non andrai da lei, non credi?"
"ma..." mormorò Teddy.
"è tu non vuoi che ci rimanga male, vero Ted?" proseguii Ron.
Teddy scosse piano la testa azzurra.
"è allora!" Ron tornò solare "tu ora vai da tua nonna..."
"fai il bravo" si premurò di precisare Hermione
"e poi quando hai voglia chiami il tuo padrino e il Golden Trio arriverà subito!" Ron finii la frase con tono imponente.
"Ronald" sibilò Hermione, cercando di avere un tono acido, ma non riuscii tuttavia a trattenere un sorriso.
Teddy rise.
Si sentii uno scatto di una serratura, e Teddy si voltò di scatto. Corse verso la figura sulla soglia.
"Nonnaaaaaa"
Andromeda Tonks, con tutta la grazie e l'eleganza degna di una purosangue prese il bambino in braccio.
"come è andata?" chiese in tono dolce.
"bellissimo!" disse Teddy entusiasta.
Hermione Sorrise alla vista.
L'ansiana si rivolse ad Harry "grazie"
"è un piacere"
"vuoi rimanere, Andromeda? Un the o...?" chiese Molly
"no grazie, sono di fretta" detto questo, Andromeda Sorrise e si voltò, attraversando la porta della Tana e il giardino, fino a scomparire con un piccolo pop.
E Hermione non riusciva a non pensare che due persone mancavano all'appello.
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I giorni si trascinarono lenti e inesorabili. Tutti molto monotoni.
Hermione, dopo la partenza di Teddy, era tornata a casa da i suoi, lasciando, almeno per Ron, uno strano senso di vuoto incolmabile.
Tutti erano ritornati alle loro occupazioni. George stava quasi ventiquattro ore su venti quattro al negozio, Ginny aveva iniziato ad allenarsi con più impegno, sia con gli allenamenti in squadra che in solitaria, in vista della partita di giugno, Harry e Ron erano tornati al campo Aurur, e, incredibile ma vero, più di una volta Dean Tomas aveva cercato di rivolgere loro la parola. Tutte prove rese futili dai timori di Harry e dalle sue risposte brusche.
Tuttavia, nessuno aveva dimenticato l'imminente incontro. Teddy gli aveva distratti per una settimana,a il pensiero era lì, confinato in un angolo remoto del cervello, pronto a scattare.
Nonostante questo, Molly era preoccupata anche per altro.
Si avvicinava il primo aprile, compleanno di Fred e George. Non sapeva come si sarebbe svolto, sapeva però che un gelo freddo si sarebbe aggirato per la casa, ghiacciando ogni festività.
Il gelo della morte.
Molly doveva inoltre persuadere Charlie a tornare dalla Romania entro il 16 aprile. Quello che doveva dire Percy era troppo bello e troppo importante per essere perso. Charlie se ne sarebbe pentito.
Quando lui Percy avrebbero fatto pace, se Charlie si fosse perso quella cena, sicuramente se ne sarebbe pentito.
Molly sospirò. Non c e l avrebbe mai fatta da sola. Troppe preoccupazioni, e lei non era più una ragazzina.
Ma era niente al confronto del dolore che provava pensando a Percy e Charlie, alla loro litigata, alle parole che si erano detti. Charlie aveva affatturato Percy in modo che la sua faccia diventasse gialla, e lo stomaco qualcosa di molto simile ad un budino spappolato. Si sentiva stringere il cuore ogni volta che il secondogenito dava prova di voler mantenere fermamente la parola di non rivolgersi a Percy. Lei era una madre, e situazioni del genere le facevano male, soprattutto perché aveva la sensazione di perderli entrambi. Che gli scivolassero via dalle dita, e che lei non potesse fare niente per impedirlo.
Come un aborto spontaneo. Fa male, ma non puoi fermare il flusso di sangue che si porta via tuo figlio, ancora prima che abbia visto la luce.
Fa male, ma non puoi fermarlo.
Ora la donna era seduta al tavolo della cucina, un foglio di carta davanti a lei, un calamaio e una penna per scrivere.
Doveva solo trovare le parole.
Perché doveva essere così difficile? Perché era tutto così dannatamente complicato? Non poteva essere facile?
Evidentemente no.
Si prese la testa fra le mani, rimaneva sempre il solito interrogativo:come fare a dirlo?
