Lati Positivi

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7:00
Ginny e Hermione erano rimaste in piedi tutta la notte, a parlare.
Avevano stilato una lista di tutto quello che sarebbe potuto andare storto, e i piani per evitarlo o, nella peggiore delle ipotesi, aggiustarlo.
Alla fine erano convenute di prendere le bacchette a Charlie e Percy, e se non ci fossero riuscite, generare degli incantesimi scudo.
"Ma guardiamo il lato positivo" aveva esclamato Ginny più tardi "tra poco viene Teddy!"
Hermione l'aveva guardata interrogativa, e la rossa si era affrettata ad aggiungere "Harry lo prende il dieci e lo riporta il diciassette"
La riccia Sorrise, le piaceva Teddy.
Ma nonostante questo, ragionò ora mentre si dirigeva a lavoro insieme a Harry e Ron, per lei il lato positivo era un altro. Se ci sarebbero stati tutti i fratelli, voleva dire anche Bill e Fleur.
Fleur.
Si era accorta di aver maturato il desiderio di vederla-piu o meno alla metà del settembre dell'anno prima. Anche se non sapeva il perché. All'inizio aveva messo in dubbio il suo orientamento sessuale. Possibile che fosse lesbica?
Dopotutto Fleur era un parte Veela, e se Hermione fossa stata omosessuale era più che logico che provasse attrazione per lei, no?
Poi c'era stata la prima volta con Ron.
No, non era lesbica.
Aveva iniziato allora a pensare che si sentisse in colpa per come aveva trattato Fleur. E questa era una spiegazione molto plausibile che giustificare l'improvviso desiderio di parlarle. Voleva chiederle scusa, ovviamente. E così l'aveva fatto, all'inizio di dicembre.
Non era stata troppo facile, poiché la vergogna del proprio comportamento, e l'orgoglio da vera Grifona di cui possedeva l'avevano bloccata all'inizio. Basti pensare che era da ottobre che voleva porgerle le scuse.
Poi si era messa di impegno. In ottobre e novembre aveva calcolato ogni parola da dire, si era anche esercitata all specchio! Mesi difficili. Le prime volte non riusciva a spiccicare due parole che si vedeva arrossire, o distoglieva lo sguardo dalla propria immagine quando la faccia oltraggiata, sorpresa e confusa di Fleur Weasley le si parlava davanti all'occhio della mente. Sorrise mentre ricordava.
Una volta era in camera sua, a ripetere mentalmente il discorso, fra le mani il pezzo di carta su cui lo aveva scritto-non ne era uscito molto bene dalla seduta-ed era passata sua madre. Jean si era affacciata alla camera della figlia, e l'aveva sentita borbottare tutta concentrata strani versetti che non era riuscita ad identificare. Conscia della sua natura da strega, aveva subito pensato ad un maleficio, era balzata dentro la camere e aveva detto:"Hermione Jean Grenger, non c'è bisogno che questa casa abbia modifiche, e, se proprio deve averle, lo faremo come abbiamo sempre fatto, non con la magia!"
La signora Grenger, e anche il marito, erano stati sempre fieri delle capacità della figlia, ma non approvavano che usasse la magia per ogni minima cosa.
" C'è bisogno di duro lavoro, così si impara" soleva affermare Hugo Grenger.
Presa alla sprovvista, Hermione aveva lasciato cadere il figlio di carta-o quello che ne rimaneva- e aveva guardato la madre sbigottita, non capendo il tempestivo intervento.
Jean le Sorrise "spero di essermi spiegata" disse, poi so girò e si chiuse la porta alle spalle.
Hermione era rimasta così, in piedi lo sguardo vacuo sulla porta, la bocca semiaperta in una smorfia di stupore, e le mani ciondolanti lungo i fianchi. Sarebbero passati cinque minuti buoni, prima che capisse il motivo del rimprovero. Poi sarebbe scoppiata a ridere.
Un'altra volta era difronte allo specchio del bagno, con il fidato foglietto martoriato in mano. Ricordava di aver fatto uno sforzo tremendo per continuare a fissare i suoi occhi riflessi. Aveva faticato così tanto che aveva uno strato lucido di sudore sulle fronte. Era rimasta come incantata a fissarlo, fin quando non aveva udito la voce di suo padre che l'aveva fatta sobbalzare: "tesoro tutto apposto?"
"si" aveva risposto Hermione, un po' confusa. era uscita e aveva visto l'espressione seriamente preoccupata dal padre. Era passata oltre e, per puro caso, l'occhio le era caduto sull'orologio in sala da pranzo: 15:30.
Lo fissò sorpresa. Era rimasta in bagno per un'ora e mezza.
Giurava di non essersene accorta.
Ma le sue prove e riprove avevano dato i loro risultati:alla cena di Natale si era scusata con la donna. Ricordava ancora la scena con un moto di imbarazzo.
Erano tutti li-meno Charlie, che si rifiutava di vedere Percy- accolti dal clima di casa, che scaturita naturalmente da tutti gli angoli della Tana. Dava la bellissima sensazione di famiglia.
Hermione aveva occhieggiato Fleur per tutta la cena, le parole del discorso che le vorticavano in mente, si scontravano e raggiungevano il loro posto.
