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SEBASTIAN POV'

-Appena arriva Marco mi devi mandare un messaggio e devi portarlo nella stanza di Chiara. Non farlo uscire per nessun motivo al mondo, intesi? – chiesi, tenendole le mani sulle spalle, mentre la guardavo dritta negli occhi. Lei annuì, leggermente perplessa per l'importanza che davo ad una cosa così semplice, e andò ad aspettarlo in sala d'attesa. Avevo passato tutta la notte in bianco. Verso le due del mattino, quando tutti avevano nuovamente preso sonno, ero tornato in camera di Chiara ed ero rimasto lì fino alle sei circa. Mi ero infilato nel letto accanto a lei ed avevo passato ore intere a guardarla, accarezzandole i capelli. Ero stato il più delicato possibile e avevo evitato meglio che potevo di scontrarmi con la sua spalla e con il collo, per evitare di farle del male e magari svegliarla. Con le prime luci del giorno avevo deciso di tornare in sala d'attesa e lì ancora tutti dormivano, tranne Eva, che si era svegliata da poco, con cui poi avevo sistemato alcuni dettagli del piano. Mi diressi verso l'entrata, alla reception, per chiedere se qualcuno avesse visto il dottore di Chiara e lo trovai accanto alla macchinetta del caffè, mentre ne beveva uno con dei documenti in mano. Nel frattempo, mentre mi dirigevo verso l'uomo, le grandi porte scorrevoli dell'ospedale si aprirono, rivelandone Federico. –Salve. – salutai l'uomo, guardando con la coda dell'occhio il ragazzo che era appena entrato. Ad ogni passo che faceva verso il corridoio, che conduceva alla sala d'attesa, sentivo l'ansia aumentare esponenzialmente. Dovevo sbrigarmi. Il medico si voltò verso di me e mi sorrise. –Salve signor Stark. – disse cordialmente, gettando via il bicchiere vuoto del caffè e chiudendo la cartella che teneva fra le mani. Tolse gli occhiali e li infilò nella tasca de camice, passandosi la mano libera fra i capelli brizzolati, prestandomi la sua totale attenzione. Con la coda dell'occhio, alle spalle dell'uomo, vidi Federico finire addosso ad un'infermiera, facendole cadere di mano dei fascicoli, che si sparpagliarono sul pavimento dell'atrio. Si chinò insieme alla ragazza per raccoglierli, ciò mi dava un po' di tempo in più per parlare al medico. –Sono venuto a chiederle un favore. – dissi, andando dritto al punto. Non aveva senso perdere altro tempo. –Ho bisogno che lei tenga Federico occupato per una ventina di minuti. – dissi di fretta, guardando alle sue spalle, assicurandomi che il ragazzo non avesse finito. L'uomo mi guardò confuso, ma vedendo la mia fretta e i miei occhi che sembravano implorarlo di acconsentire alla mia richiesta, annuì. –Va bene, mi inventerò qualcosa. – disse, leggermente titubante, e dopo un veloce saluto si diresse verso il ragazzo, distraendolo e portandolo in qualche modo dalla parte opposta dell'ospedale. Sentii il telefono vibrare nella tasca dei jeans, lo estrassi e lo schermo si illuminò per una notifica di messaggio. *Marco ed io siamo da Chiara. * C'era scritto. Bloccai lo schermo e rimisi il cellulare in tasca, mentre a passo svelto mi dirigevo verso la stanza di Chiara. Nel corridoio, stranamente deserto, rimbombavano i miei passi pesanti, che si confondevano fra il piacevole brusio proveniente dalle stanze che avevano le porte aperte. Arrivato davanti alla camera della ragazza mi guardai bene intorno, assicurandomi che non ci fosse nessuno nei dintorni, ed entrai. Mi chiusi bene la porta alle spalle e mi voltai verso gli altri che, a parte Eva, mi guardavano entrambi un po' spaesati. –Il dottore lo sta tenendo occupato, ma non abbiamo molto tempo. – dissi, rivolto ad Eva, che annuì e si voltò verso Chiara. La ragazza aveva perso l'espressione confusa, si limitava a guardarmi, ignorando l'amica, con quegli occhi marroni che splendevano solo per me. –Che ci fa lui qui? – chiese Marco, con tono duro, facendomi distogliere lo sguardo da Chiara, che neanche in quel momento sembrava decidersi a togliermi gli occhi di dosso, mentre il fratello mi fissava come se volesse polverizzarmi in quell'istante. –Ieri sera Sebastian è venuto mentre dormivi e ha visto il livido che hai sul collo. – iniziò Eva, attirando l'attenzione di tutti su di lei. A quelle parole Chiara sbarrò gli occhi e allarmata portò la mano destra al lato del collo, in un riflesso involontario. Suo fratello portò immediatamente gli occhi su di lei, scioccato, e la ragazza abbassò lo sguardo sul lenzuolo, probabilmente sentendosi colpevole, quando forse l'unica colpa che aveva era di non aver detto nulla a nessuno. –Non sapendo cosa fare è venuto a parlare con me, così gli ho raccontato tutto e ha