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SEBASTIAN POV'

Arrivai alla gioielleria con dieci minuti di anticipo, trafelato e anche abbastanza in ansia. All'inizio, quando quella mattina avevo letto quello che Chiara aveva scritto a Tamara, non avevo ben capito cosa avesse in mente, soprattutto perché dai messaggi non specificava nulla; ma quando mi aveva spiegato bene cosa avremmo dovuto fare mi fu tutto molto più chiaro. Mi appoggiai alla facciata del negozio, passandomi le mani sui jeans, e presi un respiro profondo, per provare a placare il fiatone. Attraverso la porta guardai all'interno della gioielleria, vedendo Chiara parlare tranquillamente con mio zio, il proprietario, e ridere. La sua idea era talmente strana che quando me l'aveva spiegata credevo scherzasse, ma il fatto che fosse di cattivo umore, quella mattina, avrebbe dovuto già farmi capire che non fosse decisamente in vena di fare battute. Non so come sarei riuscito a mettere in piedi quella farsa e sembrare credibile, e una cosa era certa, avendo davanti una persona che mi disgustava all'indicibile sarebbe stato ancora più difficile. Sarei dovuto sembrare agitato, e su questo versante della questione non c'erano problemi, non lo ero mi stato tanto; ma dovevo anche fare in modo che non si vedesse il palese disprezzo che provavo per Tamara. Chiara si voltò improvvisamente nella mia direzione e mi sorrise, alzando il pollice, segno che mio zio aveva accettato di reggerci il gioco. Mi mandò un bacio volante, a cui risposi con un occhiolino, provando a camuffare per un secondo l'ansia, e con un'ultima occhiata si voltò, dirigendosi in un angolo appartato del negozio, per non farsi vedere da Tamara quando sarebbe arrivata. E parlando del diavolo. Vidi la ragazza svoltare l'angolo e venire nella mia direzione. Non appena entrai nel suo campo visivo mi sorrise e mi salutò con una mano, agitandola leggermente. A quel punto, mano a mano che lei si avvicinava, la tensione si faceva sempre più forte, e sentivo il cuore pulsarmi nella gola. La mia mente era invasa da pensieri come: E se capisse tutto? E se non riuscissi a nascondere che preferirei essere in Cina piuttosto che starle vicino? E se sudassi tanto da puzzare come un asino? Mi sforzai di sorridere, ma ero sicuro che quello sulla mia faccia sembrasse più una smorfia isterica che un vero e proprio sorriso, e che fosse anche abbastanza inquietante. La ragazza, appunto, aggrottò le sopracciglia, sempre con un sorriso stampato in viso, e si appoggiò le mani sul pancione, accarezzandolo sopra l'aderente cappotto. A quell'immagine mi vennero i brividi. Mi chiesi come potesse davvero fingere di essere incinta pur di stare con qualcuno e soprattutto quali potessero essere le motivazioni, oltre alla pazzia, che l'avessero spinta a farlo. Era proprio da maniaci e il solo pensiero mi faceva accapponare la pelle. Quando fu abbastanza vicina mi appoggiò una mano sulla spalla, reggendosi, e si alzò sulle punte, lasciandomi un delicato bacio sulla guancia, facendo accidentalmente appoggiare il robusto pancione contro il mio addome. Quando le sue labbra rimasero più del dovuto sulla mia pelle, dovetti far appello ad una forza divina per non spingerla via in malo modo e scaraventarla dall'altro lato della strada. Non solo perché trovavo la sua presenza a dir poco sgradevole, ma anche perché sentivo lo sguardo di Chiara bruciarmi sul viso, e se già quella mattina aveva quasi picchiato una ragazza per avermi toccato il braccio, non volevo immaginare cosa avrebbe fatto per un bacio, soprattutto visto che non era ancora molto di buon umore. Quando la ragazza si staccò da me, con un sorriso raggiante sulle labbra, la incitai ad entrare nel negozio, aprendole la porta. Non ero sicuro che avesse capito cosa intendessi fare, lì, né perché l'avessi chiamata, ma teoricamente se non se l'aspettava dava più l'idea di una sorpresa e meno di una montatura studiata per vendetta, il che dava una valida giustificazione alla mia ansia, che non sembrava troppo sospetta. Ci avvicinammo al bancone e non appena i gioielli contenuti nella vetrinetta entrarono nel suo campo visivo vidi i suoi occhi illuminarsi di luce propria. Li sgranò