17^

46.3K 2K 72
                                    

Mi svegliai sentendo i morbidi raggi del sole, coperti da un leggero strato di nuvole, accarezzarmi delicatamente la pelle del viso. Aprii gli occhi lentamente, prendendomela quanto più comoda potessi, intenzionata a godermi a pieno l'ultimo giorno di autonomia, prima di dover seguire il programma che ci aveva consegnato al professoressa e con loro visitare la città. Provai ad alzare le braccia per stiracchiarmi, e solo allora mi accorsi di essere stretta fra le braccia del ragazzo con cui condividevo la stanza, che ancora dormiva beatamente. Nella posizione in cui eravamo il suo petto aderiva completamente alla mia schiena e una delle sue braccia mi circondava il busto, impedendomi di muovermi anche di un solo centimetro. Provando a non svegliarlo, spostai lentamente il suo braccio e sfilai via dalla sua stretta, infilando un cuscino dove prima era il mio corpo. Mi stiracchiai, stendendo i muscoli intorpiditi di braccia e gambe, ma non appena mi alzai in piedi un doloroso mal di testa, causato probabilmente dal pianto della notte prima, mi fece emettere un lamento. Andai in bagno, sicura di aver portato con me delle pastiglie per il mal di testa e averle infilate nel mobiletto a specchio, dove effettivamente le trovai. Presi il flacone e distrattamente lo rovesciai nel lavandino e per terra. Sbuffai, esasperata dalle mia goffaggine, mentre il tintinnio delle pastiglie che rimbalzavano sul pavimento in legno del bagno mi rimbombava nella testa, aumentando solo il dolore. Mi abbassai per raccoglierle. –Che diavolo fai!? Non ti starai mica suicidando. – sbottò Sebastian, facendomi sussultare e di conseguenza sbattere la testa, già dolorante, contro la mensola dello specchio. Fino a pochi secondi prima stava dormendo, possibile che apparisse sempre nel momento meno opportuno? Mi portai una mano alla nuca e la massaggiai, arricciando le labbra per il dolore. –Si, mi stavo suicidando. Non vedo quale altra opzione ci possa essere. Figuriamoci se sopporterei una settimana con te. – sbottai, ironica, chiudendo con un gesto secco lo sportello del mobiletto, producendo un tonfo sordo che peggiorò il mio mal di testa. Mi guardò con le sopracciglia aggrottate e le labbra schiuse, come se davvero credesse alle mie parole. –Andiamo imbecille, stavo prendendo una pastiglia per il mal di testa. – dissi, afferrando una di quelle poche che cedendo nel lavandino si erano salvate e la mandai giù, raccogliendo le altre e rimettendole nel flacone. Solo a quel punto colse il sarcasmo nelle frasi precedenti e sospirò, ridacchiando. –Scorbutica stamane Rossi? – chiese, con un sorrisetto sghembo ad adornargli le labbra, mentre a braccia conserte mi guardava, appoggiato allo stipite della porta. –Abituatici Stark. – dissi, tornando a guardare lo stato pietoso in cui ero quella mattina. –La mattina odio il mondo. – continuai, per poi piegarmi e sciacquarmi il viso con dell'acqua fresca. Il ragazzo ridacchiò e si diresse al water, mentre io uscivo dal bagno, legandomi i capelli in una coda alta. Mi diressi all'armadio, per scegliere cosa metter quel giorno. Poco ma sicuro sarei rimasta in albergo. C'era una televisione, un letto e di sfuggita avevo notato un pianoforte, nella hall. Avrei sicuramente passato il pomeriggio a suonare, visto che era un po' che non lo facevo. Scelsi così un paio di semplici leggins e una delle svariate felpe che avevo portato in valigia, e indossai tutto, ripiegando la maglietta e il pantaloncino che usavo come pigiama. La suoneria del mio telefono mi interruppe mentre sistemavo il letto, ridotto ad un cumulo di lenzuola spiegazzate e messe alla rinfusa. Afferrai il cellulare, e una volta visto il mittente della chiamata, mi comparve un grande sorriso sulle labbra. –Andrea! Come stai? – chiesi al ragazzo, felicissima di sentirlo. –Bene. – rispose, con altrettanto entusiasmo. –Come va ad Amsterdam? – chiese poi. –Abbastanza bene, anche se mi mancate un po' tutti. – dissi, riferendomi a lui, ad Adam e ai miei genitori. –Sono solo pochi giorni, Chiara. Prima che tu te ne accorga sarai già di ritorno. – mi rassicurò con tono dolce. In certi casi mi ricordava molto Eva. –Si, hai ragione. – dissi, annuendo anche se non poteva vedermi. Andai a sedermi sul letto, appoggiandomi con la schiena alla testiera e incrociando le gambe sotto di me, mentre Sebastian rientrava nella stanza, in boxer. Gli feci segno di stare in silenzio, portando l'indice della mano libera alle labbra, mentre per un secondo mi concedevo il lusso di passare in rassegna il suo corpo con gli occhi. –L'importante è che ti diverta, intesi? – La voce di Andrea, dall'altra parte della linea, mi fece riprendere, e distolsi lo sguardo da Sebastian. –D'accordo. Ora devo andare, mi ha fatto piacere sentirti. – dissi, sorridendo ampiamente. –Anche a me. – Ci scambiammo gli ultimi saluti e chiuse la chiamata, lasciandomi a fissare lo schermo nero del