62. Tutti i colori del cielo

18 5 0
                                    


LUNA

Mi sento bambina, indifesa, in piedi davanti a tutti, pronta per un'interrogazione di cui non so nulla e per cui tutti mi giudicheranno. Io, che il giudizio degli altri, me lo lascio scivolare addosso quando pratico e insegno yoga. Io, che il giudizio dell'Italia, lo sento perseguitarmi come un'ombra. Di quelle che non hanno un sole che le crea. Sarebbe facile mandarle via altrimenti.

Ma questa volta non c'è scampo. C'è solo luce. E di ombre ce ne sono a miliardi.

Ludo mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio, un gesto casuale ma intimo. «Luna, se vuoi conquistarlo, vedi di non fare la persona equilibrata, almeno per una volta. A tutto gas o nulla.»

Non ho la forza per sorridere, ringrazio Ludo silenziosamente e la osservo allontanarsi per poi prepararmi.

Siamo solo io e Cris adesso, lontani troppi passi ma vicini abbastanza da rendere questa folla insulsa. Non ci sono occhi se non i suoi, fissi nei miei.

Edoardo, nel frattempo, è salito sul palco alla mia sinistra; attiva il microfono e reclama l'attenzione della sala.

Mi reggo forte, potrebbe andare tutto in malora nel giro di pochi istanti e non posso permetterlo. Non posso farmi bloccare dalla Luna timorosa; posso tenerla stretta a me e guidarla verso un nuovo futuro. Insieme.

«Ancora qualche minuto di pazienza. A breve inizierà l'intrattenimento musicale.» Edo mi getta un rapidissimo sguardo, come per cercare una conferma che gli do annuendo. Solo allora continua la frase.

«Che sarà a cura di Cristian Belgiovine.»

E se ne va, lasciando il piccolo palco con gli strumenti musicali deserto. Gli applausi partono, confusi e un po' titubanti. Cris prima perde colore, poi si volge verso la sala, attonito. Forse alla ricerca del cugino per chiedergli che genere di scherzo è mai questo.

Ma tocca a me dare spiegazioni, per cui avanzo. Lo raggiungo, troppo facile calcare questo pavimento di legno e annullare la distanza tra di noi. Come se, in fondo, non ce ne fosse mai stata a sufficienza.

Non dice niente, non a me, ma sta facendo gesti confusi al cugino, che scrolla le spalle, evasivo, passando un braccio intorno a Cosimo.

Intercetto la mano con cui Cris fa segni indistinti a Edo. Gli apro le dita e pongo sul palmo un plettro. «Tieni.»

Si immobilizza, con il mento ancora rivolto in alto e le labbra dischiuse. Scosta solo lo sguardo nel mio. Poi cala gli occhi su ciò che gli ho posto in mano.

«Il tuo sogno è ancora lì, non rinunciarci solo perché ti sei sacrificato per li altri e non ti sei permesso di essere felice.»

È basito, perplesso. Un loop di informazioni che non combaciano. Sposta lo sguardo da me al plettro e viceversa.

La piccola Luna mi prega di mollarlo lì e andarmene, sorridere accondiscendente, fare la gentile e finirla lì. Senza aggiungere altro, senza porgergli il cuore, senza sperare in qualcosa che mi farà solo male. Perché il cuore poi non mi apparterrà più, non lo potrò controllare e non sarà una cosa delicata, né rimediabile. Sarò come papà: spenta, assente, vuota...

Ma all'improvviso penso a mamma, al sorriso delicato ma rimproverante che mi avrebbe rivolto prima di spingermi in avanti dicendo solo una cosa: gli arcobaleni non colorerebbero il cielo se il sole non avesse il coraggio di mostrarsi nonostante la pioggia.

Mi faccio forza, non demordo nonostante lo sguardo confuso di Cris.

Sorrido. «Magari un'esibizione non vorrà dire nulla, ma Edo ha invitato due suoi amici che hanno uno studio di registrazione, la tariffa oraria è ottima. Non sapevo quale strumento preferissi... così abbiamo trovato la tua vecchia chitarra, Agata mi ha aiutato a portare anche la tastiera. Abbiamo anche trovato alcuni testi e spartiti che le chiedesti di buttare dieci anni fa, ma che lei ha tenuto da parte per tutti questi anni.» Inspiro con forza, sperando che la colata vomitata di parole che gli sto gettando addosso non perda di senso. «Ti prego, prima di dire di no, pensaci. So che è passato tanto da quanto ti sei esibito davanti ad altri, escludendo il ritiro, ma è quello che mi hai sempre detto: le cose non programmate sono quelle che ti vengono meglio. Il permesso che ti concedi dell'essere presente nel qui e ora è quello che ti fa esibire al meglio. Ascoltare e lasciarti andare alla musica. E non prendertela con Edo né con Agata, è solo colpa mia. Volevo...»

Tutti i Colori del CieloOn viuen les histories. Descobreix ara