Capitolo 34

1.2K 103 10
                                    

Senza spostare lo sguardo, riesco a percepire il sussulto di Alma Coin quando la seconda freccia colpisce il centro del secondo bersaglio. Poi ancora, e ancora, fino a quando non mi terminano le frecce.

Caccio un respiro profondo, non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.

Quando mi giro incontro lo sguardo pieno di ammirazione della Coin che batte le mani lentamente per me.

Faccio un'inchino ironico, che lei sembra apprezzare.

Dà un rapido sguardo ai bersagli che hanno smesso di muoversi poi mi sorride.

-22 frecce, lanciate verso bersagli di velocitá assurde, colpiti tutti al centro- dice.

-Uh-hu?- dico andando a raccogliere le frecce.

-In meno di un minuto- continua lei.

Ammetto di essermi sfogata con quei lanci, e ammetto anche di essere fiera della mia prestazione.

-Le devo fare i miei complimenti, signorina Everdeen- mormora.

-Grazie- rispondo, raggiungendola. -Non mi chiedete come ho imparato?- la sfido.

Lei sembra non darmi retta.

-Allora- inizio -posso tenere con me il mio arco per stanotte?-

-Mi dispiace ma no- incrocia le braccia al petto.

Sbuffo. -Va bene!- mi arrendo.

La Coin annuisce e mi dice di poggiare l'arco su un tavolo nell'immensa armeria, poi ci dirigiamo verso l'ascensore.

-Quell'arco è opera di mio padre, voi lo perdete, rubate o rompete, ed io vi uccideró- dico entrando.

-Devi stare tranquilla Katniss- mi rassicura. -Ah e sogni d'oro, settore 438- dice prima che le ascensori si chiudano e che ci dividano.

Cerco di rilassarmi mentre il panico di scendere così in profondità mi consuma, ma raggiungo scarsi risultati.

Così inizio a pensare alla mia vita prima dei 74 Hunger Games.

Sembra un vita fà.

Ma è passato quasi un'anno.

Prima dei giochi, non avevo Peeta con me, quindi non ero completamente felice, ma avevo Gale, e Madge.

L'immagine di Gale che si infila il coltello nello stomaco mi passa per la mente e un gridolino di frustrazione esce dalla mia bocca, involontariamente.

Penso ancora a Gale, ma quello con cui ho imparato a cacciare, quello con cui mi rincorrevo in giardino, quello che mi capì quando il mio, e di conseguenza, anche il suo, padre morirono, penso a quel Gale, non il tributo del distretto 12 che si suicidó nei giochi.

Ricordo il suo sorriso la mattina della mietitura, quando mi stuzzicava parlando di Peeta, ricordo il suo "Si capisce da come vi guardate".

Ricordo le sue mani grandi, la sua altezza statuaria e quei suoi occhi verdi che evitavo di incontrare i miei grigi.

Sto per scoppiare in lacrime quando le porte dell'ascensore si aprono su un corridoio cupo.

La luce bianca sul soffitto non è rassicurante, una guardia mi guarda con sguardo torvo.

-Dove sono quelli del distretto 12?- chiedo imbarazzata.

-Sei una di loro?- dice con una voce roca.

-Si- annuisco.

La guardia mi accompagna fino ad una larga porta.

-Grazie- dico, lui annuisce e torna al suo posto.

Apro la porta che mi porta in una stanza sottorranea, un bunker, una specie di piazza sotto terra.

Alcune scale percorrono tutta la parete rocciosa in maniera circolare, decido di prenderne una.

Salgo le scale, e dopo circa cinque minuti riconosco vicino ad una porta contrassegnata dalle lettere ACVM il borsone di Jhon.

Busso ed entro.

La stanza è ben illuminata con due letti a castello posti uno di fronte l'altro.

Su un tavolo nell'angolo c'è del cibo. Lo capisco, ed ho molta fame.

Sul piano superiore del letto a castello di sinistra c'è Peeta che dorme, proprio come Annabeth che è al piano di sotto di quello a destra.

Seduto al tavolo ad osservarmi c'è Jhon.

-Ci hanno portato la cena, questo è tuo- dice indicando il vassoio accanto a lui.

Annuisco e mi avvicino, tremando per il freddo.

-Tu hai mangiato?- chiedo sedendomi.

-Si, anche se non avevo molto appetito- sussurra.

Annuisco.

Inizio a mangiare, la cena sembra povera, misurata.

-Abbiamo avuto ognuno porzioni diverse- dice Jhon.

-In che senso?- chiedo.

-Annabeth ne ha avuto meno di te, Peeta più di te e io un pó di più di Peeta- mi spiega.

-Sai il motivo?- chiedo dando un morso al piccolo panino, che sono sicura che Peeta non ha gradito.

-Una guardia mi ha detto che calcolano il tuo peso, altezza e attività, qualcosa del genere- dice mantenendosi la testa.

-Okay- dico.

Finisco di mangiare e ammetto di avere ancora fame, ma questo non mi

sembra il posto in cui

chiedere bis.

Jhon non ha aperto bocca, il che non è da lui.

-Non trovi sia pazzesco?- chiedo.

-Cosa?-

-Fino a stamattina pensavamo che il distretto 13 manco esistesse, che fosse una distesa bruciata ed invece...-

-Già, tutte queste informazioni mi portano un mal di testa terribile- dice.

-Ti capisco, l'assenza di finestre mi sta uccidendo, voglio i boschi, l'aria aperta, la luce del sole...- sogno ad occhi aperti.

Jhon finalmente sorride. -Anche io, lo voglio anche io-

-Vogliamo parlare di Alma Coin?- chiedo ironica.

-Quella donna mi terrorizza- ammette lui.

Ridacchio. -Con quei suoi capelli grigiastri perfettamente allineati- alzo gli occhi al cielo.

-Già, parlerei ancora volentieri con te, ma ho molto sonno- dice Jhon alzandosi.

-Oh si, scusa se ti ho trattenuto. Buona notte-

-Buona notte- risponde lui, stendendosi.

Faccio lo stesso e prima di chiudere gli occhi un brivido mi percorre ricordando il "Sogni d'oro" della Coin.

Che ci faccio quì?

IL RIBELLE (sequel to "IL RAGAZZO DEL PANE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora