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Mezz'ora dopo che Sebastian se ne fu andato mio padre tornò a casa dalla sua passeggiata di quella mattina. Provai a parlargli, per chiedergli se quella sera potessi uscire, ma mi liquidò praticamente subito per andare da Jo e i bambini a dare loro il "benvenuto" nella famiglia. Solo dopo un'ora e numerose imprecazioni riuscii ad attirare appena la sua attenzione. Gli chiesi di poter uscire e lui fece cenno di sì con un gesto distratto della testa, liquidandomi nuovamente per guardare la televisione con Tobias, mentre Jenny e Jo si erano appisolati all'altro capo del divano. Non si degnò nemmeno di chiedermi "da chi", quando gli dissi che avrei passato la notte fuori casa. Inutile dire che anche se l'avesse fatto gli avrei propinato una balla dicendogli che sarei andata a dormire da Eva, mentre invece avrei passato la notte con Sebastian. Se gli avessi raccontato la verità mi avrebbero reclusa in casa a vita e non me l'avrebbero più fatto vedere. Ai miei genitori ancora non avevo detto che io e lui stavamo insieme, e non avevo la minima intenzione di farlo. Se ne sarebbero accorti da soli prima o poi, forse. Tirai fuori il cellulare dai jeans e composi in fretta il numero di Eva. Uno squillo, due squilli, tre squilli... Non solo avevo bisogno di chiederle di coprirmi per quella notte, nel caso i miei genitori si fossero svegliati e degnati di chiedersi dove fosse finita loro figlia, ma avevo anche voglia di sentirla. Dalla notte di capodanno non avevamo avuto modo di parlarci, con il fatto che era andata in montagna con i suoi genitori e lì non c'era campo, e avevo bisogno di parlarle di quello che era successo con Sebastian, per capire che reazione avesse avuto alla notizia che io non fossi più vergine. Finalmente rispose. La voce della ragazza mi arrivò lontana, probabilmente aveva messo il viva voce. Immaginai lo avesse fatto perché stava levando i vestiti dalla valigia e non poteva tenere il telefono attaccato all'orecchio. All'inizio la conversazione fu abbastanza imbarazzante, entrambe eravamo impacciate e nessuno dalle due sapeva bene cosa dire, ma con il passare del tempo ci sciogliemmo. Chiarimmo con calma ciò che era successo con Sebastian, lei mi diede la sua opinione in merito all'accaduto e per la successiva ora e mezza parlammo della reazione esagerata che aveva avuto la sera di capodanno. Non mi ero mai resa conto quanto in quel momento di quanto tempo era passato da quando io ed Eva avevamo avuto una conversazione come quella. Sembrava essere passata una vita. Solo allora mi resi conto anche che in quel periodo avevo concentrato tutta me stessa e le mie energie esclusivamente su Sebastian. Giorno e notte. Era a lui che pensavo, con lui stavo, di lui parlavo e la maggior parte delle volte era con lui che parlavo. Era come se io e lui avessimo iniziato a vivere in simbiosi, nonostante i vari litigi che comunque ci portavano a pensare l'uno all'altra. Il resto delle persone erano marginali e mi rendevo finalmente conto di aver messo Eva un po' da parte, ma del resto lei, come me, concentrava tutta se stessa su Tom e aveva fatto altrettanto. "Chissà se Sebastian concentra tutto se stesso su di me" mi venne spontaneo chiedermi. –Però ora dimmi una cosa, a letto è bravo come si dice in giro? – chiese, curiosa. Ecco, l'unico lato negativo di stare insieme a Sebastian erano tutte le ragazze che si era portato a letto negli anni. Era come... una prostituta. Immaginando che avesse iniziato verso di sedici anni e contando che in quel momento ne aveva diciotto non volevo nemmeno immaginare di che numero di ragazze si stesse parlando. A quella domanda, nonostante un po' me l'aspettassi, rischiai di soffocarmi con la mia stessa saliva e tossii rumorosamente. –Eva! – tentai di rimproverarla, ma mi uscì una vocetta stridula, la quale più che rimprovero lasciava trasparire il mio imbarazzo. –Su Chiara, siamo in confidenza. Non lo vado di certo a raccontare in giro! – ridacchiò e la immaginai seduta a terra, accanto