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Dopo il nostro "spogliarello", che ci aveva rese più conosciute fra la popolazione scolastica, era stata una festa dopo l'altra. Nonostante la velata litigata fra Eva e Tom, contrariamente a quello che ci aspettavamo, ci invitarono a quasi tutte le feste organizzate nel giro di due settimana. Eravamo a casa di Tom ed Eva non gli staccava gli occhi di dosso, come sempre dopotutto. Non capivo però come fosse iniziata questa cosa. Mi aveva accennato ad uno scontro mentre, il giorno in cui io stavo male per la racchetta in testa datami da Christina, lei stava andando al corso di arte. In poche parole, da quello che mi aveva detto, lui le era andato addosso, avevano iniziato a parlare ed erano finiti per andare al parco insieme. Insomma, ultimamente si sentivano e lei sembrava essere persa di lui. Come biasimarla, era biondo, occhi verdi, alto e con un fisico da togliere il fiato. Il ragazzo in questione, sentendosi probabilmente osservato, si avvicinò a lei sorridendole. –So di essere uno spettacolo, ma così mi sciupi tesoro. – disse spavaldo, con un sorriso sghembo che avrebbe convertito la lesbica più accanita. Le fece l'occhiolino e si allontanò lasciandola ammaliata dalla sua bellezza e senza fiato. Semplicemente pendeva dalle labbra. –Gioco della bottiglia ragazzi, tutti qui! – urlò poi, sedendosi sul divano. Senza obbiettare, pur pensando che questo fosse davvero un gioco idiota, eseguimmo i suoi ordini e lo imitammo, sedendoci alcuni sui divani e altri a terra, intorno al tavolo. –Allora, le regole sono sempre le stesse, si gira, chi esce, esce, niente storie. Là c'è lo sgabuzzino, cinque minuti di estasi per voi, poi si riprende il gioco. Iniziamo! – spiegò brevemente per poi dare il via al gioco. La prima a girare fu Eva. La bottiglia girava e girava, e sul suo viso la tensione si faceva sempre più visibile, come anche nella stanza. Tutti erano concentrati sul ruotare della bottiglia. C'era talmente tanto silenzio che si poteva sentire il rumore del vetro a contatto con il legno. Poi lentamente si fermò, bloccandosi definitivamente su Tom. La ragazza diventò rossa come un pomodoro e guardò il pavimento imbarazzata mentre dei sussurrii e delle isatine leggere si diffondevano per tutta la stanza. Tom, vedendo che se non fosse intervenuto la ragazza non si sarebbe mossa, la prese per mano, facendole coraggio sussurrandole qualcosa all'orecchio, e la portò nello sgabuzzino, tenendole una mano sulla schiena, fra applausi e fischi di tutti i presenti. Dopo che la porta si fu lentamente chiusa, la stanza si riempì di un leggero brusio, alimentato dal chiacchiericcio degli amici di Tom. Io non conoscevo praticamente nessuno lì, a parte Sebastian, Luca e quella vipera di Christina, e a nessuno sembrava importare di me, quindi rimasi in silenzio, facendo vagare lo sguardo un po' per tutta la stanza. La casa di Tom era veramente bella, arredata in stile antico con divanetti in velluto e mobili in legno intagliato. Sua madre doveva essere una donna di molta classe, che teneva all'arredamento. Il mio sguardo, dal lampadario in cristalli esageratamente grande che era appeso al soffitto, cadde su qualcosa di altrettanto piacevole da vedere. Mi accorsi in quel momento che Sebastian era solo, proprio come me, ma a differenza mia si distraeva con il telefono. Passai qualche minuto ad osservare la sua aria concentrata mentre digitava di tanto in tanto qualcosa sul cellulare, alternando qualche sorriso ad una smorfia strana. Probabilmente stava scrivendo ad una delle tante ragazze con cui si divertiva la sera. A distrarmi fu lo scattare della serratura dello sgabuzzino, su cui posai lo sguardo e da cui vidi i ragazzi uscire. La ragazza aveva le guance leggermente più arrossate di quando era entrata, mentre Tom uno scintillante sorriso e gli occhi puntati su Eva. La accompagnò, sempre con una mano sulla schiena, a sedersi accanto a me, e con un ultimo sorriso tornò al suo posto. Mi avvicinai all'orecchio di Eva, che con lo sguardo aveva seguito i movimenti del ragazzo. –Sembri felice. – le dissi sottovoce, per non farmi sentire dagli altri. Si voltò verso di me, che le sorrisi, e annuì sorridendo a sua volta. Dopo