CAPITOLO11

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Non sono morta.

O almeno credo.

Quando apro di nuovo gli occhi sono al lago.

Sono in acqua. O meglio, sott'acqua.

Sento freddo e ho i brividi.

Ho ancora la benda che é ormai fradicia. Nuoto fino in superficie e incontro un cielo nero.

Letteralmente nero.

É tutto normale, l'acqua del lago é azzurrissima, i fili d'erba sono ricoperti di rugiada e tutto è illuminato dal sole.

Eppure il sole non c'é.

Guardo attentamente il cielo, nessuna nuvola e nessun raggio di sole.

É un nero unito, come se fosse artificiale.

Esco dall'acqua, se ignoro il cielo tutto mi sembra normle. Oltre il cielo,manca solo una cosa a questo bosco per essere vero, ci mancano i cinguettii degli uccelli. Ci sono, sono appollaiati sui rami degli alberi ma non cantano, sono muti e mi fissano.

Guardo il cielo nero un'ultima volta prima di perdere di nuovo i sensi.

(..)

Sono a Capitol City.

Cammino per la strada mano nella mano con Peeta.

Non abbiamo lo stile dei capitolini, siamo vestiti con gli abiti della domenica, io in un vestito rosso scuro -una volta appartenuto a mia madre- e Peeta con un pantalone nero e una camicia stropicciata grigia.

Camminiamo come se niente fosse e mi accorgo che la mano di Peeta nella mia mi era mancata.

Mi sorride un paio di volte, come se non fosse successo nulla, come se lui non fosse sparito e come se non stessimo camminando a Capitol City.

Capitol City.

Che ci facciamo quá?

Mi guardo intorno, incontro lo sguardo di qualche donna bizzarra con le ciglia fluorescenti e lunghe mezzo metro, la pelle dei colori piú strambi -rimango affascinata dalla cute di un signore, verde brillante-, alcuni occhi modificati in modo da rendere le iridi di tutti i colori possibili -ne vedo alcuni gialli, rossi e perfino bianche-, e i vestiti sgargianti che completano il look.

I capitolini ci salutano con cenni del capo e ci sorridono mostrando i denti spaventosamente troppo bianchi.

È tutto normale, come se fossimo capitolini, come se fossimo nel posto giusto.

Sul marciapiede accanto a noi ci sono file di negozi, noto in vetrina un vestito verde acceso,cortissimo e tempestato di strass e brillantini, mi immagino con uno di quelli addosso ed ho la nausea.

È troppo. É questo che odio dei capitolini. Esagerano.

Non é colpa loro se ci sono gli Hunger Games, é colpa di...Snow.

Eppure ci sono alcuni di loro che scommettono sui tributi, guardo le facce che mi circondano e mi chiedo se qualcuno di loro ha scommesso su Gale.

Evito i pensieri rivolti al mio migliore amico.

Nel frattempo, camminando, siamo arrivati in un parco.

Ci sono fontane, panchine e cespugli tagliati in modo da avere forme arcosceniche -un cavallo, una cascata-, è una cosa stile "Capitol" che non mi dispiace.

Peeta mi trascina a sedere su una panchina.

-Peeta...perché siamo quí?- chiedo.

Peeta ridacchia.

-Quí dove?- sogghigna.

-Perché siamo a Capitol City?- chiedo infastidita.

-Non siamo a Capitol City-

-Cosa?- mi guardo attorno -E dove siamo?!- dico facendo segno verso un gruppetto di capitolini.

-Siamo a casa!- dice lui come se fosse una cosa ovvia.

-La nostra casa é il distretto 12- lo ammonisco.

Peeta sbuffa come se fossi una bambina di pochi anni che continua a chiedergli il motivo per il quale il cielo é azzurro e non verde.

-Questo è il distretto 12, Katniss- dice.

IL RIBELLE (sequel to "IL RAGAZZO DEL PANE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora