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Mancavano dieci minuti al suono della campanella e il cortile era già colmo di studenti. La notte passata in ospedale, a piangere accanto ad Adam, senza mai chiudere occhio, si rispecchiava sul mio viso pallido e smunto. Ero rimasta sveglia fino alle cinque del mattino, alternandomi tra la sua camera e la sala d'attesa, quando alle undici l'orario di visite terminò. Intorno alle sei, quando avevo finalmente preso sonno su una sedia, la madre di Adam mi aveva praticamente costretta ad andarmene a casa, a fare una doccia e prepararmi per la scuola. Ero tornata a casa con mia madre, che a quell'ora aveva appena terminato il turno di lavoro- si era molto stupita di trovarmi lì, visto che non avevo pensato nemmeno ad avvisarla, ma quando le avevo raccontato quello che era successo, scoppiando anche a piangere, aveva dimenticato tutto e mi aveva consolata -avevo fatto una doccia, per togliermi di dosso l'odore di sudore e lacrime, e senza pronunciare una parola ero andata a scuola, a piedi. L'aria fresca del mattino mi aveva schiarito le idee, aiutandomi a pensare. Ero infatti riuscita a prepararmi un discorso, per raccontare ad Eva quello che era successo ad Adam, dicendole tutto nel minor tempo possibile, per riuscire a trattenere le lacrime. Nel tragitto le avevo scritto un messaggio, dicendole che dovevo darle una brutta notizia e di aspettarmi davanti al cancello, nel cortile. Quando arrivai la trovai esattamente lì, l'aria tesa, lo sguardo basso, mentre si torturava nervosamente le mani. Alzò gli occhi e subito intercettò il mio sguardo. Mi venne in contro con urgenza. –Che mi dovevi dire? – chiese preoccupata, aggrottando le sopracciglia. Appena me la trovai davanti, impaziente di sapere cosa stava succedendo, con gli occhi azzurri puntati nei miei, ancora ignara di tutto, la mia mente si svuotò e dimenticai tutto il discorso che mi ero preparata, per cui avevo buttato via venti minuti di camminata. Sospirai, passandomi una mano fra i capelli, e abbassai gli occhi, incapace di tenerli fissi nei suoi mentre le dicevo che il nostro migliore amico era entrato in come il giorno precedente. Presi un respiro profondo e iniziai a formulare la prima frase. –Adam ieri è andato a fare un'escursione in montagna. – iniziai. –Non era imbracato, ma comunque non doveva coprire una grande altezza, solo pochi metri. – Alzai gli occhi sul suo viso, e la trovai con le sopracciglia aggrottate, la tensione sempre più leggibile nei suoi occhi chiari. Li riabbassai immediatamente, tornando a fissare le mie converse, mentre sentivo le lacrime accalcarsi ai lati degli occhi, spingere per uscire. –Per sbaglio è scivolato ed è caduto. Ha batto la testa su una roccia e ha riportato un trauma cranico. – Non ce la feci più a trattenere le lacrime, e a testa bassa permisi loro di scorrere sul mio viso, impetuose come un torrente in piena. Mi feci forza e continuai a parlare. –Adesso è... è... - Un singhiozzo mi spezzo la voce, rimasta bloccata in gola, e vibrò nel mio petto. –È...? – mi spronò, la voce sempre più carica di ansia, pensando già al peggio. –I medici hanno dichiarato che si trova in uno stato comatoso. Non sanno se si sveglierà. – dissi in un sussurro, la voce smorzata da un altro potente singhiozzo. Lo sussurrai, così che fosse appena udibile, perché dirlo ad alta voce l'avrebbe reso più reale di quanto non volessi ammettere. Alzai gli occhi su di lei, trovando i suoi colmi di lacrime, proprio come i miei. –Non si sveglierà più Eva. Non riavrò mai più i suoi occhi. Non ascolterò più la sua voce. Me lo sento. –singhiozzai. Il dolore che mi bruciava il petto era indescrivibile. Così intenso da farmi chiedere se la morte avrebbe fatto altrettanto male. La ragazza mi circondò il viso con le mani, asciugandomi alcune lacrime, che solcavano anche il suo viso, e mi attirò al suo petto, facendomi piegare le ginocchia, essendo più alta di lei. –No Chiara, non dire così. Lui si sveglierà. Shhh, lui si sveglierà. – si fece forza per entrambe, accarezzandomi i capelli per darmi sollievo. –Vieni, andiamo in bagno a darci una sistemata. Qui stiamo dando spettacolo. –