trovato un modo per liberarci di Federico. Siamo qui appunto per questo. – spiegò brevemente, e la ragazza rialzò lo sguardo su di me, leggermente titubante. A quel punto Marco, rimasto in silenzio fino a quel momento, sbottò. –Ti ha picchiata? – urlò, in preda alla rabbia, aprendo le braccia esasperato. –Quel verme ti ha picchiata e tu non hai detto niente a nessuno? Ma che cavolo hai in testa Chiara? – rimproverò la sorella, inducendola a riabbassare lo sguardo sul lenzuolo. La vidi stringere il pugno destro, conficcandosi le unghie della mano nel palmo, forse per distrarsi dalle lacrime che stava tentando di trattenere. –Non avrebbe potuto parlarne con nessuno, senza di conseguenza fare un disastro. – dissi a quel punto io. Lo sguardo di Marco si puntò su di me e mi fulminò con gli occhi. –E tu che ne sai? – chiese, avvicinandosi in modo minaccioso, a testa alta e con il petto in fuori. Se così sperava di intimorirmi sbagliava di grosso. In quel momento l'unica cosa che mi preoccupava davvero era il tempo che stavamo sprecando perché lui doveva gonfiare il suo ego e tentare di umiliarmi davanti a sua sorella. Sbuffai e scossi la testa, passandomi pollice ed indice sugli occhi. –Senti, non abbiamo tempo da perdere. Puoi per un secondo mettere da parte l'orgoglio ed ascoltarmi? – chiesi esasperato. Il ragazzo sgranò gli occhi, probabilmente sorpreso dal fatto che non fossi minimamente intimorito da lui e dalle sue provocazioni. –Voglio almeno quanto lo vuoi tu liberarmi di Federico e ho trovato un modo per farlo. Me li concedi due minuti per spiegarmi? – sbottai, attirando anche l'attenzione di Chiara, che sorpresa dal mio tono alzò le sopracciglia. Il ragazzo davanti a me sospirò e si passò una mano fra i capelli, indietreggiando di qualche passo. Sembrava indeciso se negarmi anche l'opportunità di aiutare sua sorella oppure se lasciarmi parlare. Come ci riusciva, mi chiedevo. Neanche avendo tutto l'orgoglio del mondo io sarei riuscito ad essere indeciso su un fatto come questo. Sua sorella era maltrattata da un ragazzo, io avevo trovato un modo perché ciò avesse fine, ma nonostante ciò, visto che a lui non andavo a genio, doveva prendersi del tempo per pensare se lasciarmi il permesso di parlare e provare a risolvere la situazione o no. Assurdo. –Okay, vai avanti. – disse, rassegnato, come se per lui darmi quella soddisfazione fosse un peso. –Allora Chiara. – iniziai, attirando su di me la sua completa attenzione. –Appena uscirai di qui dovrai passare un pomeriggio con lui, a casa sua. Se non sarà lui a chiederti di farlo allora glielo chiederai tu. Fa come se nulla fosse; ridete, divertitevi... fingi di... - Iniziai a gesticolare impetuosamente con la mano destra. - ...esserne innamorata. – Solo a pronunciare quelle due parole avevo la nausea. Già l'idea che lei fosse a casa sua, senza nessuno che li controllasse, mi spaventava. Era riuscito a picchiarla in un ospedale affollato senza che nessuno se ne accorgesse, chissà lontano da occhi indiscreti cosa le avrebbe potuto fare. Che poi lei ci provasse anche con lui, comportandosi come si era comportata solo con me, quell'anno, era solo un motivo in più per stare in pensiero per lei. Sapevo fin da subito che avrei passato tutta la giornata con il telefono in mano, a torturarmi in attesa che mi mandasse un messaggio, dicendomi che era tuto sistemato. –Dopo poco arriverà anche Marco e lo dovrà tenere occupato per un po'. – dissi, rivolto a lui. –Ricorda che proverà in tutti i modi a non far vedere che Chiara è lì con lui, per pura della reazione che avresti, quindi parlerete fuori casa e molto probabilmente chiuderà la porta. – asserii serio. Poi spostai lo sguardo su Chiara, concentrandomi su di lei. –A quel punto tu andrai in camera sua e cercherai la chiavetta, il dischetto o qualsiasi cosa abbia. – gesticolai distrattamente. –Appena la trovi distruggila e assicurati che non ne abbia copie. Guarda nel suo computer e se trovi altre chiavette distruggi anche quelle. – dissi. Aprii la porta e mi sporsi a guardare verso l'esterno della stanza. Per fortuna di Federico non c'era ancora nessuna traccia, ma dovevo andar via prima di fare un casino io stesso, facendomi trovare lì. –Bene, io vado. – dissi e mi voltai, uscendo dalla stanza senza aggiungere altro. Più tempo stavo lì dentro, più possibilità avevo di rovinare tutto, e non era certamente ciò che volevo. Quello che volevo era essere lì mentre Chiara se ne andava, vederla sculettare via soddisfatta, felice, e allontanarsi per sempre da quell'uomo. Ma forse più di tutto, volevo vederla felice.

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now