11^

57.4K 2.2K 80
                                    

-Voi due. In piedi o farete tardi a scuola. – la voce di mio padre, alle nostre spalle, mi fece trasalire e sentii fermare il respiro del ragazzo accanto a me. –C-ciao papà. – balbettai sbiancando, presa alla sprovvista. Mi staccai immediatamente da Adam e mi alzai in piedi, ricomponendomi e riacquistando un contegno. –Mi spiegherai tutto stasera, signorina. – disse, guardandomi duramente. Già il fatto che mi avesse chiamata signorina mi lasciava intendere quanto gli avesse dato fastidio trovarmi in quelle circostanze con un ragazzo. –Certo. – risposi, sospirando. Adam, fino a pochi secondi prima ancora spaesato, si alzò, sfregandosi gli occhi con pollice e indice, e recuperò la felpa dal bracciolo del divano su cui ci eravamo addormentati. –Arrivederci signor Rossi. – disse, abbastanza a disagio, mentre le sue guance prendevano una sfumatura più rosata. Mi rivolse uno sguardo incomprensibile e uscì di casa alla velocità della luce, sotto lo sguardo inquisitorio di mio padre. Io e lui eravamo migliori amici da quando andavamo alle elementari, essendo stati sempre in classe insieme, fino alle superiori, quando lo avevano spostato in un'altra sezione, ma mio padre non aveva mai capito come un ragazzo e una ragazza potessero avere una così forte amicizia e condividere tante cose senza stare insieme. Cosa su cui ultimamente, dati gli ultimi fatti, dubitavo anch'io. Io avevo sempre visto Adam semplicemente come un amico, ma a quanto pare, già da molto tempo, per lui ero ben altro che un amica e questo mi faceva seriamente dubitare sull'esistenza della semplice amicizia fra ragazzo e ragazza. –Allora, che facevate voi due? – La voce di mio padre mi destò dai miei pensieri e mi resi conto di essere rimasta a fissare la porta, mentre ovviamente lui fissava me. –Niente, come sempre. – sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Mi guardò scettico, sollevano un sopracciglio. –E allora perché eravate accoccolati sul divano come due fidanzatini? – Dio, che uomo testardo era. Odiavo questo suo lato protettivo e geloso. –Stavamo guardando un film e ci siamo addormentati. Tutto qui. Lo sai che è il mio migliore amico. È come un fratello per me. Dio, sono undici anni che siamo amici e ancora non hai capito che fra noi non ci sarà mai nulla di più? – Aprii le braccia esasperata. Sospirò, abbassando lo sguardo. –Va bene, voglio fidarmi. – disse combattuto, e se ne andò senza aggiungere altro. Salii in camera e mi preparai per un'altra giornata di tortura. La scuola non finiva mai.

