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SEBASTIAN POV'

Le giornate con Chiara passavano troppo velocemente e ogni istante passato con lei il mio cuore si colmava sempre di più d'amore. Semplicemente stando insieme, abbracciati, sul suo letto, a parlare e ridere di tutte le stupidaggini che ci passavano per la testa. Stavo bene. Non mi sarei mai immaginato di finire in questo modo, innamorato perso, del tutto dipendente da una ragazza, costantemente con il pensiero fisso su di lei. Eppure non avrei cambiato nemmeno un istante trascorso con lei. Che l'avessimo passato a litigare o a ridere, a gridare di odiarci o urlando di amarci, per me era perfetto sempre. Perfetto semplicemente perché si trattava di lei. Dopo aver passato un'altra mattinata a farci le coccole allontanarmi era sempre un trauma, ma una chiamata urgente da Debby mi fece preoccupare e dovetti correre a casa. Infilai la chiave nella toppa e feci scattare la serratura aprendo la porta. Entrai richiudendomela alle spalle e mi avviai in salotto -Debby, sono a casa. Qual è il problema... - le parole mi morirono in gola appena riconobbi due volti piuttosto familiari, in piedi, accanto al camino acceso -Strano Sebastian, l'ultima volta che ti ho visto era in prigione. Fa piacere vederti sobrio e in te ragazzo. - schernì mio padre, con tono tagliente e palese risentimento. Il suo sarcasmo era un toccasana. -Giusto, quando è stato? Mi pare di ricordare che fosse più di quattro mesi fa. Grazie di esservi degnati di farvi vedere e di partecipare alla vita di vostro figlio probabilmente per la prossima settimana. O forse mi sbaglio? Dovrete sicuramente ripartire per uno dei vostri viaggi di lavoro. Fa sempre piacere sapere che non vi siete del tutto dimenticati di me, dopotutto. - li rimbeccai sarcastico. Quattro mesi che non si facevano vedere e la prima cosa che usciva dalle loro labbra era un insulto. Niente "Ciao Sebastian" o "Ciao. Come stai?" niente di niente, solo odio e risentimento, ecco cosa traspariva dalle loro voci. Un groppo mi si formò in gola e la delusione fu totalmente rimpiazzata dalla rabbia e dal risentimento. Quanto avrei voluto Chiara accanto a me. Che mi tenesse la mano e mi sussurrasse di mantenere la calma. Che mi dicesse che lei era lì con me, per me, per sostenermi. -Mi dispiace Sebastian. - sussurrò mia madre con gli occhi lucidi, colmi di lacrime, voltandosi verso di me e facendomi incontrare il suo sguardo. Era davvero troppo tempo che non sentivo la sua voce e dio solo sa quanto mi fosse mancata. Avevo voglia di correre da lei e abbracciarla. Proprio come quando ero bambino e prima che partissero lei mi consolava, mi diceva che era lì e non se ne sarebbe andata per molto. Che sarebbe tornata presto. Che sarebbe sempre stata la mia mamma e che mi avrebbe sempre amato. E ora vederla finalmente li, stretta nel suo tubino nero, con i capelli ordinatamente raccolti in uno chignon, il trucco impeccabile come una volta ma gli occhi colmi di rammarico e tristezza era orribile. Quella tristezza che rimpiazzava il suo classico sorriso dolce. Quello che non le mancava mai quando passavamo una giornata insieme. Era orribile vedere le occhiaie pronunciate che per il troppo lavoro le solcavano il viso e le rovinavano quello sguardo ammaliante che aveva sempre avuto. Quello sguardo che trasudava felicità, spensieratezza, amore. Ora trasmetteva solo tristezza e mostrava quanto effettivamente fosse rotta dentro. Consumata non tanto dal lavoro pesante quanto dai sensi di colpa. Se solo in qualche modo avessi potuto alleviare quel suo dolore. Aggiustarla. Avrei dato di tutto perché mi rivolgesse un altro dei suoi sorrisi, una carezza, un