Federico Chiesa {2};

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Federico Chiesa, Fiorentina

L'Artemio Franchi era stracolmo di gente, pronta ad assistere alla grande partita che i padroni di casa dovevano disputare contro il Napoli, per decretare chi sarebbe andato alle semifinali di Coppa Italia. Il tuo sguardo vagava tra gli spalti in quadrati alla tv, per vedere le persone impazienti dell'inizio del match. Alcuni osservavano l'allenamento tranquilli, altri facevano video e altri ancora chiacchieravano. Tu invece eri a casa, seduta sul divano con la maglia di Federico, pronta a tifare il numero venticinque. Saresti voluta andare allo stadio, ma dovevi studiare per la sessione invernale, una specie di disgrazia che capita a tutti gli studenti universitari. A sollevarti, c'era il pensiero che non ti mancavano molti esami ormai. Ogni volta che vedevi Fede in tv, ti chiedevi come faceva a conciliare il lavoro da calciatore, con la sua carriera universitaria. Lui la prendeva con più tranquillità e comunque aveva dei voti soddisfacenti, considerando la vita piena che sopportava. Era tra i banchi della vostra facoltà, che lo avevi incontrato, ingegneria. Il primo giorno del corso di martedì, quasi ti prese un colpo quando lo vedesti di fianco a te, in carne ed ossa, in quanto tifosissima della viola. Non volevi sembrare una ragazzina - anche se il qual momento lo eri - quindi ti limitasti a sorridergli e continuare ad ascoltare la lezione, prendendo appunti al pc. Dimenticandoti di un piccolo particolare.

"Bello lo sfondo." Ti disse, una volta che il professore vi congedò. Erano lui, Simeone e Gil Dias, che esultavano per un gol. Tentennasti un po', ma alla fine non c'era nulla di male: eri una semplice tifosa. Così diventaste amici, anzi, diventaste qualcosa, ma sicuramente non amici e ancora in quel momento, non sapevi dare un nome al vostro rapporto, ma neanche ti interessava. Stavi bene con lui e questo era l'importante.

La partita venne fermata perchè Federico era a terra. E se inizialmente pensavi che a momenti si sarebbe rialzato, in quel momento l'ansia ti stava assalendo. Fede era un guerriero e si sarebbe alzato, ne eri sicura. Ma quando l'arbitro fece il segno della barella, quasi ti sentisti male quanto lui. Se doveva essere portato fuori, allora era grave, perchè lui non mollava mai. Volevi essere di fianco a lui, a tranquillizzarlo e dirgli che c'eri tu. Invece non potevi far altro che avvicinarti allo schermo come una bambina e, mentre il cuore ti batteva all'impazzata, vederlo sdraiato sulla barella con una mano sul viso.

Lo conoscevi e sapevi che era sicuramente incazzato con il mondo e avrebbe chiesto di poter rientrare anche con il gesso, sapevi che avrebbe spaccato volentieri il mondo intero e che aveva bisogno di sfogarsi, per sbollire la rabbia. Fede ci metteva così tanto cuore nel giocare, che quando accadevano queste cose, la prendeva davvero malissimo.

Forse stavi facendo una cazzata, ma era meglio farlo, che restare con il rimorso. Quindi ti eri infilata dei jeans chiari, una felpa nera e il cappotto, molto semplice perchè volevi andare a trovarlo. La partita era finita da circa mezz'ora e sicuramente lui sarebbe stato a casa in poco tempo. Non riuscivi a startene con le mani in mano o chiamarlo e sentire solamente al sua voce affranta, volevi vederlo.

Trovasti il portone dell'attico aperto e salisti, riscaldando le tue mani, sfregandole tra di loro. Era gennaio e faceva ancora freddo. Avevi visto l'auto di Giovanni sotto casa, probabilmente era stato lui a portarlo a casa. Erano grandi amici e ti aveva fatto conoscere anche lui, era simpatico e adoravi il suo accento.

"Ciao." Salutasti Simeone, tenendo la borsa con una mano. Lui ti sorrise e ricambiò il saluto, ma poi scosse il capo, come a farti intendere che la situazione era piuttosto critica.

"Fede, c'è y/n." Urlò per farsi sentire, facendo un'espressione non molto convinta.

