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-Cosa diavolo ha fatto?! È impazzito per caso? Non è che era fatto o ubriaco, sapeva da alcool o da fumo? – La ragazza mi guardò esterrefatta, aprendo le braccia per enfatizzare la sua reazione. –No, se fosse stato fatto o ubriaco non mi sarei nemmeno preoccupata, invece mi ha baciata... e poi tutto il discorso e io... io non so che fare. Non voglio che le cose cambino fra noi. Io voglio il mio migliore amico, nient'altro. Capisci? Cosa dovrei fare adesso? – ero seduta sull'orlo del letto, con la testa fra le mani ed Eva al mio fianco. Mi prese la mano, stringendola nella sua e portandola sul suo grembo. A quel punto alzai la testa e la guardai negli occhi. –Allora, ascoltami, tu fai finta di niente e vedi cosa fa lui. Magari evitalo per un po'. Di certo non vi farà male stare un po' lontani, avete entrambi bisogno di pensare. – constatò. –Però devo chiederti una cosa. – fece una piccola pausa. –Adam ti piace? – il suo sguardo era serio e penetrante, quasi volesse leggermi l'anima. –No. – dissi secca, dissentendo con la tesa. –Okay. Tu fa come ti ho detto. Ora vado a casa, è tardi. Dormi, ci vediamo domani. – mi baciò sulla guancia e dopo esserci scambiate un breve saluto se ne andò. Addormentarmi non fu semplice. Mi rigirai più e più volte nel letto. Rimasi sveglia a pensare fino a quando gli occhi non mi si chiusero da soli.

-Ti amo, Chiara. – sussurrò Sebastian, mentre mi baciava il collo con brama. Scese a baciarmi la clavicola per poi risalire fino alla mascella e al lobo dell'orecchio, lasciandomi baci umidi e qualche morso qua e là. Era così terribilmente bello ed eccitante. Mi afferrò dai fianchi e mi staccò dal muro per poi buttarmi sul letto. Si mise a cavalcioni su di me e iniziò a sfilarmi la maglia per baciarmi il seno. Mi tolse i pantaloni e scese con i baci, sulla pancia, sulle cosce. Tornò a baciarmi le labbra con più passione, finendo col mordermi il labbro inferiore. Gli sfilai la maglia e i pantaloni e mi soffermai a guardare i suoi addominali tonici. Li accarezzai e lo stesso feci con i suoi pettorali perfetti e i muscoli delle braccia. Era così tremendamente perfetto, e io stavo baciando tutta quella perfezione. Era tutto mio, mio e solo mio. –Ti amo anch'io Sebastian. – dissi sorridendo, per poi lasciargli un bacio casto sulle labbra. –Anche io. – una voce maschile arrivò da dietro di lui, era così familiare. Sebastian si alzò in piedi, facendomi provare una sensazione di vuoto, si girò dandomi le spalle e iniziò a strusciarsi e baciare... Adam.