bacio fra i capelli, anche un semplice ti voglio bene. -Anche a me mamma. Soprattutto a me. Mi dispiace di aver fatto quelle cose, l'ho fatto per attirare la vostra attenzione. Perché mi sentivo solo, mi sentivo perso senza di voi. Perché vi voglio bene e passare così poco tempo insieme mi distrugge. Ho bisogno dei miei genitori, di voi, di sentirvi vicini e di sapere che mi volete bene e mi sostenete. Anche solo di una telefonata una volta alla settimana. Volevo solo che lasciaste perdere il lavoro per un po' e vi preoccupaste di me per una volta. - dissi sentendo lo stomaco attorcigliarsi e le lacrime minacciare di scendere. -Sebastian... - iniziò mia madre, mentre le lacrime già le solcavano il viso, ma fu bruscamente interrotta da mio padre -Hai commesso solo errori Sebastian. Hai 18 anni ragazzo, dovresti essere responsabile di te stesso, sapere cosa puoi e non puoi fare, cosa è meglio per te. Invece te ne vai a drogarti, a spacciare, a bere, a fumare, guidi ubriaco... - sbraitò duramente mio padre rinfacciandomi ogni peccato commesso in quei momenti bui e soli della mia vita. Ma lo interruppi non volendo sentir pronunciare una parola in più da quell'uomo. -Ti costa tanto per una volta mettere da parte l'orgoglio e il risentimento e dirmi che mi vuoi bene? - chiesi affranto alzando il tono di voce per sovrastare il suo -Lasciami finire Sebastian. - mi rimproverò severamente zittendomi. Sospirò e riprese a parlare con tono estremamente serio e sincero, trasmettendomi tutto il timore che provava -Guidi ubriaco con il rischio di morire in un incidente stradale, vai in overdose per stupefacenti, bevi fino a star male rischiando il coma etilico. Ti rendi conto di come ti stavi rovinando? Come pensi ci possiamo essere rimasti? Ti rendi conto di cosa vuol dire vivere con il senso di colpa? Sapendo che il tuo bambino si rovina la vita per colpa tua. Perché non sei abbastanza presente per lui. Soprattutto sapendo che non sei con lui perché stai lavorando duramente per dargli un futuro e vedere che non se ne accorge minimamente. Non sai notti insonni pensando in che stato potessi essere. Non puoi capire quanto ero deluso da me stesso per averti spinto a ridurti così. Sebastian, noi ti amiamo. Non è una questione di orgoglio. Qui si tratta della tua vita. Si tratta di mio figlio, il mio orgoglio, il mio vanto. Voglio, anzi, vogliamo solo il meglio per te. - concluse non staccano mai un secondo lo sguardo dai miei occhi. Parlando con convinzione e con quella punta di sentimento che enfatizzava il tutto. Se avevo il cuore spezzato quelle parole lo avevano rimesso insieme. -Papà. - dissi in un sospiro. Piangendo ormai. Gli andai incontro e mi buttai fra le sue braccia stringendolo forte mentre lui ricambiava con vigore. Com'era suo solito fare. -Giurami che non lo farai mai più. - supplicò stringendomi di più -Te lo prometto. - giurai sorridendo. Mi staccai e finalmente vidi mia madre con un bellissimo sorriso sul viso. Pieno di gioia, d'amore. Le guance erano rigate dal mascara che si soffermava su un paio di piccole rughe ai lati della bocca, riempiendole di nero. La strinsi a me, finalmente dopo mesi, mentre mi sussurrava parole dolci all'orecchio. Ci staccammo e mi asciugò le lacrime con un dolcissimo sorriso stampato sulle labbra, esaminando ogni millimetro del mio viso, notando ogni cambiamento. Mi ricordava Chiara. Aveva il suo stesso modo di guardarmi. Impossibile da spiegare. Era come amore puro. Come se potesse guardarmi per sempre, come se preferisse guardare me che qualsiasi altra cosa al mondo. Un po' come la guardavo io. Il resto del pomeriggio lo passammo a raccontarci di quello che era successo mentre erano in