all'armadio, mentre si attorcigliava una ciocca nera sul dito e si mordeva il labbro per trattenere una risata sguaiata. Nonostante fossi certa che non ne avrebbe parlato con nessun'altro, l'idea di raccontarle i miei expoilt sessuali con Sebastian non mi allettava molto. Era una cosa piuttosto intima e privata, che preferivo rimanesse tra me e lui, ma immaginai che lui né avesse già parlato a Luca e che quindi anche io potessi concedermi di parlarne con Eva, magari avrebbe potuto darmi qualche consiglio. –Beh, essendo il primo ragazzo con cui ho fatto certi tipi di esperienze, non ho qualcuno con cui mettere a confronto le sue prestazioni. Quindi in verità non saprei cosa dirti. – dissi, riflettendoci meglio su. A parte una sega fatta a Federico l'anno prima le mie esperienze erano pari a zero, quindi tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento l'avevo fatto solo con Sebastian. La sentii ridacchiare di nuovo e alzai gli occhi al cielo, spingendomi con i piedi per girare sulla sedia della scrivania, che ruotò su se stessa con un fastidioso cigolio. –Almeno ti è piaciuto? – chiese, sempre ridendo. Bloccai la sedia con un gesto secco, appoggiando i piedi a terra. Al ricordo del modo in cui mi toccava avevo ancora i brividi. –S-sì, mi è piaciuto. – balbettai, leggermente imbarazzata, e riflettendoci su forse quella domanda era ancor peggiore della precedente. Mi avrebbe potuto chiedere cosa più imbarazzante? –Oh, avete già fatto sesso orale? – Sì, a quanto pare avrebbe potuto chiedermi qualcosa di più imbarazzante. I successivi venti minuti li passai a rifiutare categoricamente di parlarle di quello che io e Sebastian avevamo fatto, e con più veemenza io le negavo informazioni, più le sue domande si facevano esplicite e dettagliate. Cose che nemmeno in un porno si sarebbero potute fare, ma che da come ne parlava sembrava aver sperimentato lei stessa. –Eva basta, non ho intenzione di dirti niente! – esclamai, sempre più in imbarazzo. L'occhio mi cadde sull'orologio e non fui mai più felice di essere in ritardo. Almeno avrei avuto la scusa di dovermi preparare e avrei potuto concludere quella assurda chiamata. –Ascoltami, ho un appuntamento con lui, dobbiamo uscire e ho giusto mezz'ora di tempo per prepararmi. Possiamo sentirci domani? – chiesi esasperata, alzando gli occhi al cielo. –E va bene. – concesse, quasi sbuffando. Quando pensai di averla scampata però arrivò la sua ultima affermazione a farmi cambiare idea. –Vuol dire che domani mi racconterai anche cosa farete nel post appuntamento. – disse e mi riattaccò il telefono in faccia. Allontanai il telefono dal viso e rimasi a fissare lo schermo nero per qualche secondo, maledicendo mentalmente il mio ragazzo. Se lui non avesse spiattellato a tutti che eravamo stati a letto insieme probabilmente non mi sarei dovuta sorbire questa telefonata. Guardai di nuovo l'orologio e mi si accapponò la pelle per quanto era tardi. Mi alzai dalla scrivania e andai verso l'armadio, cercando qualcosa da metter per uscire quella sera. Siccome faceva un freddo cane scelsi un maglione verde e un paio di jeans chiari, per restare il più coperta possibile. Infilai le scarpe rapidamente, imprecando per annodare i lacci, e mi diressi rapidamente in bagno, dove sistemai i capelli e ritoccai il trucco. Non sapevo che intenzioni avesse Sebastian per quella serata, se volesse portarmi fuori o se saremmo semplicemente rimasti da lui, ma ci misi un po' più di cura nel sistemare il trucco e acconciare i capelli, solo perché sentivo la necessità di essere un po' più carina per lui. Tornai in camera dove recuperai una borsa e ci misi dentro l'occorrente per passare la notte fuori, prima di scendere le scale. –Ciao a tutti. – salutai di fretta, una volta arrivata all'entrata, e mi infilai il cappotto pesante. Jo apparì dalla cucina. Per un qualche motivo di cui non ero a conoscenza, e di cui non volevo nemmeno venire a conoscenza in realtà, indossava un grembiule con la stampa di un gatto che si leccava i baffi e teneva in mano un mestolo in