"Non voglio vedere nessuno." Si sentirono queste parole dal salotto, con tono svogliato. Giovanni ti fece spallucce, non sapendo che fare, ma poco dopo aprì la porta facendoti entrare. Attraversasti il corridoio a passo spedito, senza neppure attendere il calciatore e lo guardasti, mentre guardava la tv distrattamente. Aveva la gamba appoggiata sul tavolo e di fianco al divano c'era quell'aggeggio che usavano i calciatori per il recupero da un infortunio.

"Bello mio, vedi che ho preso tre autobus per venire qui, e tu nemmeno mi fai entrare?" Alzasti le sopracciglia, quando ti guardò confuso e infastidito. Ti levasti il cappotto e lo appoggiasti sulla sedia. Gio ti guardò e sorrise, sapeva benissimo com'eri fatta.

"Non sono in vena, dai." Sbuffò il venticinque, lanciandoti un'occhiataccia, dopo essersi massaggiato le tempie. Tu non rispondesti, ma non ti volevi dare per vinta.

"Ragazzi, io vado. Campione mi raccomando." Interruppe il silenzio il suo compagno, prendendo il giubbotto della Fiorentina.

"Ciao Gio, grazie." Sussurrò Fede, dandogli il pugno. Poi passò da te e ti scombinò i capelli prima di incamminarsi per il corridoio.

"Ciao ciao." Dicesti, prima che la porta si richiuse. Guardasti di nuovo Fede, lo vedevi che voleva spaccare tutto quello che aveva vicino e se avrebbe potuto, ti avrebbe anche cacciato, ma tu non te ne saresti andata perchè aveva bisogno di qualcuno.

"Quindi?" Domandasti, sedendoti di fianco a lui.

"Fuori tre settimane, stirato l'adduttore. Poi Koulibaly mi è entrato con i tacchetti, ma quello non è nulla. La barella non serviva." Sbuffò, scuotendo il capo affranto.

"Fede queste tre settimane voleranno, poteva essere più grave." Ti sedesti meglio, in modo da essere ancor più vicina a lui.

"Non me ne frega niente, sono nervoso in un modo incredibile." Sbattè una mano sul divano, continuando a fissarsi la gamba sinistra. Dalle tue labbra fuoriuscì un lieve sospiro e poi prendesti le sue mani tra le tue e finalmente ti guardò, anche da vicino. Quegli occhi non ti piacevano.

"Lo so che tu hai voglia di esserci anche settimana prossima per aiutare la squadra, ma è meglio che tu ti riprenda per bene così tornerai a fare il culo a tutti i difensori." Ridesti, accarezzandogli piano una guancia. Lui accennò un sorriso, ma poi lo stesso sguardo tornò a fare capolino sul suo viso.

"Spero che non ci siano complicazioni." Disse, scombinandosi i capelli.

"Lo sai che l'adduttore guarisce subito." Lo rassicurasti, stringendo ancora la sua mano tra la tua.

"Sei anche una dottoressa ora?" Ti sorrise, finalmente. Sorridesti, dandogli una spallata.

"Non sarei una dottoressa fantastica?" Alzasti le braccia al cielo, ironizzando come al solito.

"Si, lo saresti." Annuì, avvicinandoti a sé, così da poterti circondare il bacino con le braccia. Tu lo abbracciasti di scatto, lui affondò la testa nel tuo collo, sentendone il profumo. Ti accarezzava la pelle sotto il maglioncino in cotone.

"Grazie." Mormorò al tuo orecchio e automaticamente lo stringesti più forte.

"E di che?" Sussurrati, staccandoti di poco, così d averlo ad un palmo di viso. Era ancor più bello visto così d vicino. Potevi vedere le pagliuzze chiare dei suoi occhi, la voglia vicino all'attacatura dei capelli e il suo magnifico sorrisetto splendeva.

"Per non essertene andata subito e per essere venuta qui benché sia mezzanotte." Continuò con lo stesso tono, portandoti i capelli dietro l'orecchio. Appoggiasti la fronte sulla sua e sapevi che se non lo avresti fatto te ne saresti pentita, come sempre. Così lo baciasti, facendo iniziare a battere il tuo cuore, quando sentisti che anche lui ti stava baciando. Infondo, quaranta minuti in bus ne erano valsi la pena.

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Dedicato a Francesca_sccNapoli

Spero ti piaccia!



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