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SEBASTIAN POV'

Non ricordavo assolutamente niente della serata precedente e neanche di come ero arrivato a scuola quella mattina. A partire da quando mi ero seduto al bar e avevo ordinato il primo Mojito non ricordavo assolutamente niente. Avevo alcuni flashback di tanto in tanto, vedevo solo il volto di Chiara, il bagno di casa mia e un getto d'acqua fredda arrivarmi dritto sugli occhi, poi il nulla. Sentii qualcuno picchiettarmi sulla spalla, richiamando la mia attenzione, ma il leggero mal di testa post sbronza, che inutilmente avevo tentato di debellare con dell'aspirina, e in generale le condizioni in cui ero a causa di essa, mi invogliarono ancora meno a girarmi. –Bàstian – Solo una persona mi chiamava così e non la vedevo da moltissimo tempo. Spalancai gli occhi e mi voltai di scatto, ignorando la fitta che quel movimento brusco mi aveva causato. –Jacob, amico, che ci fai qui? – chiesi abbracciandolo e dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Jacob era un mio vecchio amico, conosciuto anni prima tramite amici, quando facevo parte di un brutto giro. Non lo vedevo da circa un anno, quando i suoi genitori decisero di mandarlo in un centro di recupero per drogati, in un'altra città. –Sono venuto a trovarti. Resto un paio di giorni. – mi disse, sorridendomi caldamente. –Be, puoi restare da me. Sai che sei sempre il benvenuto, a Debby farà piacere. – Alle mie parole scoppiò a ridere, guardandomi incredulo. –Andiamo! Mi ha sempre odiato da quando le ho fatto esplodere il borotalco in faccia. – mi ricordò. Risi al ricordo di quella giornata: eravamo strafatti e avevamo messo un petardo nella scatola di borotalco, per fare uno scherzo a Debby. Quando le era esplosa in mano, subito resasi conto che la colpa era nostra, ci aveva rincorsi per la casa con il manico di una scopa fra le mani, fin quando non era riuscita a fermarci e ad assestarci due belle legnate sul sedere. –Comunque accetto con piacere l'offerta, visto che non ho un altro posto in cui andare. – Mi misi a ridere, immaginando che se non avesse chiesto a me probabilmente avrebbe passato la notte a casa di qualche ragazza e ci sarebbe anche andato a letto, solo per avere un posto in cui dormire, come suo solito. Il suo sguardo si fissò su qualcosa alle mie spalle e la sua espressione cambiò, diventando seria. –Che hai visto? – chiesi curioso, aggrottando le sopracciglia. –La mia prossima preda. – disse con malizia, recuperando subito il solito sorriso sghembo che troneggiava sulle sue labbra piene. Mi voltai, guardando in che direzione puntasse il suo sguardo. –La moretta vicino al cancello? quella con molto materiale di galleggiamento? – chiesi, facendo movimenti circolari con le mani davanti al mio petto. Fece lentamente no con la testa, ipnotizzato. –La biondina dietro di lei. – disse. Mi voltai per capire chi fosse, individuando subito Chiara, e quasi non presi un colpo. Posò lo sguardo su di noi, sentendosi probabilmente osservata, e ci guardò confusa. Jacob le ammiccò, sorridendo, e subito lei arrossì, distogliendo lo sguardo da noi. –La conosci? – mi chiese, sempre tenendo lo sguardo fisso su di lei, mentre si mordeva il labbro inferiore. – Si, e con lei è tempo perso. Non te la dà neanche a pagarla oro. – Detto questo speravo rinunciasse, invece lo avevo solo incitato, invogliandolo a provarci. –Staremo a vedere amico. Staremo a vedere. Se non l'ha data a te non vuol dire che non la darà a me. – disse, sinceramente divertito. Mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi, e se ne andò. Era molto persuasivo, se serviva, e nessuno lo aveva mai rifiutato. Questo mi preoccupava non poco, considerando che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa pur di portarsela a letto, ne ero certo. A quella realizzazione il mal di testa tornò più forte di prima, facendomi provare di tanto i tanto fitte alla testa. Mi incamminai per andare in classe, sospirando. –Sebastian. – mi chiamò qualcuno, con tono morbido. –Dimmi Chiara. – sospirai, scocciato. Se avesse voluto sapere di Jaco l'avrei mollata lì e me ne sarei andato. –Ho bisogno di altre ripetizioni di matematica, fra due giorni ci sarà una verifica. Poi ieri sera mi hai promesso che avresti ricambiato il favore. – disse di fretta, facendo segno ad Eva che sarebbe arrivata a momenti. –Quale favore? Non ricordo niente di ieri sera, che è successo? – Ma quanto mi ero ubriacato? –Be... ieri sera eri parecchio ubriaco e anche gli altri, quindi ho dovuto accompagnarti a casa in autobus... Ti- ti ho fatto una doccia fredda e messo a letto... Mi hai ringraziata e mi hai detto che avresti ricambiato il favore. – balbettò, interrompendosi a riflettere fra un avvenimento e l'altro. Ero sicuro che c'era dell'altro, lo vedevo nei suoi occhi, troppo sinceri. –Non ho detto altro, giusto? – la spronai a parlare, guardandola intensamente. Arrossì violentemente, facendomi capire chiaramente che c'era dell'altro. Si guardò in torno, circospetta. –In verità sì, ma preferirei non parlarne qui. – disse a bassa voce, facendo trasparire il disagio che provava dai suoi gesti, mentre stringeva nervosamente fra le mani un libro, pressandolo al petto. –Okay, va bene. – accettai, sospirando. –Chiara, andiamo. – la richiamò spazientita l'amica. Lei si voltò verso di lei, sbuffando, e poi tornò con lo sguardo su di me. –Allora vengo alle tre. Ciao. – disse e se ne andò, lasciandomi immobile a fissarla.

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now