Paulo Exequiel Dybala {3};

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Paulo Dybala, Juventus

Aspettasti con pazienza che tutti i passeggeri si fossero accomodati e sistemati, prima di dare tutte le direttive inerenti al viaggiare correttamente. Il tuo lavoro era spesso pesante, ma lo adoravi. Fare la hostess era davvero bellissimo. Certo viaggiare da una parte all'altra del globo era stancante, ma gratificante se amavi visitare i posti, anche se il massimo che ti veniva concesso erano tre giorni di riposo qualche volta. Molte altre invece atterravi e ripartivi per un'altra meta. Spesso però non era semplice rapportarsi con le diverse tipologie di passeggeri e per questo bisogna avere molto pazienza con mamme ansiose, ragazzi euforici, donne pesanti, anziani precisini e chi più ne ha più ne metta.

I tuoi occhi non si staccarono dai suoi fino a che non chiudesti la tendina dietro di te. Non avevi mai visto degli occhi così e ne eri rimasta colpita, benché nel complesso quel ragazzo non ti piaceva. Bello, ma nulla di più. Se eri stata attenta, ti sembrava di aver visto che indossava uno smoking con lo stemma della Juventus e probabilmente era proprio così perché quel volo si dirigeva verso Porto e da quel che ti aveva raccontato tuo padre al telefono, la sua squadra del cuore in quei giorni aveva una partita proprio lì.

Mai nessuno ti aveva guardato in quel modo però. O forse era semplicemente il colore incredibile di quegli occhi che ti aveva fatto sentire particolarmente in soggezione.

Iniziasti a spingere il carrellino dal fondo, facendoti aiutare da Marco, il tuo collega. Spesso ci impiegavate mezz'ora a percorrere tutto il corridoio dell'aereo dato che dovevate fermarvi sempre a servire i passeggeri che desideravano bevande oppure cibo.

"Desiderate qualcosa?" Chiedesti per l'ennesima volta, non appena entraste nella prima classe. Notasti che proprio seduto di fianco a te c'era il ragazzo di prima. Tuo padre ne parlava sempre, ne era innamorato, ma non ricordavi il suo nome, non era un'informazione che ti premeva tenere a mente.

"Il tuo numero." Disse schietto, guardandoti negli occhi. Non ti scomponesti, anche se il tuo istinto quasi ti fece strabuzzare gli occhi. Non lo facesti, riducesti le labbra ad una linea, mentre il tuo collega serviva i posti accanto a quelli del calciatore. Notavi che i ragazzi seduti vicino a lui, uno biondo e il ciuffo, l'altro con la pelle un po' più scura e dei capelli simpatici, ti guardavano con un risolino. Anche tu sorridesti, in modo furbo.

"Solo perché sono una hostess e devo essere cortese con i passeggeri, non posso darti la risposta che ho in mente." Lo guardasti, dicendo queste parole con voce chiara.

"Ooooooh! Oooooh Paulino!" I due di fianco si agitarono e dovesti trattenere una risata: i maschi erano tuti uguali. Lui non aveva smesso di guardarti nemmeno un secondo, con quel sorrisetto. Non diede alcuna retta ai suoi amici.

"Non lo saprebbe nessuno, dammi questa risposta." Continuò, congiungendo le mani vicino al busto.

"Non sei il mio tipo, mi dispiace." Dichiarasti solamente, sempre sorridente. Classico esemplare di calciatore fin troppo convinto per i tuoi gusti.

"Non ci credo." Asserrì, sistemandosi meglio sul sedile. Nessuno dei due voleva abbassare lo sguardo, sembrava una sfida che con caparbietà volevate vincere entrambi.

"Non ci è permesso essere scortesi con i clienti solo se loro adottano dei comportamenti consoni. Lasci stare la mia collega, per favore." Si intromise Marco. Gli sorridesti dolcemente, facendogli un cenno.

"Non ti preoccupare Marco." Scuotesti il capo. "Ah, dovrebbe allacciare la cintura, non le ha sentite le mie spiegazioni?" Chiedesti, sbattendo le palpebre più volte.

