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Sentii qualcuno inginocchiarsi dietro di me e due braccia forti stringermi a se. La sua testa si appoggiò sulla mia schiena e un sospiro gli fuoriuscì dalle labbra. A quel punto un singhiozzo che stavo tentando di trattenere da molto mi uscì involontariamente, rimbombando fra le pareti della stanzetta. Mi voltai verso di lui, scorrendo fra le sue braccia, e gliele gettai al collo, appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre la sua presa su di me si intensificava. Ritrovarmi dopo molto in quell'abbraccio familiare fu un sollievo indescrivibile. –Piccola. – disse Luca, facendo scorrere una mano su e giù sulla mia schiena, in un gesto che avrebbe dovuto darmi conforto. E mi fu impossibile non desiderare che quello fosse Sebastian e non lui, che quel nomignolo fosse stato pronunciato dal mio ex e non da Luca. Perché per quanto mi sentissi stupida ad ammetterlo, avevo bisogno di lui. –Mi dispiace tanto, non capisco cosa gli sia preso, non si era più comportato così da quando... da quando siete tornati amici. – continuò, rammaricato. Non mi ci volle molto per capire che stesse parlando di Sebastian, a quel punto. Non si era più comportato da puttaniere da quando avevamo ricostruito la nostra amicizia, è vero, e a maggior ragione questo mi straniva. Perché cambiare così drasticamente? Cosa lo aveva spinto a tornare quello di una volta? Forse si sentiva ferito e con quelle azioni voleva ferire me, per farmi capire quanto lui stesse male; O forse semplicemente lo stava facendo per dimenticarmi. Sospirai, con la testa colma di domande confuse, che non mi davano pace, e il ragazzo mi allontanò di poco da se, per poter prendere il mio viso fra le mani e asciugarmi le lacrime. –Non gli lascerò fare il coglione e farti soffrire così, va bene? – promise. Tirai su con il naso e annuii, guardandolo con gratitudine. Ero fortunata ad avere persone come lui che mi volevano un bene dell'anima. Ci alzammo da terra e andammo a sederci su una delle panche appoggiate al muro, aspettando che mi calmassi prima di tornare in palestra. Una volta seduti appoggiai la testa sulla sua spalla, mentre lui mi accarezzava il ginocchio con una mano, e mi feci cullare dal rumore rilassante del suo respiro, mentre a mia volta prendevo respiri profondi per mandare via definitivamente il pianto. Non volevo immaginare come fosse ridotto il mio viso. Mi ero truccata per nascondere i miei sentimenti dietro il fondotinta, pensando che magari se fossi sembrata più curata la gente non si sarebbe accorta che non stavo poi così bene come normalmente tentavo di dare a vedere. Ma con la scenata di poco prima ormai non aveva più senso far finta, penso che tutti avessero notato che non stavo bene affatto. Ad interrompere i miei pensieri fu un ragazzo che si precipitò rapidamente nello spogliatoio, ripetendo ad alta voce il mio nome, con il fiatone ed aria allarmata. Il tono tutt'altro che calmo faceva sembrare ancora più marcato il suo accento tendenzialmente inglese, il quale mi fece correre un brivido lungo la schiena. Aggrottai le sopracciglia in direzione di Jo, non appena i suoi occhi furono nei miei, non riuscendo a spiegarmi tutta quella sua ansia e soprattutto la sua presenza nello spogliatoio femminile. Lui non frequentava la mia classe, quindi in quel momento sarebbe dovuto essere a lezione e non in palestra. –Oh santo dio. – sospirò, appoggiandosi una mano sul petto e prendendo un respiro profondo, sembrando già notevolmente più rilassato di pochi secondi prima. Fece due passi nella nostra direzione e a mano a mano che si avvicinava le sue spalle si rilassarono. –Pensavo stessi