tanto che mi chiesi come potessero non scivolarle dalle orbite, e successivamente li riportò su di me, stupita. A quel punto la causa del mio sorriso fu l'ilarità di quel momento. A parte il fatto che ci stava cascando come una pera, esattamente mi chiesi cosa credesse che avremmo fatto in una gioielleria, se non comprare, appunto, gioielli. Eppure sembrava così stupita. -Vorrei vedere dei brillanti di fidanzamento. - dissi, rivolto a mio zio, ma continuando a guardare lei negli occhi, con lo sguardo più ammaliante di cui fossi capace in quel momento. Impresa abbastanza ardua visto che sentivo un irrefrenabile voglia di sputarle in un occhio. A quelle mie parole portò le mani alla bocca, del tutto incredula, e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. Forse per la commozione. Era sconcertante come non si aspettasse che le avrei chiesto di sposarmi, considerando che nei messaggi Chiara aveva menzionato più volte il passare il resto della vita insieme e creare una famiglia. La cosa mi stupiva. I successivi trenta minuti, in cui mio zio aveva deciso di lasciarci un po' di privacy per scegliere con calma, li passammo a discorrere su quale anello le donasse di più, e ad ogni uno che si provava la vedevo sospirare, sognante, innamorata della luce che si rifletteva in quei diamanti così belli. Inutile dire che mentre lei li provava tutti, vuotando interi espositori, io stessi fantasticando su quale sarebbe stato meglio a Chiara, che ci guardava di sottecchi, tentando di non farsi vedere, dall'altra parte della stanza. E avevo trovato subito quello perfetto. Non appena l'avevo immaginato al suo dito avevo sentito una stretta allo stomaco e capito che fosse quello giusto. Non era troppo vistoso, anzi, quasi affatto. L'anello in se era di finissimo oro bianco ed aveva dei piccoli diamanti incastonati nella parte superiore, che lo facevano brillare come una distesa di stelle nel cielo. Era così bello, nella sua semplicità, e non potei fare a meno di pensare che la rispecchiasse perfettamente. Per questo avrei poi detto di tenermelo da parte. Il prezzo non era un problema, i soldi effettivamente non mancavano alla mia famiglia, ed essendo appunto mio zio proprietario ero certo che mi avrebbe fatto un prezzo di favore. -Sebastian, che ne dici di questo? - mi chiese la ragazza, porgendomi la mano per mostrarmi l'enorme diamante che aveva indossato. Sgranai gli occhi, sorpreso dalla scelta davvero poco modesta, ma mi costrinsi a forzare un sorriso, tentando di camuffare il disappunto. Mi stava deliberatamente mentendo da giorni, poteva avere un minimo di rispetto nei miei confronti ed evitare di farmi spendere quanto avrei speso per comprare un appartamento in città. Mi sembrava il minimo. -Ti sta benissimo. - annuii, tentando di sembrare convincente. In realtà mi chiedevo come riuscisse a sollevare la mano con quel diamante enorme, ma tentai di non pensarci troppo, o sarei finto per scoppiare a riderle in faccia, cosa che avevo già rischiato di fare due volte. Estasiata, se lo tolse e lo riappoggiò sull'espositore, facendo per provarne un altro, ma ero perfettamente consapevole che lei già avesse scelto quello, lo vedevo da come lo guardava e da come avesse ostentato nel riappoggiarlo. Per questo la bloccai, non appena ne prese un altro, e presi le sue mani nelle mie, tenendole entrambe con una sola. I suoi occhi si fissarono nei miei, abbastanza confusi dal mio gesto, ma non fece resistenza e anzi, stette immobile a guardarmi, aspettandosi probabilmente che le dessi una spiegazione. A quel punto, con un sospiro silenzioso, mi inginocchiai davanti a lei e con l'unica mano libera che mi rimaneva afferrai l'anello che aveva appena messo giù, girandomelo fra le dita. Il suo viso era il ritratto dello stupore e ancora non mi capacitavo di come potesse essere sorpresa, visto che avevamo passato mezz'ora a scegliere un anello per lei. La bocca schiusa, piegata in un sorriso, e gli occhi colmi di gioia, brillavano, mentre osservava la mia mano fra le sue, mentre nell'altra tenevo l'unica cosa che voleva davvero. Uno stupidissimo anello, che poteva anche avere il diamante più grande che avessi mai visto, ma in realtà non valeva