SEBASTIAN POV'

Erano le undici di sera e in sala d'attesa già tutti dormivano. Luca come al solito si era messo comodo e aveva occupato cinque sedie, stendendocisi sopra; Tom aveva la testa appoggiata a quella di Eva e dormivano beatamente, mentre i genitori di Chiara si erano addormentati un'ora prima, con le mani intrecciate e le espressioni preoccupate. L'unico che però non riusciva a prendere sonno ero io. Avevo visto Federico uscire dalla sua stanza, un'ora e mezza prima, e da allora non mi davo pace. Sentivo il bisogno di parlare da solo con lei, per farmi spiegare cosa stava succedendo. Mi era appunto sembrato che la presenza di Federico l'avesse condizionata molto in quello che diceva. Di soppiatto, tentando in tutti i modi di non farmi vedere da nessuno, sgattaiolai via. Attraversai il lungo corridoio bianco, colmo di infermiere che con espressione stanca ed annoiata vagavano di stanza in stanza, e arrivato in fondo girai a destra, entrando in camera di Chiara. Teoricamente l'orario di visite era terminato alle dieci, per questo mi assicurai che nessuno mi avesse notato e mi chiusi la porta alle spalle. Presi una sedia e la trascinai accanto al suo letto. Ero andato lì per parlarle, ma vederla dormire così tranquillamente mi fece rinunciare all'idea e optai semplicemente per restare a guardarla. Era così bella, illuminata da quella poca luce che entrava dalla finestra. Da quel pomeriggio non facevo altro che tormentarmi, chiedendomi perché fossi venuto a sapere solo in quel momento di Federico. Poi che cavolo voleva dire che era il suo fidanzato? Da quando? Chiara non mi aveva mai parlato di lui e nemmeno Eva. Anzi, più di tutti lei stessa sembrava esserne sorpresa, ed Eva sapeva sempre tutto su Chiara, quindi la cosa risultava ancora più sospetta. Quando me l'aveva detto, così su due piedi, dicendomi anche che non avremmo dovuto avere più contatti, mi ero arrabbiato moltissimo, ma poi in sala d'attesa avevo avuto tutto il tempo necessario per riflettere e sbollire la rabbia, trovandomi solo con una marea di dubbi in testa e la convinzione che la storia facesse acqua da ogni parte. Così mi ero ripromesso di aspettare che tutti se ne andassero e poi sarei andato a parlare con lei. Sfortunatamente però, stava dormendo. Allungai una mano verso di lei e le accarezzai i capelli, spostando qualche ciocca per vedere meglio il suo bel viso. Purtroppo ciò che notai fu solo un grande livido violaceo e gonfio, che in teoria i suoi lunghi e folti capelli avrebbero dovuto mascherare. Fin da subito seppi che a farle quel livido fosse stato Federico. Mi alzai di scatto dalla sedia, lasciando i capelli di Chiara e infilando le mani fra i miei, e iniziai a vagare avanti e indietro per la stanza. Sentii il sangue prendere fuoco, il cuore pompare più rapidamente, mentre la rabbia si stava velocemente impadronendo del mio corpo. Era incontenibile, mi sembrava di poter distruggere il mondo con una sola mano. Come aveva osato picchiarla? Quando era successo? Perché non l'avevo sentita urlare? Perché non ne aveva parlato con nessuno? E la tremenda sensazione di impotenza sovrastò la rabbia che provavo. Avrei dovuto essere lì, avrei potuto evitarlo, perché non l'avevo fatto? Mi sentivo così schifosamente inutile in quel momento. Era una sensazione nauseante. Il mio primo istinto fu quello di controllare che non avesse altri lividi. Tentando di farlo con più delicatezza possibile, nonostante lo stato d'ansia in cui ero in quel momento, spostai il lenzuolo bianco che copriva il suo corpo. Guardai le sue braccia, prendendole delicatamente fra le mani per poterle vedere meglio, ma a parte i lividi dovuti alle flebo non ve n'erano altri. Passai quindi a guardare le sue gambe, spostando verso l'alto il camice, fino a metà coscia, e mi sentii sollevato nel vedere che non c'erano altri segni sulla sua pelle. Sospirai e la ricoprii, rimboccandole il lenzuolo. Le sistemai i capelli, in modo da coprire ancora il livido sul collo, e le lasciai un bacio sulle labbra, sentendo una stretta allo stomaco quando le nostre labbra vennero in contatto. Era strano per me provare sensazioni sempre più forti ogni volta che la baciavo, era come se ogni bacio fosse il primo. Non resistetti, gliene rubai un altro, sentendo una scarica elettrica invadermi il corpo quando sentii sulla lingua il suo familiare sapore, e vidi un piccolo sorriso incosciente nascere sul suo viso. Stampai bene quell'immagine nella mia testa e uscii dalla stanza, dopo averle lasciato una piccola carezza sulla guancia, sperando che quel sorriso, nato su due piedi in quel momento, significasse che mi stesse sognando. Tornai in sala d'attesa e fortunatamente tutti ancora dormivano. Mi avvicinai ad Eva e Tom, sedendomi sulla sedia accanto alla loro. –Eva. Eva sveglia, devo parlarti. – sussurrai, scuotendole piano la spalla. La vidi sussultare leggermente e aprire gli occhi, insieme a Tom, che si svegliò quando la ragazza tolse la testa dalla sua spalla. Un po' intontiti si guardarono intorno, sbattendo entrambi velocemente le palpebre, per abituarsi alle luci. –Perché mi hai svegliata? – chiese la