peggio, mi hanno fatto preoccupare così tanto. – esclamò, una volta arrivato davanti a noi, piegandosi in avanti e appoggiando le mani alle ginocchia, per reggersi mentre riprendeva fiato. –Cosa ci fai qui? – chiesi a quel punto, sempre più confusa. Come faceva a sapere che stavo male, chi lo aveva "fatto preoccupare"? –Il professore mi ha mandato a chiamare dicendo che stavi molto male. Pensavo, che ne so, che fossi svenuta o che avessi iniziato a spruzzare vomito come un idrante. – disse, gesticolando in modo buffissimo, ma nonostante la sua preoccupazione fosse davvero esilarante, mi fu impossibile ridere. Non appena alzò lo sguardo nel mio, e notò i miei occhi rossi, capì che c'era davvero qualcosa che non andava, e che anche se non stavo male fisicamente, emotivamente mi sentivo malissimo. Nel suo sguardo tornò quella vena di preoccupazione, mentre i suoi occhi si addolcivano. –Che succede? Hai pianto? – mi chiese e venne a sedersi accanto a me, appoggiandomi una mano sulla spalla. Visto che feci passare qualche secondo prima di provare a rispondergli, impaziente lui spostò lo sguardo oltre di me. –Che cosa le è successo? – si rivolse a Luca, che subito fece per aprire bocca e parlare. Sospirai e mi passai una mano sul viso. –Nulla di... di importante. – precedetti il ragazzo accanto a me, zittendolo. –Ho visto Sebastian baciare un'altra ragazza e mi è venuto da piangere. – borbottai, mordendomi l'interno della guancia, mentre tentavo di mettere su un sorriso quanto meno credibile. Non avevo alcuna voglia di sentire Jo sparare a zero offese su Sebastian, quindi non gli raccontai ciò che era successo veramente, anche perché avrebbe potuto picchiarlo, questa volta. In più non mi sembrava il caso di spiegargli cosa stesse facendo con le mani negli slip di quella ragazza. –La stava solo baciando? – chiese allora, aggrottando le sopracciglia, forse pensando che la mia reazione fosse un tantino esagerata per un solo bacio. Magari fosse stato solo un bacio. Mi ritrovai a pensare. –Sì... - sussurrai, abbassando lo sguardo sul pavimento, e sentii la mano di Luca stringersi attorno al mio ginocchio, sapendo benissimo che stavo mentendo. Mi voltai verso di lui, trovandolo con le sopracciglia aggrottate, e con gli occhi lo pregai di starsene zitto e reggermi il gioco, gli avrei spiegato dopo perché. Sospirò e distolse lo sguardo, cosa che feci anche io per riportarlo in quello confuso di Jo. –Ne sei sicura? – mi chiese, con titubanza, per nulla convinto dalle mie parole. Annuii e mi sforzai di allargare il sorriso, rendendolo più credibile di quanto immaginassi. –Sì, ci sono solo rimasta un po' male. Non c'è bisogno che tu ti preoccupi, torna pure in classe, ora mi lavo il viso e torno anche io in palestra. – lo rassicurai, alzandomi in piedi. Mi stupii persino io di esser stata in grado di mentirgli fissandolo negli occhi, senza finire per confessare la bugia. Il ragazzo annuì, non so se convinto delle mie parole o semplicemente se avesse capito che tanto non gli avrei detto niente, e fece per avviarsi alla porta, ma si bloccò appena prima di uscire. –Ah, io, tua madre e i gemelli non saremo a casa oggi pomeriggio. Dobbiamo sistemare delle carte per non so cosa. Qualcosa di noioso sicuramente. – disse, gesticolando svogliatamente, e dopo un ultimo saluto si congedò, uscendo dalla stanza. Sospirai e finalmente mi tolsi dal viso quel sorriso falsissimo. –Allora? – mi chiese Luca, facendomi voltare verso di lui, che ancora stava seduto sulla panca. –Perché non gli hai detto come sono andate davvero le cose? – continuò confuso, aggrottando le sopracciglia. Mi passai per la seconda volta le mani sul viso e