Molly sospirò.
Aveva bisogno di una mano.
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Ron aveva bisogno di Hermione.
Punto. Fine.
Non poteva stare solo un altro secondo in quella situazione senza di lei.
Harry lanciava lampi con gli occhi in direzione di Seamus Finnigan e Dean Tomas.
Ron non aveva neanche capito cosa fosse successo, e per la verità non gli interessava nemmeno, ma Harry sembrava sul punto di lanciare qualche maledizione.
"maledizione" sbottò Ron, influenzato dai suoi pensieri "Harry mi dici che cosa hai?"
Erano appena fuori dal campo di addestramento, Dean e Seamus erano qualche passo avanti a loro.
"gli hai sentiti?" chiese Harry con voce irosa.
"no" rispose Ron, ed era la verità.
"davano voti alle ragazze con cui erano stati" sbottò Harry, al limite della pazienza.
Ron inarcò un sopracciglio "noi lo davamo alle pelli delle ragazze"
"era diverso!"
Ron si strinse nelle spalle, meglio non contraddirlo.
Il moro respirò a fondo, per calmarsi, ma c'è la fece completamente solo quando gli altri due erano scomparsi alla loro vista.
"Pronto a tornare alla Tana, Harry?" chiese porgendoli il braccio.
Harry ebbe un breve sussulto alla parola 'Tana' poi, come pentito di aver mostrato quel sintomo di titubanza, si affrettò ad afferrare Ron, e si smateriallizarono davanti al cancello della Tana.
Entrarono, e furono sopraffatti da un vortice rosso.
"Harry, Ron!" esclamò lei, con voce rotta.
"Mamma" mormorò Ron preoccupato "e successo qualcosa?"
Sul serio Ron pensò Harry è l'unica cosa che ti viene in mente?
Molly si asciugò le lacrime, non poteva chiedere a loro.
"no, tutto apposto Ron" l'idea che che potessero aiutarla era sfumata.
"Molly" disse Harry, senza sapere bene come continuare; sperava soltanto che il tono che aveva usato la inducesse a parlare con loro.
Molly scosse la testa, ma con sempre meno vigore.
"c'è qualcosa che possiamo fare?" domandò Ron in tono dolce.
Molly era sul punto di defilarsi, di rassicurare i due giovani e di prendere il carico delle sue responsabilità. Ma non c'è la fece, titubante accennò con la testa alla lettera.
Harry e Ron si affacciarono sul foglio in bianco, aggrottarono le ciglia, confusi.
"Charlie" disse semplicemente Molly, e gli altri capirono.
"ah"
"mmm"
"difficile..."
"già"
Passò un attimo di silenzio.
"qualche idea?" chiese Harry.
"no, sentite non preoccupatevi, ci penso io" disse Molly, pentendosi della sua scelta
"no" la interruppe Ron "non abbiamo più cinque anni, non devi prenderti tutte le responsabilità, se siamo cresciuti è anche per questo no? Lasciati aiutare mamma" il figlio le Sorrise, e Molly vacillò di nuovo, ma non era segno di debolezza, bensì di fiducia nei confronti di suo figlio Ron.
Rispose al sorriso.
" Bene " proferì Ron battendo una volta le mani" facciamo uscire questa lettera. "
Harry, Molly e Ron si misero a sedere intorno al tavolo, a pensare. Ognuno cercava di indolare la pillola, oppure di fornire motivazioni sufficentemente convincenti a persuadere Charlie a raggiungere tutti alla Tana.
Dopo interminabili attimi di silenzio, Ron scattò su, dicendo:
"so come fare"
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Ron aveva proposto la sua idea, Molly era contraria, ma con l'aiuto di Harry era riuscito a convincerla. Era l'unica soluzione possibile, Charlie si sarebbe arrabbiato, certo, ma doveva venire alla fantomatica cena di Percy. Era d'obbligo. Erano fratelli.
Si ripeteva questo come un mantra, per auto convincersi che non aveva sbagliato, che era la scelta. Eppure non ci riusciva, stava mentendo a Charlie, e se alla fine Molly aveva accettando non voleva dire che fosse la cosa migliore da fare.
Sospirò. Solo una persona poteva rassicurarlo - o dargli dell'idiota - e doveva chiamarla assolutamente.
Mandò un Patronus a Hermione.

Romione: OltreWhere stories live. Discover now