CHIARA POV'

-Non puoi passare tutta la vita ad autocommiserarti Chiara, reagisci. Fa vedere che stai bene anche senza di lui. - Ma io non sto bene senza di lui... Pensai. Era da quando ero rientrata nella mia stanza con Eva che non facevo altro che stare seduta sul letto, a fissare il muro. Non ero neanche triste, semplicemente non avevo voglia di fare nulla. Mi sentivo ancora ferita e umiliata, ma in quel momento non avevo nemmeno voglia di sentirmici, e ignoravo quelle sensazioni negative, seppellendole in un angolino del mio cuore, così da non poterle vedere. -Dai, alzati e preparati, ti aspettiamo in salotto fra venti minuti. - sospirò la ragazza, raccogliendo la sua borsa dal mio letto e uscendo dalla stanza. Alzai gli occhi al cielo, svogliata, e mi alzai a fatica dal letto, trascinandomi poi fino all'armadio, dall'altra parte della stanza. Afferrai e infilai un paio di jeans e afferrai una felpa a caso. Solo quando mi guardai allo specchio, appeso all'anta del guardaroba, mi resi conto di aver indossato proprio la felpa che mi aveva regalato Sebastian a natale. Se poco prima ero riuscita a seppellire tutte le sensazioni negative in un angolo buio di me stessa in quel momento le sentii riemergere tutte, affollandomi la mente. Un grosso groppo in gola mi impedì di respirare, mentre mi sforzavo di ricacciate indietro le lacrime, che minacciavano imperterrite di scendere. Afferrai il colletto e lo tirai verso l'alto, al mio naso, sentendo benissimo il profumo di Sebastian riempirmi le narici. A Natale l'avevo abbracciato solo pochi secondi, con quella felpa indosso, eppure era riuscita lo stesso a prendere il suo profumo. Come era riemersa la tristezza riemerse anche la rabbia e il risentimento nei confronti del ragazzo. Afferrai i lembi e la sfilai, gettandola lontana da me, amareggiata, afferrandone poi un'altra. Passai le mani sul viso, esasperata, e gemetti, passandomi poi le mani fra i capelli. Chiusi malamente l'anta dell'armadio e mi diressi in bagno, sperando di non incrociare nessuno in corridoio. La voglia di uscire quella sera non c'era, l'unica cosa di cui avevo voglia era buttarmi a letto e dormire, per far finire l'ennesima giornataccia da quando erano iniziate le vacanze natalizie. Mi truccai come sempre e pettinai i capelli, lasciandogli sciolti. Ero certa che Eva mi avrebbe rimproverato per aver messo felpa e jeans invece di un vestito, per andare in un locale, ma non avevo voglia di indossare uno scomodo abito che mi avrebbe resa insofferente per tutta la serata; in più, con il freddo che faceva quell'inverno, con un vestito corto avrei sofferto tutto il tempo, mentre quello che indossavo mi avrebbe tenuta al caldo. Spensi la luce in bagno e tornai in camera, per prendere il telefono, che infilai in tasca, e successivamente mi diressi in salotto, dove tutti mi stavano aspettando, con già i cappotti addosso, pronti per uscire di casa. Sebastian provò ad incrociare il mio sguardo in tutti i modi, provò a rivolgermi la parola, per attirare la mia attenzione, provò a mettermisi davanti, mise una mano sulla mia schiena per chiamarmi, ma io mi scostai e afferrai il cappotto, indossandolo. Trovai la sua ostinazione veramente fastidiosa. Avrebbe dovuto come minimo comprendere che in quel momento l'ultima persona con cui avrei voluto parlare fosse lui, soprattutto visto che poche ore prima gli avevo chiaramente urlato in faccia di uscire dalla mia vita. Uscimmo di casa e ci dirigemmo alla macchina, prendendo posto al suo interno. Mi sedetti sugli ultimi sedili e volsi lo sguardo al finestrino, immergendomi nel panorama che c'era all'esterno. La casa di Tom era in un quartiere abbastanza isolato, c'era solo qualche altra casa a distanza di settecento metri dalla sua e un piccolo parco giochi in fondo alla via. Probabilmente un luogo che veniva frequentato dalle famiglia durante l'inverno, per passare appunto le festività. -Mi dispiace. - sentii sussurrare al mio orecchio. Sobbalzai dallo spavento e mi voltai di scatto, facendo scontrare il mio naso con quello di Sebastian, che stava a pochi