sospirai, trovandomi a pensare di non averlo mai fatto tanto quanto in quel giorno. –Sai anche tu come sarebbe andata a finire se lo avessi fatto. – esordii. Avrebbe sicuramente picchiato Sebastian, e lo avrebbe fatto davanti a tutti, finendo così per farsi sospendere se non peggio espellere. –Non voglio che gli faccia nel male. – affermai poi, abbassando gli occhi sui miei piedi. In fin dei conti tutta quella storia era solo colpa mia, non di Sebastian. Quindi che venisse picchiato non sarebbe stato giusto, e non lo sarebbe stato in ogni caso. Al sospiro di Luca seguirono le sue braccia che si ancorarono al mio corpo, stringendomi a lui. –Sei troppo buona Chiara. – mormorò, appoggiando il mento sulla mia testa. Se fossi stata troppo buona mi sarei fatta andare bene che Sebastian stesse per diventare padre e sarei rimasta con lui. Invece l'ho abbandonato, senza pensare che magari fosse un momento difficile anche per lui. –Luca, puoi farmi un favore? – chiesi, staccandomi dall'abbraccio. Il ragazzo mi guardò ed annuì, aggrottando le sopracciglia. –Stagli accanto. – lo pregai. Annuì e sorrise, sfregandomi il braccio con una mano in un gesto affettuoso. –Ci proverò, te lo prometto. – garantì, e non potei che sentirmi sollevata da quella piccola promessa, mentre un leggero sorriso prese forma sulle mie labbra. Questa volta sincero. –Andiamo? – mi chiese, indicando con la testa la porta, ma io negai con il capo, dissentendo, avviandomi invece verso il bagno. –Volevo darmi una sistemata prima di uscire. – spiegai, mentre mi seguiva verso il piccolo bagno in fondo alla stanza, stringendomi nelle spalle. Una volta arrivati presi della carta igienica ed iniziai a passarmela sul viso, per togliere i residui del trucco scioltosi a causa del pianto. –Deve essere successo qualcosa perché sia cambiato così. – sbottò Luca, pensando ad alta voce. Mi voltai e lo trovai con le braccia incrociate al petto ed una mano al mento, appoggiato allo stipite della porta. –Non so proprio cosa pensare, sinceramente. – intervenni, voltandomi di nuovo verso lo specchio. Avevo fatto un errore enorme a mettere la matita per gli occhi, era colata tanto da arrivare a sporcarmi le guance. –Ricordi quel giorno in cui il prof ti ha cacciata dall'aula? – mi chiese e io annuii, un po' confusa, non capendo dove volesse andare a parare con quella domanda. –Che hai fatto quando sei uscita? – continuò. Ci pensai su un secondo, facendo mente locale per ricordare. –Sono uscita sulle scale anti incendio, lì mi ha raggiunta Jo e abbiamo parlato. – dissi solo, con una scrollata di spalle. –Parlato? Niente di più? – chiese scettico, aggrottando le sopracciglia. Gettai via la carta e mi appoggiai al lavandino, sforzandomi di ricordare se ci fosse altro. –Oh! Mi ha anche tolto una ciglia dall'occhio. – esclamai, non appena quel particolare mi balenò in mente, anche se non era poi tanto importante. Mi guardò in modo strano, sollevando un sopracciglio. –Mi spieghi come quest'informazione mi possa venire utile? – chiese il ragazzo, scuotendo la testa divertito. Al che alzai le spalle, non avendo idea di cosa dire, e tornai a guardarmi allo specchio, per controllare che i segni del pianto fossero spariti tutti. –Perché mi fai queste domande? – chiesi, dando voce ad un pensiero che mi girava in testa da qualche secondo. –Perché ha iniziato a comportarsi in modo strano da quando l'hanno cacciato dalla classe, appena dopo di te, quindi mi chiedevo se magari le due cose fossero legate. – Ci pensai su per un po', riflettendo attentamente sulle sue parole, ma come per tutto il resto, arrivai all'unica conclusione che nulla sembrava più avere un senso, in quella storia.