viaggio. Dissero che sarebbero rimasti una settimana, poi sarebbero dovuti andare a Tokyo per un mese e infine sarebbero tornati per pasqua e l'avremmo passata insieme. Gli raccontai di tutti i casini successi mentre non c'erano, di come mi fosse stato rubato il cuore e di come una ragazza mi avesse trasformato in una persona migliore. Chiara. -Voglio assolutamente conoscerla. - disse mia madre con occhi sognanti e battendo le mai come una bambina -Se è davvero come l'hai descritta non fare cazzate e non fartela scappare di nuovo figliuolo. Ti rende felice e nulla è più importante di questo. Vuol dire molto. Davvero. - disse mio padre lasciandomi una pacca sulla spalla con un sorriso orgoglioso. -Ma aspetta, hai detto Chiara? Quella ragazzina con cui giocavi da piccolo? Mi ricordo quando ci eravamo appena trasferiti qui dall'America. Un pomeriggio l'hai portata qui a casa nostra e mi avete insudiciato ogni stanza della casa con il fango attaccato alle vostre scarpe. Eravate adorabili mentre vi rincorrevate a vicenda urlando e ridendo. Ricordo quanto eri felice ogni volta che veniva. Ti si illuminavano gli occhi. - disse con sguardo sognante ricordando i bei vecchi tempi -E dimmi, è ancora così bella? - chiese sorridendo dolcemente. So cosa voleva, farmi ammettere quanto mi piacesse e quanto la trovassi bella. -Mamma, non puoi immaginare quanto sia fantastica. È splendida. - ammisi sorridendo come un ebete. -Sai, magari quello zuccone non lo vorrà ammettere, ma quando tuo padre parlava di me aveva il tuo stesso sguardo perso. - disse mia madre entusiasta -Ei, zuccone a chi? - chiese mio padre offeso ma con una nota di divertimento nella voce. -Tu. - disse mia madre ridendo verso l'uomo seduto accanto a lei. Lui le si avventò contro facendole il solletico e facendola ridere di gusto. Mi sembrò di vedere me e Chiara e per un secondo pensai che saremmo potuti arrivare anche noi a quel punto. Che ci saremmo potuti amare tanto. Che avremmo retto per sempre. E non ci fu sensazione più bella nel pensare che si, sarebbe veramente potuto succedere. -Ammettilo che mi ami. - la sfotté mio padre sempre solleticandole i fianchi -Si, ti amo zuccone. Ora togliti. - urlò mi madre ridendo e si baciarono dolcemente. Sorrisi a quella scena così dolce e mi si riempì il cuore nel vederli così felici anche dopo tutti quegli anni di matrimonio. Mia madre si voltò verso di me e vidi un lampo oltrepassarle gli occhi. D'un tratto il mio sorriso svanì lasciando spazio ad un'espressione preoccupata -Perché non inviti Chiara a cena da noi domani sera. Così potrò avere l'occasione di conoscere la mia futura nuora. - disse con un sorriso a trentadue denti. -Mamma parli come se ci dovessimo sposare a breve. - dissi imbarazzato. Ripensai al suo "Si, lo voglio" di quando le avevo chiesto di sposarmi per vendetta a Tamara e avevo ancora i brividi al ricordo della sincerità del suo tono e del luccichio che le aveva illuminato gli occhi. Speravo solo che mia madre non l'avrebbe spaventata e fatta scappare a gambe levate pressandola con la sua folle idea di un matrimonio. Conoscendo il suo entusiasmo ne sarebbe stata capace e sicuramente domani sera avrebbe tirato fuori l'argomento mettendoci in imbarazzo. Ma eravamo comunque troppo giovani. Io avevo solo 18 anni e lei ancora 16. Non eravamo abbastanza maturi per prendere un impegno per la vita. Ma se mi avessero chiesto con chi avrei voluto passare il resto dei miei giorni avrei giurato e rigiurato che sarebbe stata lei. -Chi dice che non vi sposerete fra qualche anno? - chiese inarcando un sopracciglio convinta. Già, chi lo dice?

ANGOLO AUTRICE
- 2.

Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now