centimetri dal mio viso. Assottigliai lo sguardo e lo spinsi dall'altro lato del sedile, per mantenere le distanze. -Troppo tardi. - dissi, amareggiata, e tornai a guardare fuori dal finestrino, per tutto il resto del viaggio. Arrivammo al locale e tutti in gruppo ci avviammo all'interno. Il posto era carino, non molto affollato, come avrei immaginato. Su un lato della sala c'erano dei tavolini a cui sedersi, la metà dei quali già occupati, accanto ad essi il bancone del bar, attorno al quale c'erano degli sgabelli, e in fondo la console del deejay. Il resto dei ragazzi si avviarono al bancone, non preoccupandosi affatto se li stessi seguendo oppure no, mentre invece stetti ferma all'entrata. Mi tolsi il cappotto e mi guardi intorno; non avevo voglia di stare troppo vicina a Sebastian, perciò andai a sedermi ad un tavolino libero, in un angolo, appoggiando le mie cose su una delle quattro sedie che ci stavano intorno. Un ragazzo scostò la sedia accanto alla mia e si sedette, appoggiando i gomiti sul tavolo e il viso sulle mani, guardandomi con uno strano sorrisetto appena accennato sulle labbra. Aveva capelli biondi alzati con del gel e due occhi grigi meravigliosi, peccato che il modo in cui mi guardava fosse a dir poco inquietante. Aggrottai le sopracciglia, accigliata, e aprii bocca per parlare, ma lo sguardo mi cadde alle sue spalle, dove vidi Sebastian seduto al bancone fissarmi torvo. Il ragazzo, vedendomi immobile a guardare oltre di lui, probabilmente con un'espressione da idiota in volto, si girò a sua volta e lo vide. -Chi è? - chiese, ancora con lo sguardo puntato su Sebastian, che non lo considerava minimamente, troppo concentrato a fissarmi con espressione di disapprovazione. Si voltò nuovamente verso di me e io portai gli occhi su di lui, distogliendo lo sguardo dal ragazzo al bancone. -Storia complicata. - sospirai, guardando dritto negli occhi il ragazzo, facendo di tutto per non incrociare nuovamente quelli di Sebastian, che sentivo bruciarmi sul viso. Erano come due potenti magneti, attiravano inesorabilmente i miei nei suoi; ma sapevo che quel suo sguardo di rimprovero mi avrebbe fatta sentire in colpa per essere a quel tavolo con quel ragazzo, in quel momento, e non era giusto, perché lui si era portato a letto Christina, senza pensare minimamente che potesse darmi fastidio, senza pensare che facendo ciò potesse spezzarmi il cuore. -Ho tutta la notte. - affermò il ragazzo, alzando un lato della bocca, facendo comparire una fossetta sulla sua guancia. Lo guardai scettica e aggrottai le sopracciglia, rimanendo in silenzio. -Puoi fidarti. - mi rassicurò, notando la mia titubanza. Davvero sono così disperata da raccontare le mie pene d'amore ad un ragazzo conosciuto solo da pochi minuti in un bar? Pensai. E probabilmente lo ero, perché anziché congedarmi con un cortese saluto, alzarmi e andarmene al bancone dai miei amici, rimasi lì seduta e gli risposi. -Mi potrei fidare se almeno sapessi il tuo nome. - dissi, richiamando il barista con una mano e ordinando un bicchiere d'acqua. -Alessandro. Tu sei? - chiese, ancora sorridendo. -Chiara. - ricambiai il sorriso, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. -Bene Chiara, ora non sono più uno sconosciuto. - esordì, sollevando le sopracciglia, facendo un battito di mano. -Ficcanaso. - lo accusai, arricciando il naso. Trovai quella sua curiosità stranamente esilarante, ma allo sesso tempo mi confondeva. Per quale motivo gli interessavano tanto i miei problemi, se mi conosceva appena? -Ah no, no no. Non ficcanaso, curioso. Solo curioso. Mi piace aiutare le persone a risolvere i problemi. A volte un punto di vista esterno, di una persona che conosce i fatti, è utile. Mi piace dire di "avere la risposta" - esordì, alzando un dito davanti al viso, con aria saccente ed espressione di chi la sa lunga. Ridacchiai, ancora scettica, ma mi decisi a parlare. -Okay, "colui che ha la risposta" - mimai le virgolette, -Vuoi tutta la storia dall'inizio? - chiesi. -Nei minimi particolari. -

"Come aeroplanini di carta"Where stories live. Discover now