Patrick Cutrone;

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Patrick Cutrone, Milan

Apristi la porta di casa, nella mano destra le buste della spesa, in quella sinistra la borsa e con un capo di fianchi riuscisti a chiudere la porta. Con fatica raggiungesti il tavolo della cucina, appoggiasti tutto e ti liberasti della giacca e della sciarpa. Prima di iniziare a riordinare gli acquisti, prendesti il cellulare dalla tasca dei jeans per vedere se qualcuno - o meglio, lui - ti avesse scritto. L'espressione speranzosa mutò subito in rassegnata, ti sedesti scompostamente sulla sedia e affondasti il capo tra le braccia. Erano passati tre giorni e lui non si era fatto sentire, non rispondeva ai tuoi messaggi e alle tue chiamate e Loca, il suo migliore amico, era costretto da lui a non dirti nulla. Eri stata una stupida, un'immatura e un'incosciente.

Qualche giorno prima avevate litigato, come sempre, essendo due caratteri forti. Poi però tu, accecata dal nervoso, avevi risposto ai messaggi del ragazzo che ci provava con te da tempo. Avevate iniziato a parlare e tu non avevi messo un freno a tutto quello nemmeno dopo che tu e Patrick avevate fatto pace. Se solo non fossi stata così impulsiva, non avreste litigato così e lui non se ne sarebbe andato momentaneamente di casa. 

Alzasti la testa, riuscendo appena a vedere l'orario sull'orologio sopra il forno. 17.06. Lui e Loca sarebbero dovuti essere appena tornati da allenamento e la voglia di chiamarlo stava aumentando sempre di più. Se non ti avrebbe risposto, saresti andata tu da lui. Non ce la facevi più a saperlo incazzato e deluso, lontano da te, e ti mancava davvero moltissimo. Stavate insieme da un anno e eri abituata ad averlo tra i piedi qualunque cosa facessi. Ma in realtà tu amavi averlo in giro, amavi vederlo stanco ma soddisfatto dopo le partite, amavi quando ti rubava un bacio qualunque cosa stessi facendo.

Soprappensiero non ti eri nemmeno resa conto di essere arrivata alla M in rubrica e tra tutti, spiccava Mio Amore. Non esitasti a cliccare sulla cornetta del telefono e attendere mentre gli squilli ti parevano infiniti.

"Dimmi." La sua voce, seppure fredda, dopo solo pochi giorni, ti faceva battere forte il cuore.

"Patrick..." Cercasti di nascondere il tuo stupore per la risposta, invano. "Mi manchi." Due parole semplici, ma che bastavano, per quel momento.

"Anche tu mi manchi, ma hai fatto una cazzata assurda." Sbuffò lui, allontanandosi dal brusio in sottofondo che si sentiva dal telefono. Si percepiva che ancora non aveva digerito ciò che avevi combinato.

"Amore lo so, sono una stupida. Ti prego dobbiamo parlare." Chiedesti indirettamente, mentre giocavi in modo nervoso con il lobo del tuo orecchio.

"Ora sono qui con i ragazzi." Rispose incerto, dopo qualche secondo. Tu rimanesti interdetta e questo ti fece sospirare pesantemente, stringere gli occhi e ridurre le labbra ad una linea.

"Patrick sono passati tre giorni, smettila di evitarmi ti prego." Sussurrasti con un tono piuttosto debole, anche se non era quello il tuo intento. Non volevi mostrarti tanto distrutta al telefono.

"Eh va bene, dove ci vediamo?" Qualche secondo dopo, la sua risposta ti diede sollievo. Arrotolasti i capelli intorno all'indice, per smorzare inutilmente l'ansia che ancora avevi nel parlare al telefono con lui.

"Torna a casa, dai." Continuasti speranzosa.

"Mhmh." Mormorò, probabilmente immerso nei pensieri.

"A dopo." Chiudesti la chiamata e sprofondasti di nuovo con la testa tra le braccia e il cuore che batteva a mille. Sapevi che avreste risolto, ma l'agitazione, il brutto presentimento di poterlo perdere per un'azione compiuta senza ragionare, ti logorava. Patrick per te era molto di più di qualunque altro ragazzo, era sempre un passo avanti a tutti, e non averlo più accanto ti sembrava così strano.

One shots; immagina » Footballers'Onde histórias criam vida. Descubra agora