niente, esattamente come la ragazza che avevo davanti. -Non so bene cosa dire, in realtà. - iniziai e a quel punto vidi Chiara farsi avanti, venendo verso di noi, posizionandosi poco dietro a Tamara, troppo persa a vivere il suo sogno malato per accorgersene. -E non penso ci sia nemmeno molto da dire. - continuai. Non mi sarei buttato a capofitto in una dichiarazione d'amore finta quanto quel pancione, né avrei sprecato ulteriore tempo per farle un discorso sdolcinato solo per chiederle di sposarla. -Semplicemente... - dissi e Chiara affiancò la ragazza, con un meraviglioso sorriso cucito sulle labbra. Un sorriso talmente radioso che trasformò quello falso che avevo poco prima in uno fin troppo reale. -Chiara, mi vuoi sposare? - mi rivolsi alla ragazza, voltandomi verso di lei. Lasciai le mani di Tamara, che ricaddero verso il basso, mentre afferravo quella che mi aveva appena porto Chiara. Le accarezzai il dorso della mano con il pollice, mentre facevo scorrere l'anello attorno al suo dito, che le entrò alla perfezione e -Si, lo voglio. - disse, con una meravigliosa luce negli occhi, talmente intensa da illuminare l'intera stanza. Al suono di quelle parole una scarica elettrica mi percorse tutto il corpo, incendiando ogni cellula. La semplicità e la sincerità con cui aveva pronunciato quella frase mi fece provare una scossa al cuore, che lo fece battere più forte, tanto che ebbi paura che potesse balzarmi fuori dal petto da un momento all'altro. Sembrava tutto così reale... sembrava che lo desiderasse realmente. Scattai in piedi e la baciai come non avevo mai fatto prima di quel momento. Era come baciarla per la prima volta, come se il fremito che provavo ogni volta fosse più intenso, come se questa volta la sensazione del petto che si restringe fosse amplificata. Mi era quasi impossibile spiegare quanto amassi sentire le sue mani appoggiate al mio addome, in quel momento, e il suo corpo così vicino, né tutte le piccole cose che provavo quando le sue labbra incontravano le mie, incastrandosi perfettamente. L'unica cosa che potevo dire era che mi sentivo euforico, leggero, felice come lo ero stato poche volte. E ancora una volta mi stupivo di quanto potessi amarla. Le accarezzai la guancia con i polpastrelli, spostandole delle piccole ciocche di capelli fin dietro l'orecchio, e mi allontanai appena dal suo viso, aprendo gli occhi, che subito incontrarono i suoi, di un caldo marrone. Mi fu impossibile trattenere un sorriso, quando vidi quello che già era fisso sulle labbra della mia ragazza e fui quasi tentato di baciarla di nuovo. L'avrei anche fatto, se non mi fossi ricordato di qualche piccolo particolare. Quella non era una vera proposta di matrimonio e noi non eravamo soli, c'era Tamara lì con noi, ed eravamo lì per un motivo ben preciso, vendicarci, non farci smancerie. Misi un braccio attorno alle spalle di Chiara, mentre lei mi abbracciava la vita, e ci voltammo entrambi a guardare Tamara, che aveva un'espressione sconvolta. Gli occhi colmi di lacrime dalla rabbia, sbarrati, e le labbra semi aperte, da cui uscivano suoni strani, come gemiti strozzati. Teneva le mani sul finto pancione e il busto leggermente piegato in avanti. -Cosa significa questo? Eh? Dimmi che cazzo significa. - sbottò, alzando le mani in aria. Il suo tono risultò talmente acuto che vidi mio zio uscire dal magazzino, rientrando nella sala, forse allarmato dalle urla. Chiara, accortasi anche lei della preoccupazione dell'uomo, gli rivolse un sorriso e gli fece un gesto per lasciare intendere che andasse tutto bene. Io intanto, mentre lui e Chiara intraprendevano una sorte di strana conversazione a gesti, tornai a voltarmi vero Tamara. Le lacrime le scendevano sfregiandole il viso, creando righe nere di ombretto colato, come se piangesse carbone. -Questo significa che ho scoperto tutto. So del bambino finto, quel pancione è falso. - dissi, e l'umiliante sensazione di essere stato preso in giro tornò a farsi sentire sempre più forte. Chiara a quel punto, forse più preoccupata per me che per mio zio, mi strinse la mano sul fianco, come per farmi capire che era lì con me. Ma io non staccavo gli occhi dalla ragazza davanti a me. Con quelle parole la lasciai a bocca aperta, incapace di dire altro. Abbassò gli occhi, e fece scivolare via le mani dalla pancia, che ricaddero lungo i suoi fianchi. