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-Marco! Aiutami a portare giù la valigia. Eva arriva fra dieci minuti, devo muovermi. Non ce la faccio da sola, pesa troppo. Marco! - strillai esasperata, dalla mia camera da letto. Erano già le sette e mezzo ed Eva sarebbe arrivata a minuti per portarmi in aeroporto. -Arrivo! Arrivo! Aspetta un secondo. - disse il ragazzo, con voce assonnata. Poco dopo irruppe in camera mia in boxer, strofinandosi gli occhi e sbadigliando, probabilmente appena svegliatosi. -Ah, io parto fra poco e tu ti sei appena svegliato? Dimmi, se non ti avessi svegliato io non mi avresti salutata? - boccheggiai incredula, porgendogli la valigia. -Potevi anche svegliarmi meglio, non avrebbe guastato. - biascicò, ancora mezzo addormentato. A quella affermazione alzai gli occhi al cielo, sbuffando. Prese la valigia e la portò al piano di sotto, davanti alla porta d'entrata, dove mamma e papà già mi aspettavano per salutarmi. -Mi raccomando, non fare stupidaggini e sta attenta, soprattutto ai ragazzi. - esordì mia madre, abbracciandomi stretta. Ricambiai la stretta e quando mi staccai annuii, sorridendole. -Chiama appena arrivi. - disse mio padre, dandomi un bacio sulla guancia. -State tranquilli. Non farò niente di stupido e vi chiamerò appena posso. - promisi, sorridendo ad entrambi. Sentimmo un clacson suonare, probabilmente la madre di Eva era arrivata. -Devo andare. - dissi, aprendo la porta per far passare Marco con la mia valigia. A quel punto mia madre si mise a piangere, stringendosi a mio padre, che le circondò le spalle con un braccio e le sussurrò all'orecchio qualcosa per rassicurarla. -Mamma, sta tranquilla, fra una settimana sarò di nuovo qui a rompervi le palle. - Ridacchiò e si asciugò una lacrima, scesale sul viso solcato da alcune rughe, causate dallo stress e dall'età. Mi sorrise e mi accarezzò una guancia, in un gesto così dolce che mi si strinse il cuore. -Sta attenta. - ripeté, le lacrime che ancora non avevano smesso di rigarle il viso. Annuii e sorrisi. Se non me ne fossi andata sarei scoppiata a piangere anche io. -Ci vediamo. - salutai un ultima volta, e uscii di casa trovando Marco che chiudeva il bagagliaio dell'auto, su cui aveva appena caricato la mia valigia. -Che diavolo ci hai infilato dentro? Un bue? - mi chiese, venendomi in contro a braccia aperte. Mi ci immersi dentro e ridacchiai, stringendolo in abbraccio forte che non tardò a ricambiare. -Certo, certo, sei tu che ti sei rammollito fratello. - dissi in tono derisorio, prendendolo per il collo e abbassandogli la testa per poi strofinarci il pugno sopra, come faceva lui a me quando ero piccola. -Ei, ei. Solo io posso farlo. - si lamentò, capovolgendo la situazione. Sfuggii alla sua presa e gli feci una linguaccia. -Va a metterti un paio di pantaloni della tuta, idiota, sei uscito in mutande. - Aggrottò le sopracciglia e guardò verso il basso. -Merda. - imprecò, grattandosi il collo imbarazzato. Ridacchiai e aprii lo sportello dell'auto della madre di Eva. -Ci vediamo fra una settimana. - Sorrisi, salutandolo con una mano, e salii nell'auto. -Allora, pronta per Amsterdam? - chiese la ragazza, entusiasta, non appena entrai. -Pronta. -