Si era alzata, nessuno l'aveva notata-tranne forse Harry che le rivolse uno sguardo interrogativo, ma lei parve non vederlo- e si era seduta sul divano accanto a Fleur, ostentamdo indifferenza. All'ora era incita del quarto mese e la pancia non era molto evidente. Fleur le aveva lanciato un'occhiata, per vedere cosa volesse, ma Hermione, colta da un imbarazzo improvviso, l'aveva evitata.
Dato che però la riccia non accennava a volersi scrollare, Fleur le aveva lanciato occhiate sempre più insistenti, e, più o meno alla quindicesima, Hermione si era voltata verso di lei e le aveva sussurrato un "possiamo parlare?"
Confusa e curiosa, Fleur aveva annuito.
Le due donne si erano alzate e avevano abbandonato la sala. Una volta arrivate fuori, la bionda si era voltata verso l'altra, in attesa.
Hermione si era passata ripetutamente una mano tra i capelli, nervosa.
" Io, bhe senti, io..." prese un profondo respiro, le parole del discorso svanite, più velocemente di una smaterializzazione. "mi sono comportata male nei tuoi confronti, e per di più ingiustamente, senza alcun motivo e io... Insomma,... Scusa" l'ultima parola era uscita mormorata, con lo sguardo basso.
Fleur le aveva sorriso "non c'è problema"
Si era sentita sollevata, ma solo per poco.
Lo strano desiderio che aveva di parlarle non si era affievolito, anzi, sembrava aumentare a passo con la gravidanza. Ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome, non riusciva a controllare le sue espressioni facciali, e, se perfino Ron se ne era accorto, allora la cosa era grave.
Voleva parlarle, non c'era altra spiegazione. Solo che non aveva la più pallida idea di cosa. Sentiva come un peso sul cuore, che doveva allegerisi al più presto, oppure avrebbe finito per sopraffarla.
O rimpiangere.
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18:30
Harry e Ginny concordavano che il lato positivo fosse che di lì a poco avrebbero portato Teddy alla Tana.
Il moro e la rossa erano una coppia molto stabile. I gusti dell'una venivano condivisi dall'altro, magari con qualche piccola differenza ma trovavano sempre un punto di incontro. La cosa che però faceva riflettere, era che non si scomodavano a cercarlo, veniva da solo.
Per questo adesso erano nella ex-stanza di Charlie: la preparavano per l'arrivo del piccolo.
Erano appena tornati da lavoro, esausti. Durante i tragitti di andata e ritorno non aveva scambiato parole con i migliori amici. Erano tutti troppo presi dai loro pensieri.
Avevano rimosso il vecchio letto con le molle rotte del secondo genito Weasley, adesso si apprestavano a mettere una culla. Avevano preso quella usata da tutti i figli Weasley, era un po' consunta, certo, ma per Teddy sarebbe andato più che bene.
Mentre mettevano i cuscini Ginny sospirò.
"cosa ti turba?" domandò Harry, tirandosi su.
"è che... M-mi dispiace per Teddy" fissò gli occhi castani in quelli verdi del compagno. "non potrà mai conoscere che persone fantastiche erano i suoi genitori" guardò dentro la culla, con occhi assorti. La domdolò un po'.
"certo che li conoscerà" disse piano il moro. Si avvicinò alla fidanzata e la prese da dietro, appoggiando il mento sulla spalla di lei. "non di persona, ma noi parleremo sempre di loro, così tanto che li verranno a noia."
Ginny Sorrise, e così fece Harry, ma uno sguardo più attento avrebbe detto che gli occhi di lui brillavano più del normale.
Una lacrima scese sulla sua guancia, sottolineando il suo percorso con uno scintillio di speranza. Cadde sulla spalla di Ginny, ma lei non disse niente.
Non c'erano parole di conforto in certi casi.
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19:15
Percy e Charlie, nella stessa stanza, per volere di Percy, merda...
Ron stava aiutando il padre a togliere gli gnomi dal giardino, si era già beccato qualche morso, sulle dita, ma ormai era l'unico dei figli che si prestava ad aiutare il padre.
Hermione non ne sarà troppo contenta Ragionò.
Ma non poteva preoccupare e adesso, aveva altro per la testa. Come ad esempio l'imminente chiusura un tragedia di quella che un tempo, prima che le Guerre Magiche la mutilassero, era stata una bella famiglia. Molly e Arthur ora avevano un figlio morto, un altro che piangeva di notte e due che non si rivolgevano la parola da due anni, dovevano salvare il salvabile. E Ron era pronto ad aiutarli.
Per questo si trovava lì, a beccarsi le prese in giro infarcite da denti aguzzi affondare nella carne delle sue dita.
"Bene" disse Arthur "per oggi abbiamo finito"
Ron lanciò l'ultimo gnomo e si pulí le mani sui pantaloni, poi raggiunse il padre che contemplava con aria piena di amore la Tana.
Arthur gli mise un braccio intorno alle spalle. Erano molto simili: Ron sembrava una versione più giovane del padre, con più capelli. E fu in quel momento che, stretto nel braccio paterno del padre, si disse che l'incontro fra Percy e Charlie non poteva andare poi tanto male.
E poi, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe avuto la sua Hermione vicino a lui, pronta a salvare la situazione e a confortarlo.
E questo era il lato positivo migliore di tutti.

Romione: OltreWhere stories live. Discover now