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia, dopo quello che aveva fatto, e faceva bene, perché avrei tanto voluto sputarle addosso. Come aveva potuto ridursi così alla sua età, mi chiedevo. -Non voglio sapere perché tu l'abbia fatto, non mi importa, voglio solo che tu te ne vada ed esca dalla mia vita per sempre. Cancella il mio numero, so che eri tu a chiamarmi con il numero privato, dimentica il mio indirizzo di casa, cancellami dalla tua vita e dai tuoi ricordi. Non ti voglio mai più rivedere. Sono serio Tamara, se continuerai a darmi fastidio chiamerò la polizia e ti denuncerò per moleste sessuali. E quelle chiamate non giocheranno a tuo favore. Dalla seconda in poi ho iniziato a registrarle. - l'avvertii, stufo marcio di quella situazione. Prima si toglieva di torno, meglio era per tutti. Quella storia era andata avanti fin troppo e io non ne volevo sapere più niente. La ragazza rialzò il viso per l'ultima volta, facendomi vedere perfettamente i suoi occhi colmi di lacrime e il viso deformato in una smorfia di dolore, e senza aggiungere una parola si diresse all'uscita del negozio, scappando via. Avevo aspettato tanto che succedesse, che lei uscisse dalla mia vita. Ma in quel momento, per assurdo, un po' mi sentivo in colpa.

***

-Toglimi una curiosità. Come hai avuto quest'idea della proposta di matrimonio? - le chiesi, voltandomi verso di lei, fermo ad un semaforo rosso. Scosse la testa leggermente e si voltò verso di me, come se poco prima si fosse incantata a fissare qualcosa davanti a lei. Una volta usciti dal negozio ed essere entrati in macchina non avevamo più parlato molto. Eravamo probabilmente entrambi un po' scossi da quello che era successo poco prima e non c'era molta allegria nell'aria. In realtà non c'era molta allegria già da quella mattina. Mi sembrava assurdo che la discussione con il padre avesse potuto infastidirla tanto e rendere quella giornata così pesante. Non mi sembrava vero. Soprattutto perché, dopo tutto, poco prima che incontrassimo i suoi genitori, in cucina, stavamo piuttosto bene. Ma forse era stato più un insieme di cose, che semplicemente quello. Se per esempio non avesse discusso anche con quella ragazza, quando eravamo arrivati a scuola, forse entro le prima due ore di lezione un po' si sarebbe rasserenata, e la giornata sarebbe andata avanti con molta più leggerezza. -Beh, il suo obbiettivo era probabilmente stare con te e sposarti. Quindi cosa c'è di peggio che vedere il ragazzo che ami fare la proposta di matrimonio ad un'altra ragazza, mentre pensi che la stia facendo a te? - mi rispose, stringendosi nelle spalle, come se fosse ovvio. Strabuzzai gli occhi, incredulo. Effettivamente non era niente male come piano di vendetta, ed aveva sortito il risultato che speravo. Forse ora Tamara mi avrebbe lasciato in pace. -Tu invece? Hai già in mente cosa farai a Jo? - mi chiese, con tono monocorde, voltandosi nuovamente davanti a se, ad osservare la strada. Era strano vederla così seria, solitamente sorrideva sempre quando era con me. Era spensierata, leggera, divertente. Quasi non la riconoscevo. Le avevo comprato l'anello alla fine. Le avevo detto di andare a mettere in moto l'auto, cosa che aveva fatto senza nemmeno fiatare, né guardarmi negli occhi, e avevo approfittato di quel momento. Ma sinceramente non me la sentivo di darglielo quel giorno, se stava così male. Era una giornataccia, questo era abbastanza palese, e non ero sicuro che un regalo gliel'avrebbe migliorata poi tanto. Quindi avrei aspettato un'altra occasione, così che fosse stata in grado di apprezzare quel dono fino in fondo, ed ero certo che avrebbe condiviso la mia scelta, preferendo anche lei questa mia decisione. -Sinceramente sono punto a capo. Non ho idea di cosa fare. - risposi e scattò il semaforo verde, incitandomi a ripartire. E avrei dovuto immaginare che le grane non sarebbero finite semplicemente sistemando Tamara. Avrei dovuto pensare a lui, ora.

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Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now