***

–Stasera devo uscire con Luca, mi devi aiutare a scegliere come vestirmi, come truccarmi e come mettere i capelli. – dissi, in preda al panico, fra le mani due abiti completamente diversi fra loro. Eva, che era stesa sul mio letto a scrivere sul PC, alzò gli occhi su di me e si portò una mano al mento, intrappolandolo fra pollice e indice, mentre con aria pensierosa esaminava i due vestiti fra le mie mani. –Metti il vesto nero. – iniziò, indicando l'abito nella mia mano destra. Detto ciò non mi ci vollero più di un paio di secondi per recepire l'informazione e lasciar scivolare via dalle mie mani l'abito blu elettrico che settimane prima aveva indossato lei. –Sciogli i capelli e fai dei boccoli, poi metti eye-liner e il rossetto rosso, ma prima di tutto vai a lavarti! Muoviti che sono le sette, non ce la farai mai altrimenti. – annuii con un gesto secco del mento e andai a farmi una doccia, spendendo il minor tempo possibile, ma ottimizzando il lavoro. Appena uscii dal bagno Eva iniziò ad asciugarmi i capelli e ad acconciarli, facendoli ricadere lungo la mia schiena in boccoli perfetti. Poi passò al trucco: mi disegnò una finissima linea di eye-liner e aggiunse un po' di mascara, così da far sembrare i miei occhi più sottili e da risaltare il colore marrone cioccolata, poi mi mise una matita rosso acceso sulle labbra e aggiunse un lucido dello stesso colore. Faticai ad entrare nell'abito, trovandolo un po' stretto sui fianchi, ma con l'aiuto di Eva riuscii a scivolarci dentro. Visto che le temperature si erano leggermente abbassati, essendo agli inizi di ottobre, Eva aveva avuto la fantastica idea di scegliere, fra i due vestiti, quello con le maniche a tre quarti, in modo da essere più coperta, in ogni caso. Era anche più lungo, arrivando fino al ginocchio, ma tremendamente stretto e scomodo, tanto che pensai di cambiarlo. –Wow sei una bomba! – disse Eva, sgranando gli occhi quando mi voltai verso di lei. –Tu pensi? – chiesi titubante, guardandomi allo specchio e passando le mani sul tessuto che soffocava le mie cosce. –Sono certa che a Luca verrà un infarto appena ti vedrà. – disse, sorridendomi maliziosamente e facendomi un occhiolino. La guardai male, intuendo a cosa stesse pensando, cosa che però la portò solo a ridere, alzando le mani in segno di resa e indietreggiando. –Ora devo andare, o mia madre si preoccuperà. Tu va là e stendili tutti. Intesi? – chiese, raccogliendo la borsa da terra e rivolgendomi uno sguardo convinto. –Intesi. – risposi, ancora leggermente titubante. Mi diede un bacio sulla guancia, rivolgendomi un ultimo saluto, e uscì dalla stanza, lasciandomi sola. Devo essere sincera, avevo anche pensato di presentarmi in jeans e felpa, ma dopo averci pensato meglio ero arrivata alla conclusione che in una discoteca sarei forse stata l'unica ragazza a non indossare un abito e quindi avevo cambiato idea. Scesi in cucina a mangiare qualcosa prima che arrivasse Luca. Mi aveva detto che sarebbe venuto a prendermi un'ora prima, cioè intorno alle dieci, perché ci voleva tempo ad arrivare al locale e ormai erano le nove e mezzo, quindi non avevo abbastanza tempo per ordinare una pizza, così rinunciai all'idea di mangiare e mi limitai a ritoccare il trucco. Qualcuno bussò alla porta, facendomi sobbalzare per la forza delle percussioni. Andai ad aprire, sospirando, e mi trovai Sebastian davanti agli occhi. Aspettandomi Luca rimasi sorpresa nel vedere un paio di occhi blu al posto dei semplici occhi neri del ragazzo, e infatti aggrottai quasi immediatamente le sopracciglia, confusa. –Wow. – dal suo canto fu l'unica cosa che disse, concedendosi del tempo per far vagare spudoratamente lo sguardo sul mio corpo, cosa che inaspettatamente apprezzai, anche se mi imbarazzò. –Che ci fai qui? –chiesi confusa. –Luca ci aspetta in macchina. Visto che non avevo niente da fare stasera mi ha chiesto se venivo. Spero tu non abbia niente in contrario. – Si passò una mano fra i capelli neri, sistemando il suo ciuffo naturale all'indietro, rendendolo perfetto. Sospirai, combattuta. Speravo veramente di passare una serata solo con Luca, ma a quanto pare non sarebbe stato così. –Okay. Andiamo. – Presi la borsa e uscimmo di casa, fermandomi per chiudere a chiave prima di seguirlo in auto. Sfortunatamente dovetti anche sedermi sui sedili posteriori, con Sebastian, perché su quelli anteriori c'erano Tom e Luca. Fantastico ero l'unica ragazza e l'unica minorenne, una meraviglia. –Che schianto! – esclamò Luca, guardandomi dallo specchietto retrovisore. Colta alla sprovvista dal suo complimento, pensando che non si fosse nemmeno accorto del fatto che ero salita in auto, arrossii violentemente, diventando un pomodoro che cammina. –Ce ne sono di meglio. – sussurrai, sempre più imbarazzata, abbassando lo sguardo al tappetino sotto i miei piedi. Ridacchiò, mettendo in moto. –Attenta, potrebbero saltarti addosso molti ragazzi. – Abbandonando un po' di tensione mi lasciai andare ad una risata, dissentendo con la testa. –Ne dubito fortemente. – Sentii gli occhi del ragazzo accanto a me ancora puntati sul mio viso, ma non mi voltai.

"Come aeroplanini di carta"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora