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Quella mattina mi svegliai aggrappata al braccio di Luca, mentre lo stringevo possessivamente. Appena aprii gli occhi lo vidi, intento a guardarmi, con un sorriso dolce stampato sulle labbra e gli occhi gonfi e stanchi di chi si è svegliato da poco. Mi staccai, lasciando il suo braccio, e mi stiracchiai. –Allora, come sono come peluches? – chiese, accennando ad una risata. –Buona vigilia anche a te. – iniziai. –Comunque sei molto comodo. – affermai, sorridendo pigramente. –Mi fa piacere. – disse, alzandosi dal letto e stiracchiandosi a sua volta. Vidi i muscoli della sua schiena contrarsi, oltre il sottile strato di tessuto della t-shirt aderente. –Ma invece non mi piace vederti così. Si vede e si è sentito che hai pianto ieri, e ti posso assicurare che non è piaciuto a nessuno. Soprattutto a Sebastian. Si è torturato le mani per tutta la cena. – Si voltò verso di me e piegò leggermente la testa verso destra, mettendo le mani sui fianchi, guardandomi con sguardo indagatore. –Che ti ha fatto? – chiese, assottigliando gli occhi. Abbassai lo sguardo e sospirai, passandomi una mano sul viso. Ero combattuta, come troppo spesso mi accadeva in quel periodo. Non sapevo se parlare con Luca di Sebastian o no. Cosa gli avrei raccontato poi, se non sapevo nemmeno io cosa provavo? Anche se forse parlare con lui mi avrebbe aiutato a chiarirmi le idee. Mi decisi allora che parlare, fosse la cosa più intelligente da fare, ma prima che potessi iniziare, mi interruppe. –Ti va se ti porto a fare un giro in centro? Così mi racconti meglio e con più calma cosa sta succedendo, mentre ci prendiamo una cosa. – propose, sistemando le coperte dalla sua parte del letto. –Va bene. – accettai, alzandomi a mia volta e andando verso l'armadio, a prendere alcuni vestiti. Presi un paio di jeans e un maglioncino in lana, per non morire di freddo, una volta usciti di casa. Appena uscii dalla stanza, diretta in bagno per cambiarmi, andai a sbattere contro qualcuno, per poi cadere rovinosamente a terra di culo, non prima di aver sbattuto la spalla contro il muro. Sebastian era davanti a me, senza maglia e con i capelli scompigliati, in tutta la sua bellezza. Mi tese la mani, per aiutarmi ad alzare, con un sorriso enorme stampato sulle labbra, come se la sera prima non avessimo discusso animatamente. Scacciai le sue mani, rifiutando il suo aiuto, mi alzai e andai in bagno, ignorandolo. Ero ancora arrabbiata con lui e avevo un'irrefrenabile voglia di tirargli uno schiaffo in faccia, attaccarlo al muro e baciarlo. Maledetta me. Sfilai pigramente il pigiama e indossai gli indumenti che avevo scelto, con gesti lenti e meccanici, ancora assonata. Lavai il viso con dell'acqua fresca, per eliminare gli aloni delle lacrime della notte prima, che avevano lasciato delle orrende scie opache sulla pelle del viso, e misi un filo di mascara, giusto per non essere del tutto senza trucco. Uscii dal bagno, spegnendo la luce e chiudendo la porta, e mi avviai in camera da letto, a prendere la borsa. Misi dentro il necessario. Fazzoletti, telefono e cuffie, nel caso in cui Luca decidesse di lasciarmi sola, per andare a divertirsi con qualche ragazza. Uscii dalla stanza e mi diressi in salone, dove trovai Luca e Sebastian litigare, mentre Tom provava a dividerli, mettendosi fra loro, ed Eva era alle sue spalle, appoggiandoci sopra le mani, l'espressione a dir poco disperata mentre probabilmente pregava il suo ragazzo di stare attento, di lasciare che se la sbrigassero da soli. Le loro urla mi impietrirono, all'inizio del corridoio, mi bloccai a guardarli, incapace di fare qualsiasi cosa. Probabilmente sarei dovuta andare a dividerli, ad aiutare Tom che rischiava di prendersi botte a sua volta, ma la curiosità che provavo mi spingeva a restare ad ascoltarli, senza essere vista, per capire il motivo del litigio, nonostante fossero