***

L'ora di ginnastica passò senza problemi. Quando rientrai in palestra tutti stavano facendo i loro esercizi e nessuno fece più caso a me, limitandosi a lanciarmi occhiatine di sottecchi, di cui mi accorsi quasi immediatamente. Il professore provò a chiedermi un paio di volte cosa mi fosse preso e perché fossi scappata via piangendo in quel modo, preoccupato oltre misura a mio parere, ma dopo la seconda volta che mi rifiutai di parlare lasciò correre, lasciandomi in pace per il resto della lezione. Una volta terminate anche le ultime ore, finalmente potei tirare un sospiro di sollievo e uscire da quella scuola, non stando quasi nella pelle all'idea di tornarmene a casa. Forse quella era stata la giornata più stressante e brutta da quando io e Sebastian avevamo rotto. In due settimane non avevo mai desiderato tanto di tornare a casa e buttarmi sotto le coperte a dormire. –Chiara, è quella Tamara? – mi chiese Eva, mentre scendevamo le gradinate che portavano al cortile, indicandomi con la testa la direzione in cui guardare. Voltai il viso nella direzione del parcheggio, posto davanti alla scuola, esattamente dall'altra parte della strada, ed effettivamente riuscii benissimo a vedere la ragazza accanto all'auto nera di Sebastian, mentre si teneva il pancione con le mani, probabilmente aspettando il ragazzo. –Sì, è lei. – dissi seccamente, distogliendo lo sguardo dalla sua pancia, e proseguii per la mia strada, sperando che Eva non mi chiedesse altri dettagli su di lei. Non avevo alcuna intenzione di mettermi a parlare di Tamara dopo la giornataccia che avevo avuto. Uscimmo dal portone, superando il cortile e la folla di studenti che si era accalcata proprio lì davanti, e ci dirigemmo lentamente verso casa mia. Durante gran parte del tragitto regnò un piacevole silenzio, interrotto solo da qualche tuono, mentre il cielo sopra di noi si faceva sempre più scuro, annunciando pioggia. –Ti va di fare qualcosa oggi pomeriggio? – proposi, pensando che un po' di svago non mi avrebbe fatto altro che bene. Magari avremmo potuto guardare un film a casa mia o andare in un bar a bere qualcosa di caldo, visto che il tempo non prometteva nulla di buono. –Oggi pomeriggio devo sbrigare delle commissioni per mia madre, mi dispiace. – disse, rammaricata, ma con un sorriso ed una scrollata di spalle le feci capire che andava bene lo stesso, ci saremmo organizzate per un altro giorno, magari. Arrivate davanti casa mia le prime gocce di pioggia iniziarono a scendere, bagnando l'asfalto freddo sotto ai nostri piedi, e nell'aria iniziò a diffondersi quel piacevole odore di pioggia, tipico di quella stagione. Ci salutammo con un rapido abbraccio e io entrai in casa, riuscendo ad evitare di bagnarmi troppo. Per fortuna Eva aveva un ombrello con se. Levai il cappotto e lo appesi all'entrata, infilando nella sua tasca anche la sciarpa che avevo appoggiato attorno al collo. A casa non c'era nessuno. Jo, mia madre e i gemelli erano usciti come mi aveva detto il primo, mentre mio padre era sicuramente a lavoro, come al solito. Di Marco non tenevo nemmeno più conto, passava così tanto tempo fuori casa che non sembrava nemmeno più abitare da noi, quindi diedi per scontato che non ci fosse nemmeno lui. Salii le scale svogliatamente, fermandomi prima in cucina per farmi un panino per pranzo, e una volta arrivata in camera mi stesi a letto, restando a mangiare e a guardare la pioggia fuori dalla finestra, le cui note mi cullarono per ore.

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Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

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