Mi svegliai di soprassalto, tutta sudata. Mi alzai seduta e portai una mano al petto, fradicio. Era solo un sogno, anzi, un incubo. Svogliatamente passai una mano sul viso e sospirai. Mi alzai dal letto, ancora un po' frastornata, e andai in bagno per farmi una doccia. Mentre ero sotto il getto d'acqua fredda, tutte le immagini di quell'orrendo incubo mi tornarono in mente, impossessandosi della mia mente. Ero andata a farmi un bagno per spazzare via quei pensieri e invece avevo solo peggiorato la situazione. Uscii dalla doccia, avvolgendomi in un asciugamano. Asciugai i capelli, lasciandoli lisci, mi truccai come ogni giorno e mi vestii. Mentre scendevo le scale pensai di andare a fare colazione al bar, così da distrarmi un po'. Uscii di casa, ma uscita dal vialetto, sul marciapiede, mi ricordai di una cosa. –Il telefono. – dissi e mi schiaffeggiai la fronte con la mano, alzando gli occhi al cielo. Tornai indietro fino alla porta e cercai le chiavi nello... –Maledizione, lo zaino. – La porta era chiusa, non avevo né le chiavi né il telefono. D'un tratto ebbi un'illuminazione. La finestra della cucina era sempre aperta. Mi spostai verso il lato destro della casa, appoggiai le mani sul davanzale, facendo leva con il piede in un piccolo portavasi in legno, e mi arrampicai. Proprio mentre stavo scavalcando il davanzale una voce alle mie spalle mi distrasse e caddi. –Ma che diavolo stai facendo? – sbottò il ragazzo, aggrottando le sopracciglia. –Se mi aiuti entro in cucina, grazie. – dissi in tono seccato, voltandomi verso di lui e guardandolo male. –Aspetta che ti aiuto. – disse con un sorrisetto malizioso sulle labbra e sguardo furbo. Non capii il senso di quel sorriso fin quando mi prese le gambe da dietro e mi alzò fino alla finestra. Diventai paonazza. Da una parte il fatto che mi stesse con la faccia appiccicata al sedere era un vantaggio, almeno non vedeva il mio colorito da peperone sentendo il suo respiro proprio li. Appoggiai ancora le mani sul davanzale e con una spinta entrai. Andai in camera mia, preparai lo zaino e raccolsi le mie cose. Ormai erano le 7:50, potevo scordarmi di andare a fare colazione al bar. Mi girai e trovai Sebastian sulla porta, appoggiato allo stipite. –Che ci fai qui? – chiesi confusa, aggrottando le sopracciglia. Cinque minuti prima era fuori casa, non ricordavo che mi avesse seguita dentro. –Prego tesoro. – disse sarcastico, con un sorrisetto sghembo tutt'altro che rassicurante. –Grazie, e ora esci. Siamo in ritardo. – dissi, cercando di essere meno acida possibile, cosa che non mi riuscì molto bene. –Ti va di saltare la prima ora? Abbiamo italiano, dai, andiamo dove vuoi. – disse, mantenendo il sorrisetto sghembo che aveva piazzato qualche minuto prima. –Neanche per sogno. – sbottai esasperata. Perché sarei dovuta andare con lui? Sapevo come sarebbe finita. E c'era un letto di mezzo. –Allora restiamo qui. – ora aveva uno sguardo malizioso. Sembrava lo facesse apposta. –Allora andiamo dove vuoi. – dissi, probabilmente dando l'idea che avrei fatto di tutto pur di non restare da sola con lui e con un letto nei paraggi. Lui si diresse verso esso e ci si buttò a peso, incrociando le braccia dietro la testa. Poi, con tono tremendamente sexy, disse –Perché non vuoi restare qui? Hai forse paura di non resistermi e di saltarmi addosso vero? – alzai un sopracciglio. –Certo, perché io non faccio altro che pensare a te e a saltarti addosso appena ne ho l'occasione. – risposi acida e sarcastica, incrociando le braccia al petto e spostando il peso del corpo su una gamba sola. Si alzò e mi si avvicinò lentamente, guardandomi tanto intensamente da farmi accelerare il battito cardiaco. Più fra di noi la distanza diminuiva più mi irrigidivo, sentendomi tremendamente a disagio. Inaspettatamente mi caricò in spalla di peso, facendomi emettere un gridolino di sorpresa, e mi buttò sul letto. –Era un po'... vuoto. Ora va molto meglio. –disse e si stese vicino a me, per poi farmi l'occhiolino. Persi un battito e sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco per il modo in cui mi guardava, steso accanto a me, con la testa affondata nel mio cuscino. La luce del sole che incontrava i suoi occhi li rendeva ancora più chiari e cristallini, quasi fossero ghiaccio. –Penso che dovremmo andare. – Provai ad alzarmi, ma mi bloccò, mettendo una delle sue gambe sopra le mie. –Dove pensi di andare tesoro? Con te non ho ancora finito. – mi voltai verso di lui. Grande errore. Si avvicinava sempre di più e io indietreggiavo.

