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SEBASTIAN POV'

Stavo andando in un'aula vuota che ogni tanto usavo per ballare. Il fisico non si allenava da solo e se volevo mantenermi in forma dovevo pur far qualcosa. La danza era un ottimo modo per tenere i muscoli tonici quando non si aveva il tempo di andare in palestra e non era così male come molti pensavano. Passando davanti ad un'aula sentii della musica bellissima. Non riuscii a resistere. Preso dalla curiosità, me soprattutto dalla musica, in un secondo mi trovai appoggiato allo stipite della porta, praticamente ipnotizzato. Neanche un secondo dopo la musica finì, lasciandomi terribilmente insoddisfatto. Aprii gli occhi e mi accorsi di chi stava suonando, cosa a cui prima non avevo nemmeno fatto caso. Rimasi letteralmente a bocca aperta nel trovare proprio lei, l'ultima persona che mi sarei aspettato, seduta su quello sgabello, davanti allo strumento. Sapevo suonasse il piano, alle elementari suonava ai saggi, ma non sapevo suonasse così bene. Iniziai a battere le mani, attirando così la sua attenzione. Si irrigidì appena e lentamente si voltò verso di me, strisciando sullo sgabello. Aveva un'espressione sbalordita, le sopracciglia aggrottate e le labbra socchiuse. -S-Sebastian, che ci fai tu qui? - balbettò imbarazzata, arrossendo a vista d'occhio. Sembrava andare a fuoco. Ero troppo orgoglioso per ammettere che se ero lì era solo perché suonava in modo fantastico, quindi mi limitai a dire - Ho sentito qualcuno che suonava ed ero curioso, tutto qui. - scrollando le spalle. -Comunque devo dire davvero niente male bambolina. Brava, vedo che negli anni sei migliorata. Un po' in tutto, va detto anche questo. - sollevai un lato delle labbra in un sorrisetto malizioso, che di solito ammaliava tutte le ragazze e faceva perdere la testa a molte. Ma nulla, il suo viso era impassibile, anzi, riuscivo a vedere anche un pizzico di disgustato nella sua espressione. Ne rimasi deluso, infondo, ma forse me lo sarei dovuto aspettare. - Uno, non penso proprio di essere la tua bambolina, quindi non chiamarmi così. - disse infastidita, alzando il pollice, tenendo il conto sulle dita. -E due, tu che ci fai qui di pomeriggio? Non mi risulta che tu frequenti qualche corso. - indagò guardandomi in un modo strano. Non mi ero mai accorto che arricciava il naso quando era infastidita, era un gesto tenero. - Sono venuto qui per...beh.... - mi passai una mano fra i capelli, nervoso, portando indietro il ciuffo nero, in cerca di una scusa credibile da rifilarle. Pensa Sebastian. Mi ripetevo, ma il mio cervello non collaborava. Spazientita per l'attesa disse -Allora? Sei venuto qui per...? - mi incitò a parlare, aggrottando le sopracciglia confusa. Non potevo dirle che usavo una delle aule messe a disposizione dalla scuola per ballare. Di sicuro avrebbe colto l'occasione di vendicarsi, raccontandolo a tutti. Immaginavo già le voci che sarebbero girate fra le persone "Il bad boy della scuola è diventato frocio e gioca a fare il ballerino con il tutù e le scarpette a punta." Avevo una reputazione da mantenere, non potevo farmela rovinare così. Misi in moto il cervello, e con il tono più convincente che riuscii a fare misi insieme una frase a caso. -Sono venuto a trovare... Tom che... che è ad... allenamento di basket. - scampata per un pelo, cazzo. Pensai fra me e me. Fece una faccia poco convinta, riducendo gli occhi a due fessure e premendo le labbra fra loro. -Okay. Allora vai da Tom, perché sei ancora qui? - detto ciò si voltò e riprese a suonare, ignorandomi. Dal suo tono deluso sapevo che non era la risposta che sperava. Sotto, sotto, sapevo che lei sperava ancora che tornassi sui miei passi e tentassi di ricostruire la nostra vecchia amicizia, ma non era possibile. Erano cambiate molte cose da quando avevo chiuso il nostro rapporto. Io ero cambiato. Anche il tipo di persone che frequentavo non era più lo stesso e di certo lei non rientrava nella categoria. Certo, non mi piaceva trattarla in quel modo, a volte mi sentivo in colpa, ma ormai ci ero abituato, più o meno. Rimasi ancora qualche secondo lì, ad osservare le sue mani delicate muoversi sui tasti e ad ascoltare la musica che ne creavano. Mi voltai anche io, uscendo dalla stanza per poi entrare in quella accanto. Accesi la luce, chiusi le persiane della finestra che dava sul giardino di fronte alla scuola, così che nessuno mi potesse vedere, e iniziai a muovermi, seguendo il ritmo del pianoforte che proveniva dalla stanza accanto, fermandomi e iniziando quando la musica. Dopo qualche ora, in cui la musica si interrompeva sempre più frequentemente, facendo pause sempre più lunghe, ma le canzoni diventavano sempre più belle, smise di suonare e io smisi di ballare. Avevo il fiatone e i muscoli bruciavano, per non parlare dei piedi che pulsavano. Avevo ballato moltissimo in quelle poche ore ed ero fuori esercizio. Aspettai qualche minuto, per assicurarmi che se ne andasse, e intanto colsi l'occasione per riposare un po', stendendomi a terra e facendo respiri profondi. Passati una decina di minuti, convinto che se ne fosse andata, mi diressi verso il piccolo stereo che avevo comprato l'anno prima, sopra il quale c'era uno specchio che avevo portato da casa, e accesi la musica a tutto volume, riprendendo a muovermi.

"Come aeroplanini di carta"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora