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CHIARA POV'

–Allora, come sta la mia dolce fidanzata? – mi chiese Federico, entrando nella stanza. Si avvicinò al letto e mi premette un bacio sulla fronte, sedendosi poi accanto a me. Era così assurdo, mi sembrava di vivere nel passato. Era come vivere una vita che non era la mia, una vita che non mi apparteneva e non mi era mai appartenuta veramente, con Federico che era un fidanzato premuroso, quando stava solo camuffando il suo lato da carogna. Usava quel tono di voce tranquillo e sereno, era così pacato e controllato, come se non mi stesse costringendo a stare con lui contro la mia volontà, come se fosse tutto normale. Non risposi, e continuai a guardare fuori dalla finestra, restando in silenzio. Non avevo intenzione di diventare il suo giocattolino personale. Ciò dovette farlo arrabbiare, perché mi afferrò il mento fra le dita e mi fece voltare bruscamente il viso nella sua direzione. –Guardami negli occhi quando ti parlo e rispondimi se ti faccio una domanda. – ordinò, fissandomi duramente, contrariato dalla mia mancanza di rispetto nei suoi confronti. Eccolo, ecco il vero Federico. Quello manesco, aggressivo e suscettibile. Faceva solo finta di essere il fidanzato dolce e premuroso, perfetto, mente invece era il contrario. Quando stavamo insieme mi faceva letteralmente impazzire. Un giorno mi faceva toccare il cielo con un dito e quello dopo mi rispediva all'inferno, con i segni marchiati a fuoco sulla pelle. Sopportavo. Sopportavo ogni sua minaccia, ogni sua aggressione, ogni suo insulto. Ero accecata dall'amore ed ero anche tremendamente stupida. Così stupida da lasciargli distruggere la mia autostima, pezzo dopo pezzo, da farmi diventare completamente dipendente da lui, da lasciarmi raggirare in modo da cadere ai suoi piedi e farmi credere che tutti mi prendessero in giro e che lui fosse l'unico a dirmi la verità, mentre era solo l'unico che mi mentiva. Avevo aperto gli occhi solo quando mi aveva tradita. In quel momento avevo capito che era lui l'unico a prendermi in giro, avevo capito chi realmente fosse e cosa mi stava facendo. Ero solo una marionetta manipolata da lui e io gli permettevo di manipolarmi a suo piacimento, lasciandogli il totale controllo su di me. Era come se fino a quel momento la mia vista fosse stata appannata dai sentimenti. Quella sera il mio mondo finto mi era crollato addosso, portandomi a fondo con esso, trascinata giù dal peso della verità. Ma lentamente mi ero rialzata. Avevo ricostruito una corazza attorno a me, più forte e resistente di prima. A quanto pare non abbastanza però, visto che era durata ben poco, spazzata via da un paio di occhi azzurri come il ghiaccio e un profumo di libertà. Libertà che in quel momento potevo solo sognare. –Chiariamo bene una cosa, tu farai la fidanzatina innamorata e ti comporterai come tale, in presenza di altri e anche sola con me. – iniziò, stringendo più forte il mio mento fra le dita, come se volesse rompermi le ossa del viso. Nei suo occhi c'era solo cattiveria e nei miei solo lacrime, che però feci di tutto per ricacciare indietro. Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi piangere a causa sua. –Ogni tuo gesto di insubordinazione nei miei confronti verrà punito, fisicamente o mentalmente. – asserì. Mi afferrò i capelli e mi tirò violentemente la testa indietro, avvicinandosi poi al mio orecchio. –Conosco i tuoi punti deboli Chiara, so come farti soffrire, potrei farti desiderare la morte con una sola frase. – sussurrò. Le sue parole, pronunciate con un tono raccapricciante, tanto che mi fece venire la pelle d'oca, si persero fra il dolore che mi aveva procurato tirandomi i capelli, e di conseguenza, avendo tirato anche i muscoli del collo e della spalla. Sentii come se centinaia di aghi mi stessero trafiggendo il petto e la testa, senza lasciarmi tregua, e a quel punto fu difficile trattenere le lacrime, che uscirono dai miei occhi come dei piccoli gemiti di dolore uscivano dalle mie labbra. –Rispondi quando ti faccio una domanda. – disse, alzando il tono, facendomi aprire gli occhi che poco prima avevo strizzato per il dolore. Il suo viso era a pochissimi centimetri dal mio, riuscivo a vedere le macchioline scure nelle sue iridi grigiastre e a sentire l'odore di tabacco del suo alito. Riuscivo quasi a sentire il sapore di sigaretta sulla lingua. Lo guardai, gli occhi sbarrati, pieni di lacrime, mentre la presa sui miei capelli aumentava di secondo in secondo, e io non potevo far altro che stare immobile a guardarlo, provando paura. –Si, ho capito. – pronunciare quelle parole fu doloroso e umiliante, quasi quanto trattenere le urla intrappolate nella mia gola. Inaspettatamente mi tirò un pugno al lato del collo, che per qualche secondo mi impedì di respirare, a causa del dolore forse, o forse ero solo io che trattenevo il respiro, per morire. Come mi sono ridotta così? Pensai. Spaventata dai miei stessi pensieri, spaventata da me stessa. –Se ti ribelli, soffrirai di più. Sta al tuo posto. – mi sussurrò all'orecchio. Lasciò i miei capelli, tirandoli un'ultima volta, e uscì dalla stanza. Al rumore di ogni suo passo, che rimbombava nel corridoio vuoto, una nuova lacrima usciva dai miei occhi e mi sentivo sempre più in gabbia, come un piccione a cui è stata tolta la possibilità di volare. Ero rinchiusa nel mio incubo peggiore e non avevo la possibilità di svegliarmi. La mia sicurezza iniziava a vacillare. Ero certa di voler fare questo per Sebastian, ma non lo ero altrettanto di riuscire a sopportare ciò che questa decisione avrebbe comportato. Ancora insulti, altre minacce, un uomo che avrebbe continuamente alzato le mani su di me, che avrebbe fatto di tutto pur di farmi soffrire, che avrebbe tentato di togliermi la felicità in qualsiasi modo gli fosse stato possibile. Potevo sopportare questo? Ero abbastanza forte? Perché fin quando avrei avuto in mente il motivo per cui lo stavo facendo forse avrei potuto sopportare, ma non ce l'avrei fatta se il mio obbiettivo avrebbe iniziato ad essere sfocato, se l'immagine di Sebastian felice, fissa nella mia mente, avrebbe iniziato a sbiadirsi. I miei pensieri si fecero confusi, forse a causa della dose di antidolorifico che in quel momento mi stava automaticamente entrando in circolo nel sangue, portandomi lontana dal dolore di quella giornata, almeno per un po'. E con il mio ultimo pensiero cosciente, prima di cadere nel sonno, realizzai che Federico fosse davvero pericoloso, uno psicopatico mentalmente instabile, che avrebbe potuto fare di tutto. Qualsiasi cosa, anche... uccidermi.

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now