solo parolacce ed insulti le parole che uscivano dalla loro bocca. Ad un certo punto Sebastian, in un impeto di rabbia, prese Luca per il collo della felpa e lo gettò al muro violentemente, sussurrandogli all'orecchio forse l'unica parola diversa da una parolaccia in tutto quel tempo, che però, sfortunatamente, non capii. Gli occhi di Luca si posarono sul mio viso, incontrando presto i miei, e Sebastian, vedendolo perso a guardare oltre il suo corpo, si voltò, guardandomi a sua volta. Il ragazzo si scrollò di dosso Sebastian, approfittando della sua distrazione per spingerlo via, e venne verso di me. –Andiamocene. – sussurrò a denti stretti, i muscoli tesi e la mascella contratta, mentre faceva movimenti meccanici. Prese la giacca dall'attaccapanni, accanto alla porta, stessa cosa che feci io, e uscimmo di casa, sotto gli occhi di tutti. Non appena fummo fuori, la brezza gelida mattutina si imbatté sul mio viso, facendomi provare un fastidioso brivido lungo la schiena, che si irradiò poi per tutto il resto del corpo. Il tragitto verso il centro di quella cittadina fu a piedi e non volò una mosca per tutto il tempo. Volevo lasciargli il tempo di sbollire la rabbia e di calmarsi, ma devo ammettere che in qualche occasione gli sarei saltata addosso tartassandolo di domande, per capire cosa fosse successo fra quei due di così grave da portarli quasi a mettersi le mani addosso. Entrammo in un bar, un posto carino ed accogliente, con dei tavolini bianchi e arredamento minimale, in cui dominavano i colori pastello, delicati ma luminosi. Mentre Luca prendeva posto ad un tavolo, io andai al bancone, togliendomi il giubbotto, per ordinare qualcosa di caldo da bere. –Due cioccolate calde, per favore. – dissi alla barista, che appena mi vide mi rivolse un cordiale sorriso. –Arrivano subito, ve le porto al tavolo. – esordì gentilmente la ragazza. Mi congedai con un sorriso, e tornai al tavolo, dove Luca mi aspettava, fissando la gente che passeggiava fuori, tranquilla, senza problemi. Passarono minuti, senza che nemmeno mi rivolgesse uno sguardo, mentre in silenzio fissava la strada, tormentato dai pensieri. La rabbia che prima accendeva i suoi occhi, aveva lasciato il posto ad una strana scintilla, un qualcosa che non fui in grado di identificare. Fu allora che mi decisi a parlare, stanca di quell'assordante silenzio che metteva malinconia. –Luca, che ti succede? Stai così per quello che è successo prima? – gli chiesi, tendendo la mano verso di lui, sul tavolo, e appoggiandola sul suo polso. Lentamente si voltò, puntando gli occhi sulla mia mano, e solo dopo nei miei. –Abbiamo litigato. Tutto qui. – tentò di sminuire, mentre torturava i lembi di una bustina di zucchero. Sospirai. –No Luca, non è tutto qui. – In quel momento arrivò la cameriera, che ci portò le cioccolate al tavolo e si congedò con un sorriso. Il ragazzo, non appena la ragazza se ne fu andata, sospirò rassegnato e si decise a parlare. –Cosa vuoi sapere? – chiese, guardando la sua bevanda e facendo ruotare la tazza trasparente su se stessa. –Voglio sapere perché avete litigato. – dissi, prendendo un sorso della mia cioccolata, tenendo gli occhi fissi sul suo viso, in attesa che ricambiasse il mio sguardo. –Per te. – disse, con un filo di voce, esitando un po'. La cioccolata mi andò di traverso, bloccandomisi in gola, e iniziai a tossire, attirando finalmente il suo sguardo sul mio viso, mentre quasi soffocavo. Tentai di ricompormi. Per quale motivo avrebbero dovuto litigare per me? –Per me? – chiesi, la voce più stridula del normale. –Si, per te. – affermò, guardandomi negli occhi per un secondo, prima di riabbassare lo sguardo e continuare a parlare. –Subito dopo essere uscita dalla camera, per andare in bagno, sono uscito anch'io e sono andato in cucina. Lì ho trovato Christina con una mano sul culo di Sebastian...

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now