legno sporco di una specie di poltiglia giallastra. –Dove pensi di andare? – mi chiese, aggrottando le sopracciglia. Dalla stanza proveniva un odore nauseante di aglio e formaggio, che immaginai avesse messo nella purea che stava cucinando. Sia alla vista che all'olfatto non sembrava star cucinando nulla di buono, e mi ritrovai a ringraziare il cielo di mangiare fuori quella sera. –Fuori. Con il mio ragazzo. – ci tenni a precisare, senza un vero motivo. Lo vidi piuttosto deluso dalla mia risposta, forse ci teneva a cucinare per tutta la famiglia al completo, ma non mi feci troppe domande sul perché della sua reazione. Annuì in silenzio e si girò, tornando in cucina a lavorare. Rimasi qualche secondo a fissarlo dalla porta, mentre alzava il coperchio di un pentola e ne mischiava il contenuto, dopo di che uscii di casa e mi avviai verso il punto d'incontro stabilito son Sebastian. L'aria fredda mi sferzava la pelle del viso, i marciapiedi erano vuoti, illuminati solo dalla luce dei lampioni a distanza di alcuni metri. Per le vie rimbombava solo il rumore dei miei passi e talvolta quello del motore delle macchine che passavano per di lì. Faceva davvero freddo, mi pentii di non aver indossato anche una sciarpa. In pochi minuti mi trovai davanti alla vecchia stazione dei treni. Era stata dichiarata inagibile numerosi anni prima, a causa delle rotaie in pessimo stato e del terreno su cui erano state costruite, motivo per cui avevano fatto di tutto per costruirne una nuova al più presto non molto lontano. Man mano che mi avvicinavo l'immagina del mio ragazzo si faceva sempre più nitida. Era appoggiato alla parete, il ginocchio piegato e un piede appoggiato al muro, mentre fumava una sigaretta. Non appena sentì i miei passi rompere il silenzio in cui era stato fino a quel momento, si girò nella mia direzione e appena entrai nel suo campo visivo mi sorrise. Si staccò dal muro dandosi una spinta leggera, buttò a terra la sigaretta, schiacciandola con la punta del piede, e venne verso di me. Non appena fummo abbastanza vicini gli gettai le braccia al collo, mentre lui mi cinse la vita, e gli lasciai un dolce bacio sulle labbra, che lui non perse tempo ad approfondire. Le sue mani scesero sui miei fianchi, provocandomi un brivido lungo la schiena a causa della pressione che vi esercitava, e mi allontanò leggermente, inducendomi a staccarmi dal bacio. Mi presi un secondo per osservare il suo viso, concentrandomi sui suo occhi, resi scuri dalla poca luce che c'era, ma venni distratta dal sorriso sghembo in cui si aprirono le sue labbra. –Cos'hai in mente? – chiesi a quel punto, non riuscendo a trattenere un sorriso per l'espressione furba che aveva in viso. –Con calma bambolina. Fra poco lo scoprirai. – sogghignò. Si levò la sciarpa dal collo e fece per mettermela sugli occhi, annodandomela dietro la testa, poi si mise dietro di me e mi appoggiò le mani sui fianchi, guidandomi nella direzione in cui dovevo andare. –Era proprio necessario bendarmi con la sciarpa? È in lana, prude. – mi lamentai, sbuffando. Non riuscivo neanche a pensare a Sebastian che si era letteralmente premuto sul mio corpo. L'unico pensiero che occupava la mia mente era "Mi devo assolutamente grattare la faccia" –Sì. – ridacchiò, premendo il naso fra i miei capelli, mentre le sue mani si spingevano un po' più verso il mio addome. –Sebastian? – lo chiamai preoccupata, mentre mi lasciavo guidare da lui in mezzo al nulla. –Dimmi bambolina. – disse e sentii il suo fiato impregnarsi fra le fibre della lana e riscaldarla, proprio all'altezza del mio orecchio. Fui colta da un brivido e le mie braccia si coprirono di pelle d'oca, ma lui non sembrò accorgersene, e anche se lo fece non lo diede a vedere. –Non mi farai cadere, vero? – chiesi preoccupata, appoggiando le mani sulle sue. Sarebbe stato capace di farlo, idiota com'era. Mi premette un sorriso sull'orecchio, da sopra la sciarpa, e intrecciò le mie dita alle sue. –Sta tranquilla. – sussurrò. –Okay, ora fermati. – continuò, e automaticamente feci quello che mi