telefono. –Chi era? – chiese il ragazzo, infilando un paio di jeans e una maglietta. –Un amico... - restai sul vago, appoggiano il telefono sul comodino e stendendomi sul letto. Sebastian si voltò verso di me, dopo aver infilato la maglietta e il pantalone che aveva indossato per dormire sotto al cuscino, e non appena notò il mio abbigliamento aggrottò le sopracciglia. –Esci così oggi? – mi chiese, indicandomi con un dito. –Non esco, non ne ho voglia. – Scrollai le spalle e chiusi gli occhi. –Cioè, è l'ultimo giorno libero che abbiamo e preferisci restare chiusa in albergo? – mi chiese, il tono sorpreso. Aprii un occhio e lo vidi fissarmi con le sopracciglia aggrottate e l'aria incredula. Rischiusi gli occhi e annuii, disinteressata. –Come ho detto non ho voglia di uscire. Eva starà tutto il giorno incollata a Tom, quindi non avrei comunque nessuno con cui stare, e figuriamoci se vado a visitare una città in cui non sono mai stata, da sola. – borbottai, svogliatamente. Il ragazzo sospirò, ma non disse altro. Certo, non mi aspettavo un "Potresti sempre passare la giornata con me", immaginavo avesse già preso impegni con Luca, o con qualche ragazza delle altre sezioni. –Come vuoi, ci vediamo a cena allora. – disse, e senza aggiungere altro uscì dalla stanza, lasciandomi sola. Già dopo la prima ora, passata a fare zapping fra i programmi televisivi, avevo iniziato a dubitare del fatto che restare in albergo quel giorno fosse stata una buona idea, così avevo deciso di scendere e andare a suonare quel bel pianoforte che c'era nella hall. Presi l'ascensore e scesi al piano terra, scendendo proprio nella sala principale dell'albergo. Appena ci misi piede una familiare chioma rosso rame attirò la mia attenzione. La ragazza della sera prima sembrava spaesata, mentre si guardava intorno a disagio. Un secondo dopo i suoi occhi chiari si posarono su di me, e vidi il suo viso illuminarsi, mentre a grandi falcate veniva verso di me. –Ciao, sono Becca, la ragazza di ieri sera, non so se ti ricordi. – mi rivolse un sorriso cordiale, leggermente imbarazzata. –Si, mi ricordo. Sono Chiara. – ricambiai il suo sorriso, presentandomi. –Io... - sembrò cercare le parole giuste da dire, mentre le sue guance si coloravano per l'imbarazzo. –Sono venuta per parlare con il ragazzo di ieri sera, quello con cui te ne sei andata. – disse timidamente, a disagio. –Volevo ringraziarlo. – aggiunse. Capii subito stesse parlando di Sebastian. –Sebastian ora non c'è, ma posso riferirgli il messaggio. – proposi. –Grazie, mi faresti un immenso favore. – disse, sorridendo. Tra noi calò un imbarazzante silenzio, durante il quale i nostri sguardi vagarono un po' ovunque, pur di non incrociare quello dell'altra –Era il tuo ragazzo, vero? – diedi voce ad un pensiero che da un po' mi ronzava in mente, non preoccupandomi di essere inopportuna. –Già, era. – annuì, abbassando lo sguardo abbattuta. –Mi dispiace tanto. – dissi sinceramente. Mi rivedevo molto in quella ragazza. –Abbiamo iniziato a litigare ieri sera, ed è venuto fuori che mi aveva già tradita altre volte, tra cui anche con la mia migliore amica. Se non fosse stato per il tuo amico non sarei nemmeno mai venuta a saperlo, e come una stupida sarei rimasta a farmi prendere in giro. – Si strinse nelle spalle, sospirando. Mi si strinse il cuore al pensiero. Mi chiedo come si possa ferire a tal punto i sentimenti di una persona, che con tutta la sincerità del mondo ti ama. Ero inorridita da ciò. Se il suo ragazzo non provava gli stessi sentimenti, o se almeno avesse avuto un briciolo di rispetto verso la ragazza, l'avrebbe lasciata, e solo dopo sarebbe andato a letto con altre ragazza, ma farlo nel mentre si aveva un'altra relazione, per di più con la migliore amica della proprio ragazza era imperdonabile. –Posso capire come ti senti, ci sono passata anch'io, ma dopo un po' passa, soprattutto se arriva la persona giusta a fartelo dimenticare. – le sorrisi, compassionevole. –E Sebastian è quello giusto, che ti ha fatto dimenticare il tuo ex? – chiese, recuperando il sorriso, probabilmente trovando la faccenda dolce o qualcosa di simile. Mi spiazzò con quella domanda, lasciandomi senza fiato e senza parole. Arrossii violentemente e mi sbrigai a negare, dissentendo con la testa. –No, certo che no. – ridacchiai, imbarazzata. Io e Sebastian fidanzati, che pazzia. Aggrottò le sopracciglia rossastre. –Ieri ha detto che eri la sua ragazza. – mi contraddisse, confusa. –No... cioè... - balbettai, mordendomi il labbro inferiore. Mi coprii il viso con le mani e sospirai. –Non so nemmeno se ci possiamo considerare amici io e lui. – risi, per nulla divertita. –È qualcosa di più complicato. – alzai le spalle, rassegnandomi al fatto che io e Sebastian non eravamo classificabili con niente, eravamo semplicemente io e lui. –Forse semplicemente è più di un'amicizia, ma non ancora amore. –

____________________
Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now