poco, richiamati dal padrone di casa, con un altro giro tornammo al gioco. Rimasi quasi tutto il tempo a fissare ragazzi e ragazze che si trovavano obbligati ad entrare in quel poco invitante sgabuzzino, fra le urla e le incitazioni di tutti gli altri. Mi sembrava quasi di non essere in mezzo a loro, che non mi vedessero. Persino Eva era riuscita ad ambientarsi e aveva iniziato a parlare con molti dei ragazzi presenti, spostandosi quindi dall'altra parte della stanza, seduta sulle gambe di Tom. Ero felice per lei, sapevo che in fondo le piaceva molto il ragazzo, ma avrei preferito che magari mi tenesse compagnia o almeno non mi lasciasse da sola. Dopo circa sei turni, in cui avevo fatto la bella statuina silenziosa, un giro di bottiglia decretò che toccava a me. Mi guardai in torno, trovando gli sguardi di tutti su di me, e titubante mi alzai, andando verso il tavolo. Mi ci inginocchiai davanti e, nel silenzio in cui era calata la stanza, girai la bottiglia, producendo un rumore sordo di vetro che striscia. I secondi che seguirono furono carichi di tensione, mentre gli occhi di tutti passavano dal collo della bottiglia al mio viso. Un ultimo giro. Trattenni il respiro mentre la bottiglia rallentava e si fermava su Sebastian. Il silenzio che già regnava nella stanza sembrò ancora più pesante, mentre lo sguardo dei presenti passava sul ragazzo. Con gli occhi seguii la traiettoria che indicava la bottiglia e incontrai gli occhi intensi di Sebastian, già fissi sul mio viso. Rimase immobile a guardarmi, senza fare niente, dalla sua espressione non trapelava nessuno stato d'animo. Senza dire una parola, sempre fissandomi negli occhi, si alzò, e con un gesto secco del mento mi incitò ad alzarmi e seguirlo. Così feci, mi alzai, e con me si alzò anche un fastidioso chiacchiericcio, alimentato probabilmente da Christina, che già mi guardava malissimo, sparlando con una sua amica. Distolsi lo sguardo dalla ragazza e seguii Sebastian nello stanzino buio, entrando subito dopo di lui, che chiuse la porta. Lo spazio stretto ed opprimente era per la maggior parte occupato da scope, un aspirapolvere e oggetti per pulire la casa, poggiati su delle mensole appese al muro. L'ambiente era angusto e talmente buio che vedevo appena la sagoma del ragazzo davanti a me, fissarmi ancora. Presi un respiro profondo, rilasciando poi l'aria. –Senti, a me non piace stare qui quanto non piace a te. – dissi sospirando. –Quindi prima mi baci e prima usciamo. – affermai, puntando un dito sul suo petto. Sentii il riverbero della sua risata vibrargli nel petto, contro il mio dito. –Chi ti dice che non mi piace stare qui con te? – obbiettò, scacciando il mio dito e incrociando le braccia al petto. Sbuffai una risata scettica, e lo guardai male, anche se lui non poteva vedermi. –Andiamo, non dire stronzate. Non ci credi neanche tu. Sprechi solo fiato. – sbottai, con un sopracciglio sollevato. Ridacchiò leggermente e con un gesto secco mi spinse contro la porta, tenendomi le mani sui fianchi. Sobbalzai per la velocità con cui compì la mossa e sgranai gli occhi. Sentii subito dopo la sua bocca appoggiarsi al mio collo, lasciando una scia di baci dalla mascella alla clavicola e risalendo. –Pensi ancora che non mi piaccia stare qui con te? – chiese, staccandosi dal mio collo giusto un secondo, prima di riprendere a baciarmi. Il mio stomaco si annodò non appena la sua bocca si posò sotto l'orecchio, un punto delicato per me. Una serie di brividi mi risalirono tutta la spina dorsale e sentii come una scarica elettrica infiammare ogni cellula del mio corpo. Il sangue confluì alle mie guance e mi sentii accaldare, diventando improvvisamente rossa. E quella tortura di baci era forse la più piacevole che mi avessero mai inflitto, e avrei voluto che non finisse mai, ma dovevo fermare tutto. Lui e il mio cuore, che aveva preso a battere all'impazzata, scontrandosi contro la mia gabbia toracica, improvvisamente più stretta. Portai le mani sulle sue spalle e lo spinsi leggermente indietro, incitandolo a staccarsi, mentre davo voce ai miei pensieri. –Penso che tu voglia solo portarmi a letto e aggiungermi alla lista delle tue conquiste. –

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now