SEBASTIAN POV'

Mi avvicinavo sempre di più e lei indietreggiava. La presi come una scommessa personale, sarei riuscito a portarmela a letto, prima o poi. Perché lei non cadeva ai miei piedi come le altre? Forse perché non è come tutte le altre, ha un cervello. Mi ricordò la mia coscienza. La ignorai, pur sapendo che aveva ragione, e mi concentrai su Chiara e sulla voglia di baciarla che avevo in quel momento. L'avrei fatto se lei non fosse caduta dal letto, trascinandomi giù con lei. Mi trovai a cavalcioni sul suo bacino, il viso a pochi centimetri dal suo. Spostò gli occhi nei miei e mi guardò, aveva il fiatone a causa dello spavento. –Adesso dobbiamo davvero andare, è tardi. – disse, spingendomi via e facendomi stendere dov'era lei, poco prima che si alzasse. Mi arresi, sbuffando, e dopo aver raccolto le nostre cose andammo a scuola. Eravamo fuori dal portone della scuola e stavamo parlando, sorprendentemente senza che ci scannassimo a vicenda, anzi era una chiacchierata anche piuttosto piacevole a dirla tutta. Mentre aspettavamo che la campanella suonasse, per entrare alla seconda ora, Adam le si avvicinò. Le mise un braccio intorno ai fianchi e le disse –Hei tesoro, come stai? – guardando prima lei in modo dolce e poi me come se volesse uccidermi, con un sopracciglio alzato e le labbra serrate. Le diede un bacio sulla guancia, sorridendole calorosamente, e mi dovetti sforzare per non stenderlo con un pugno. –Adam, che... che fai qui? – chiese la ragazza, palesemente imbarazzata. Gli rivolse un sorriso tirato, che avrebbe notato anche un sasso, e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, nervosa. –Ho saltato la prima ora, avevo una visita medica. – disse il ragazzo, con occhi solo per lei. Le sorrise e fece finta di non notare l'imbarazzo della ragazza, che però aveva visto benissimo. –E questo, che ci fa con te? – chiese poi, spostando lo sguardo su di me, guardandomi in modo altezzoso. Ma si era visto almeno? Qui era lui il plebeo. Ci scambiammo sguardi di fuoco per qualche minuto, mentre Chiara ci guardava preoccupata. Dopo un'altra frecciatina, che mi fece contrarre tutti i muscoli, ero pronto a saltargli addosso, ma lei mi bloccò, mettendomisi davanti. –Ti spiegherò. – disse rivolta al ragazzo, mettendogli le mani sul petto, e gli diede un bacio sulla guancia, guardandolo da sotto le folte ciglia. –Okay, ci vediamo. – acconsentì sospirando. Mi lanciò un occhiataccia, che ricambiai, e se ne andò via. Lei si voltò verso di me, esalando un respiro profondo che da fin troppo tempo stava trattenendo. –Bruciamo? – chiese, piazzandosi sulle labbra un sorrisino. –Bruciamo. – dissi, ricambiando il sorriso. Afferrai il suo polso e iniziammo a correre come dei forsennati fino alla fine della strada, prendendoci per il culo e urlando. –Vieni con me. Voglio portarti in un posto speciale. – mi guardò negli occhi, confusa. –Dove? – chiese incuriosita, riducendo gli occhi a due minuscole fessure, come se volesse leggermi dentro. –È un segreto. – ammiccai. Afferrai ancora il suo braccio, riprendendo a correre, e dopo pochi minuti arrivammo. –Come mai qui? – chiese, col fiatone a causa della corsa. Si piegò, appoggiando le mani alle ginocchia, e riprese fiato. –Ci venivamo da piccoli, non ti ricordi? Quando litigavo con i miei, mi nascondevo qui, e se non sapevi dove ero venivi, e mi trovavi sempre. – ricordai e non riuscii a sopprimere uno stupido sorriso ebete. Mi ignorò, e iniziò a camminare e guardarsi intorno, persa in quel posto, o nei ricordi. Restammo seduti sulle rotaie, a parlare, scherzare e ridere, come due vecchi amici che non si vedevano da tempo, per ore e ore.

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Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//


"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now