ragazza, con la voce arrochita dal sonno, alzandosi in piedi e stiracchiandosi, sbadigliando. Irrigidii la mascella e mi passai le mani sui jeans, come sempre quando ero nervoso. –Ti devo parlare. – dissi, marcando sulla parola "Ti" in modo da specificare che volevo parlare solo con lei, e feci passare lo sguardo fra i due ragazzi, che mi guardavano entrambi confusi. Tom sembrò capire il messaggio. Si alzò dalla sedia, stiracchiandosi a sua volta, e infilò una mano nella tasca dei jeans, tirando fuori qualche moneta. –Vado a prenderti un tè. – disse alla ragazza, lasciandole un bacio fra i capelli, prima di allontanarsi verso le macchinette, sotto il suo sguardo attento. Portò poi gli occhi su di me, ancora leggermente intontita, e io colsi subito l'occasione per farle segno di sedersi accanto a me. –Dimmi. – disse, incrociando le gambe sulla sedia, mentre con una mano si massaggiava il retro del collo, prestandomi la sua totale attenzione. –Poco fa sono stato da Chiara. – dissi e la vidi sbarrare gli occhi, improvvisamente rimasta immobile. Al che aggrottai le sopracciglia, trovando strana la sua reazione, ma feci finta di niente e continuai a parlare. –Ho visto che ha un livido sul collo. – Abbassai lo sguardo sui miei piedi e sospirai, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e il viso sulle mani. Al ricordo della chiazza nera un brivido mi attraversò la spina dorsale e i sensi di colpa ripresero a tormentarmi. "Avrei dovuto essere lì con lei" mi ripetevo in continuazione, non mi davo pace, pur sapendo che era tutto inutile. Alzai gli occhi sulla ragazza e sfoderai la mia espressione più abbattuta. –Io non posso farcela. Non posso vederla ridotta così per un tipo come Federico. – ammisi, sull'orlo della disperazione. Lo sarebbe stato chiunque vedendo la ragazza che si ama maltrattata da un ragazzo e non avendo potuto fare assolutamente niente per impedirlo. –Dobbiamo pensare a qualcosa per allontanarlo da lei. – La ragazza, rimasta a fissarmi per tutto il tempo, sembrò decisa ad aiutarmi. –Sono d'accordo con te. Qualsiasi cosa tu voglia fare ti darò un mano. – disse, annuendo con convinzione. –Prima di fare qualcosa però devo sapere perché mi sta allontanando. – dissi, sicuro che lei fosse al corrente di ciò che spingeva Chiara a respingermi. Almeno con qualcuno ne doveva aver parlato e se non l'aveva fatto con me ero certo l'avesse fatto con lei. La ragazza prese un respiro profondo, mentre agitata si torturava le mani, e abbassò lo sguardo sul pavimento. Sembrava in conflitto con se stessa, indecisa se parlare o tacere, ma alla fine, anche se ancora un po' titubante, si decise a parlare. –Federico ha un video su di te e lo usa per ricattarla. Non so cosa ci sia in quel video, Chiara non me l'ha detto, so solo che l'ha minacciata di metterlo su internet se lei non si fosse allontanata da te. – disse, con un filo di voce, mentre ancora teneva lo sguardo fisso a terra. Aggrottai le sopracciglia, provando a capire con quale video la stesse ricattando. Cosa ci sarebbe potuto essere di tanto dannoso da spingerla a cedere alle condizioni di Federico, pur di celarlo? Mi veniva in mente solo una cosa, che avrebbe potuto danneggiare seriamente la mia reputazione, ma mi sembrava inverosimile che lui potesse avere un video in cui spacciavo droga. Io e il compagno di classe con cui lo facevo eravamo sempre molto attenti alle persone a cui la vendevamo e lo facevamo sempre di notte, in posti bui e isolati, lontani da occhi indiscreti, per evitare appunto di finire in situazioni come quella. Se era quello ciò con cui la ricattava e avesse deciso di portarlo alla polizia sarei potuto finire in carcere. Alla sola idea mi si chiuse lo stomaco, ma la cosa che mi fece sentire peggio fu pensare che lei si stava sacrificando per me, e stava soffrendo per pararmi il culo. –Dimmi che hai già qualcosa in mente. – disse Eva, interrompendo i miei pensieri. Sapevo già benissimo cosa fare, ed ero determinato a chiudere quella storia. –Credi che se ti presentassi a casa di Federico ti degnerebbe di due parole o ti chiuderebbe la porta in faccia? – chiesi. La ragazza mi guardò confusa, aggrottando le sopracciglia, probabilmente non capendo il perché di quella domanda, ma sembrò comunque pensarci su. –Non mi ha mai dato ascolto e non siamo in buoni rapporti, quindi... - disse, lasciando in sospeso la frase, stringendosi nelle spalle. Mi passai le dita sul mento, guardando dritto avanti a me, pensieroso. –Quando arriva Marco? – chiesi allora, voltandomi verso di lei. –I suoi genitori hanno detto domani, in mattinata. – rispose. –Allora domani ho bisogno che qualcuno tenga occupato Federico per un po', dobbiamo parlare con Chiara e suo fratello. – dissi. Alle spalle della ragazza ricomparve Tom, con due bicchieri di plastica pieni di tè tra le mani e le labbra sporche di cioccolata calda. –Ho la persona perfetta. – affermai, battendo il pugno nella mano. I due ragazzi, ignari, aggrottarono le sopracciglia. La mia idea prendeva forma.

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Lidia00x

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