***

Appena arrivammo all'aeroporto, dopo aver scaricato le valige e salutato la madre di Eva, entrammo, e la prima cosa che ci saltò all'occhio fu una massa di adolescenti urlanti ed eccitati. Ci avvicinammo verso di loro e, dopo pochi minuti, la prof iniziò a fare l'appello, per assicurarsi che ogni alunno di ogni classe fosse presente. Una volta constatato che eravamo tutti presenti, e dopo vari richiami per il baccano che facevamo, la prof esordì -Allora, fra un quarto d'ora dovremmo imbarcarci. Contenetevi durante tutto il tragitto in aereo, appena arriveremo all'albergo sceglieremo chi dormirà con chi. Questo è il programma per la settimana, ci sono le attività che faremo, gli orari e ogni informazione di cui avrete bisogno. - iniziò, consegnando ad ognuno di noi dei fogli con su scritto il programma. -Avrete due sere libere, in cui potrete uscire e fare quello che vorrete. Il coprifuoco è alle due del mattino, controlleremo le presenze, non illudetevi di poterci fregare. - disse, al che le classi si lasciarono andare in lamenti e borbottii vari, trovando la cosa ingiusta. -Se l'ultimo giorno non sarete presenti in albergo quando sarà ora di andarsene vi lasceremo qui, lo stesso vale se vi farete arrestare, non siamo le vostre babysitter, verranno a riprendervi i vostri genitori. - finì. Fra sbuffi e lamentele, raccogliemmo le nostre valige, e ci avviammo a consegnarle. Passammo al ceck-in e in poco tempo fummo imbarcati. Era la prima volta che prendevo l'aereo e il mio viso lasciava trasparire chiaramente tutta l'ansia che provavo. -Ei, tutto bene? - mi chiese Eva, che aveva occupato il sedile accanto al mio. -Si, credo. È solo che è la prima volta che salgo su un aereo. Un po' di panico è normale, no? - chiesi, deglutendo un groppo d'ansia, mentre mi torturavo le mani. -Che c'è miss acidità, hai paura? Speriamo solo di non precipitare a causa tua. Con la sfiga che porti. - s'intromise Christina, con una frecciatina da perfetta stronza. -Christina, cerca di fare meno la stronza. Te ne saremmo tutti moto grati. - sbottò Sebastian, dal sedile davanti al mio, voltandosi verso di lei, la quale sbuffò offesa, e, a braccia conserte, si voltò a guardare fuori dal finestrino. Mi voltai verso Sebastian e accennai un sorriso nella sua direzione, grata, che ricambiò con un gesto della mano, voltandosi poi verso Luca. Appena mi voltai a guardare fuori dal finestrino, tutto il panico, che per qualche secondo avevo dimenticato, tornò persistente ed opprimente a farsi largo nel mio petto. -Eva, voglio scendere. E se l'aereo precipita? E se moriamo? Eva scendiamo, ti prego. Ad Amsterdam potremmo andarci anche a nuoto. - dissi sotto voce alla mia amica, che scoppio a ridere per nulla divertita. -Stai scherzando vero? Andiamo Chiara! Non puoi mandare tutto a puttane perché un'idiota con i capelli ossigenati ti ha messo in testa che precipiteremo perché tu porti sfiga. Adesso basta. Ti metterai seduta lì, ad ascoltare la musica per le prossime tre ore, in silenzio. Ti avverto che tu non rovinerai il mio viaggio. Okay? Quindi basta paranoie e sta zitta. - sbottò la ragazza, guadagnandosi occhiatacce da parte di tutti i passeggeri. Rimasi basita a guardarla, mentre le mie guance si coloravano di un colorito rosso acceso, causato dall'imbarazzo. Sentimmo una voce metallica, proveniente dall'altoparlante, che distolse l'attenzione generale da me e la ragazza, e annunciò l'imminente partenza del velivolo. Allacciai la cintura e seguii attentamente ogni dimostrazione fatta dall'hostess, che ci mostrava come agire in caso di emergenza, dirottamento o ammarraggio. Appena finì, il comandante dell'aereo ci augurò ancora buon viaggio e il mezzo iniziò a muoversi, percorrendo la pista di partenza, prendendo sempre più velocità. Presi la mano di Eva e le strinsi nella mia, mentre l'aereo si preparava a staccarsi da terra e prendere il volo. In quel momento decollò e tutta l'ansia che avevo provato nei momenti precedenti sparì, lasciando che l'adrenalina fluisse nelle mie vene. Guardai fuori dal finestrino, incredula, il cuore a mille, il respiro corto. -O mio dio. Sto volando. Non ci credo. - dissi ad Eva, che mi sorrise, annuendo. Christina ridacchiò, preparandosi a dire un'altra delle sue cattiverie. -Ci vuole un genio a capirlo? Mi pare ovvio, è come dire che io sono... - si fermò un secondo, probabilmente cercando di decidere se appellarsi come bellissima o favolosa, e vidi l'opportunità perfetta per vendicarmi. -Una tipa facile? - mi precedette Sebastian, guardandola con un sopracciglio sollevato e un sorriso sghembo sulle labbra. -Ci stavo giusto pensando anch'io. - intervenni, lanciandogli un'occhiatina che lui ricambiò ridendo. La ragazza, boccheggiando incredula, si girò offesa verso le amiche, mormorando un "ma come si permettono ". Mi voltai anch'io, infilando le cuffiette, e tornai a guardare, fuori dal finestrino, la meraviglia sotto di me, che aimè, non era Sebastian.

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now