SEBASTIAN POV'

L'aria tormentata stampata sul volto. Il viso più pallido del solito, le occhiaie più marcate, tratti violacei e gonfi sotto gli occhi. Appena aveva varcato il cancello della scuola, con lo zaino in spalla e l'espressione smarrita, aveva subito catturato il mio sguardo. Non potei evitare di pensare che fosse ancora più bella del solito, con quell'aria tormentata. Eppure vederla soffrire in quel modo mi faceva sentir male a mia volta, cosa che attribuii al fatto che fosse la mia ex migliore amica, e vederla star male ancora mi faceva un certo effetto. La voce di Tom si affievolì, mentre seguivo ogni movimento della ragazza, alla quale Eva si avvicinò rapidamente. Lei sembrava più tesa, agitata, diversamente da Chiara, che sembrava più consapevole e abbattuta, quasi rassegnata. Le vidi per qualche minuto parlare, l'espressione di Eva sempre più sconvolta, mentre con una mano si copriva la bocca. Per tutto il tempo la testa di Chiara fu bassa, a fissare le sue scarpe. Vidi chiaramente la sua schiena vibrare, e quando il viso di Eva si inumidì a causa delle lacrime, capii che quello di Chiara era un singhiozzo e dovetti lottare con me stesso per non accorrere da lei e prenderla fra le mie braccia, come avevo fatto qualche settimana prima, quando aveva reagito allo stesso modo. La sua schiena vibrò ancora, questa volta il suo viso alto verso l'amica, la quale, asciugandole le lacrime con i pollici, mi confermò che stesse piangendo. La attirò a lei abbracciandola e le sussurrò qualcosa, probabilmente per tranquillizzarla. Le vidi scambiarsi altre due parole prima di entrare entrambe nell'edificio. – Ei. Dove cazzo vai? – Solo sentendo la voce di Tom mi accorsi che i miei piedi erano già partiti, guidati dalla voglia di scoprire cosa turbasse la ragazza. Ignorai il ragazzo, liquidandolo con un gesto della mano, ed entrai anche io a scuola. Le vidi svoltare l'angolo, nell'atrio, per dirigersi nel corridoio che portava al lato est della scuola, dove si trovavano i bagni di quel piano. Percorsi il corridoio, a pochi passi d loro, e mi fermai davanti alla porta, vedendola aprirsi. Ne uscì Eva, aggrottando le sopracciglia appena mi vide, ma la ignorai ed entrai al posto suo, chiudendole poi la porta in faccia. Chiara era seduta a terra, contro il muro, con le lacrime agli occhi e un pezzo di carta igienica appallottolato in mano. Aggrottai le sopracciglia e le andai in contro. –Che è successo? – chiesi, sedendomi accanto a lei e guardandola. La sua spalla e il suo braccio toccavano i miei, così come il suo fianco e la coscia destra. Aveva il fiatone a causa del pianto, gli occhi iniettati di sangue e gonfi da far spavento, risaltando ancora di più le occhiaie marcate, che solo una notte insonne poteva causare. –Non si sveglierà più. Lo perderò. Per sempre. – biascicò, scossa da continui singhiozzi, sempre più spasmodici, che le rompevano la voce. Sentivo il loro riverbero farle vibrare il corpo. Le circondai le spalle con un braccio e la feci appoggiare al mio petto, mentre le accarezzavo i capelli per farla rilassare. –Chi Chiara? Chi? – chiesi in un sussurro, appoggiando la testa sulla sua. –Adam... è in coma Sebastian. Non si sveglierà più. – farneticò, aggrappandosi alla mia felpa, tirandola verso il basso. Mi spostai ad accarezzarle il viso, tracciando la mascella delicata con il pollice, sentendola chiaramente rilassare i muscoli a quel gesto. Non l'avevo mai vista così triste e giù di morale da quando l'avevo conosciuta. Mi stava praticamente morendo fra le braccia. Provavo una leggera gelosia nei confronti di Adam, in quel momento. Per i sentimenti che Chiara provava per lui, perché una volta la suo posto c'ero io, ma ricacciai via quella sensazione, trovandola stupida e insensata. –Si sveglierà. Vedrai. – provai a consolarla, cercando di darle conforto. A quella mia affermazione alzò la testa di scatto e si staccò da me, saltando in piedi. –Devo andare da lui. Devo stargli vicino. Adesso. Devo stare con lui fin che posso. – disse e senza aggiungere altro sparì oltre la porta del bagno.

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now