disse. Mi tolse delicatamente la sciarpa dagli occhi, lasciandomi una bellissima vista che sovrastò la mia voglia di grattarmi la faccia. Fui sorpresa da ciò che mi si prospettava e ci restai di sasso, sgranando gli occhi per lo stupore. Nel bel mezzo delle rotaie vi era un piccolo tavolino circolare, con una lunga tovaglia bianca che toccava terra e due grandi candele al centro. Era apparecchiato con semplicità e i piatti coperti da due campane di metallo. Le rotaie, attorno al tavolo, erano tempestate di candele un po' sparse ovunque, che creavano una scia luminosa a distanza di pochi metri da noi. –È così romantico. – dissi, quasi senza fiato, mordendomi poi il labbro mentre sentivo gli occhi pizzicare. Era bellissimo, le candele, il tavolo, l'atmosfera, lui. Era tutto perfetto e per renderlo ancora migliore eravamo nel nostro posto, un luogo che avevamo sempre condiviso, riservato e familiare, dava la sensazione di essere a casa. Mi voltai verso Sebastian e lo trovai a guardarmi, con un sorrisetto fiero sulle labbra, che diceva "Lo so, sono un genio, non serve che me lo dici." anche se dirglielo sarebbe stata l'ultima cosa che avrei fatto e lui lo sapeva bene. Gli sorrisi e alzandomi sulle punte dei piedi arrivai alle sue labbra, che accarezzai delicatamente in un bacio a stampo. Quando mi staccai da lui anche la sua espressione si era intenerita e aveva perso la fierezza di poco prima. Da perfetto gentiluomo mi sistemò la sedia e quando fui comoda si andò a sedere davanti a me. –Vediamo cos'hai preparato di buono. – dissi curiosa, sfregandomi le mani fra loro, mentre il mio stomaco gorgogliava per la fame. –Non montarti troppo la testa bambolina. Non è nulla di speciale. – ridacchiò, appoggiandosi allo schienale della sedia con le braccia incrociate al petto. Non sapevo proprio che aspettarmi a quel punto sinceramente. Presa dalla curiosità tolsi la campana dal piatto e per la seconda volta quella sera rimasi sorpresa da ciò che mi trovai davanti. –Lo so che mi amerai per questo. – ridacchiò, alzando a sua volta la campana di metallo e appoggiandola accanto al suo piatto. Alzai gli occhi su di lui e lo trovai a fissarmi, con un sorrisetto sghembo cucito sulle labbra, mentre sondava la mia espressione, orgoglioso di se stesso per essere riuscito a sorprendermi ancora. –Davvero Sebastian? – chiesi, sollevando le sopracciglia. –Tu avevi creato l'atmosfera perfetta, per la cena perfetta e cosa mangiamo? Pizza. Mi prendi in giro? – ridacchiai, incredula. –Ehi, troppa perfezione in un posto solo non va bene. Basti già tu. – si difese, alzando le mani davanti al petto. Mi sentii lusingata dalle sue parole, ma ero certa che mi avesse presentato sotto al naso della pizza solo perché non aveva idea di cosa mi piacesse mangiare di solito. Nonostante ciò era stato carino ad organizzare tutto questo e si vedeva che ci aveva impiegato del tempo. –Ma smettila. – esclamai, arrossendo, abbassando gli occhi sul mio piatto. La sua mano si appoggiò alla mia, sopra il tavolo, e il mio sguardo scattò sul suo, già fisso sul mio viso. –Ti amo. – disse, con un sorriso talmente sincero che mi sciolse il cuore. –A sì? A quante di loro lo dici? – lo sfidai, senza una ragione precisa, forse solo per allungare la conversazione, o per sentirmi dire qualcosa di carino. Eppure non fu così. –A tutte. – disse, allargando il suo sorriso, e in quel momento mi maledissi per averlo provocato in quel modo. Quelle due semplici parole bastarono a togliermi il fiato, mi sentii come se mi avessero tirato un pugno allo stomaco. –A tutte? – chiesi, con un filo di voce, ritraendo la mano che era stretta nella sua. "Perché continua a sorridere?" mi chiesi. Riprese la mia mano e mi fissò negli occhi. –Si, a tutte dico che ti amo. –

Angolo Autrice✈
L'ultima frase è presa da internet, lo so, ma non ho avuto cuore di levarla. Mi piace troppo. Chiarito l'equivoco vi lascio alla lettura. Un bacio.

Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

"Come aeroplanini di carta"Onde histórias criam vida. Descubra agora