"Le ho seguite con attenzione, invece." Si inumidì il labbro, senza smettere ancora di guardarti. Probabilmente ti aveva fatto una radiografia.

"Bene." Sussurrasti infine, per poi continuare a trascinare il carrellino e servire gli altri passeggeri. Lui staccò gli occhi da te fino a che non gli fu più possibile vederti, come prima.

L'aereo era appena atterrato e la gente stava scendendo. La prima classe si era già quasi svuotata, perché non era completamente piena. Erano rimasti pochi calciatori e qualche imprenditore e non ti stupisti quando sentisti di nuovo la sua voce, dietro di te.

"Tu sei la prima ragazza italiana che non cade al primo colpo tra le mie braccia." Incrociò le braccia al petto, appoggiandosi su un sedile.

"Dovrei sentirmi onorata?" Chiedesti, mentre controllavi se i porta bagagli fossero vuoi. Lo avevi notato: dopo il vostro battibecco, non ti aveva staccato gli occhi di dosso neppure per un attimo.

"Beh non lo so. So solo che ai miei occhi sei diventata ancor più interessante." Disse, con una naturalezza disarmante. Tu non rispondesti e quando finisti il tuo lavoro, imitasti la sua posizione e lo guardasti, senza risultare sorpresa. Altrimenti chissà cosa avrebbe pensato.

"Sarebbe troppo facile se ti lasciassi il numero, non credi?" Scuotesti il capo, allargando le tue labbra in un sorriso. Lui abbassò lo sguardo, quasi incredulo su quanto fossi testarda.

"Dipende dai punti di vista." Fece spallucce, stringendosi maggiormente il nodo della cravatta.

"Lasciamelo tu, no?" Proponesti, levandoti quell'orribile cappellino che dovevi indossare ogni volta che lavoravi.

"Non posso, non mi è permesso lasciarlo a chiunque." Si giustificò, indicandosi lo stemma della squadra. Tu alzasti le sopracciglia, sbuffando.

"Andiamo, non lo saprebbe nessuno." Imitasti la sua riposta, morsicandoti il labbro. Gli desti una spallata e lui rise. Gli porgesti la penna che portavi sempre in tasca e lui non esitò a prenderla.

Ti prese la mano e iniziò a scrivere il suo numero. Aveva una pelle così liscia che quasi non sembrava di star toccando le mani di un calciatore. Probabilmente si sottoponeva a più trattamenti di te.

"A proposito, come ti chiami?" Chiedesti, appena finì di scrivere il numero.

"Dai, vuoi davvero farmi credere che non lo sai?" Domandò stupito, spalancando gli occhi. Non era il centro del mondo, lo sapeva?

"Sei troppo convinto. Lo dirò a mio padre, dice sempre che sei bravo, ma sinceramente il tuo nome non me lo ricordo." Spiegasti con non calanche, passando una mano sulla tua camicetta per togliere le varie pieghette.

"Tu come ti chiami?" Chiese invece, passandosi un mano tra i capelli.

"Y/n." Rispondesti.

"Hai un bel nome." Si complimentò, solo per perdere tempo molto probabilmente.

"Il tuo? Me lo dici? Altrimenti come ti registro?" Ridesti, stringendo le braccia al petto.

"O ci sono tanti modi. Il figo del volo, oppure quello con gli occhi magnifici, oppure..." Lo interrompesti, stavi sentendo un po' troppe cazzate.

"Oppure quel montato con cui ho avuto a che fare sul volo verso Porto." Gli facesti la linguaccia, divertita.

"Non sono un montato." Mise le mani nelle tasche, corrucciando la fronte. Sembrava quasi offeso.

"Mhmh." Le tue labbra si piegarono ancor all'insù, mentre vi guardavate negli occhi.

"Comunque, sono Paulo. Paulo Dybala." Ti disse finalmente, porgendoti la mano. La stringesti e dopodiché ti diede due veloci baci sulla guancia. Probabilmente stavano spettando solo lui.

"Scrivimi." Disse prima di scendere.

"Se ho voglia." Gli urlasti dietro e sentisti la sua risata. Dopo tutto, forse gli avresti scritto.

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Dedicato a asiaamorfini

Spero ti piaccia!

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