21. Cioccolato al caffè

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LUNA

La penisola in cui faccio il ritiro è un lembo di terra irraggiungibile via strada a causa degli alti speroni di roccia in stile Avatar.

Non è la prima volta che vengo qui, ma è la prima che partecipo come insegnante, dall'inizio alla fine del ritiro. E l'emozione che mi da è indescrivibile, le labbra continuano a tendersi senza che glielo chieda, mi fanno male le guance.

L'umidità aggrava l'afa e arricchisce i raggi di sole producendo un calore difficilmente sopportabile. Ma Settembre è anche una stagione dove piove abbastanza, per cui non è il momento ideale per stare a Railay.

Ci avviciniamo al lunghissimo molo, il mare in questo momento della giornata ci permette di arrivare molto vicino alla spiaggia. Il motore a elica emette un chiasso che fa sanguinare le orecchie. Spruzzi d'acqua mi bagnano le braccia che ho strette intorno al mio zaino, che tengo sulle gambe. Povero oceano, subisce un inquinamento inimmaginabile a causa di queste Taxi Boat strette e lunghe in legno che fanno la spola dal molo di Krabi a Railay.

Qualcuno mi chiede di fare un selfie in un inglese serpentino, io e i miei vicini di seduta lo accontentiamo; puntiamo tutti gli occhi verso l'obiettivo della macchina fotografica. Il gruppo del ritiro sembra molto omogeneo. C'è chi gira video col telefono tenendosi in equilibrio con un gomito alla seduta. Chi preme gli indici contro le tempie, forse per la nausea. E poi c'è Cris, rabbuiato, il viso di pietra, gli occhi persi.

Anche chi sta male si sta godendo la vista dell'oceano delle Andamane che stiamo navigando. Lui invece sembra nemmeno accorgersi di dove si trova. È distaccato dal mondo, scollegato da ciò che lo circonda.

Mi chiedo cosa l'abbia spinto a questa vacanza.

La barchetta attracca, ondeggia, furiosa, instabile, contro gravità. Il tipico vuoto allo stomaco del ora si ribalta e finisco in acqua con telefono, contanti e la valigia dura ancora qualche minuto. Scendo per ultima, dietro a Cris.

Non mi ha rivolto parola. Ma, quando il gondoliere mi aiuta a salire sul porticciolo in legno, Cris si piazza accanto a me, inamovibile e indecifrabile.

«Non pensavo fossi un patito di queste cose» butto lì, cogliendo la sua vicinanza come un'occasione.

Avevamo detto civili e maturi, no?

«No, non lo sono.» Ha la voce ruvida, il tono aggressivo.

Okay, non era un invito il suo, ho frainteso.

Mi inchino alla hostess dell'albergo che è venuto a ritirare i bagagli e accolgo il suo servizio. Vorrei portarmi da sola la valigia, ma non voglio sembrare scortese.

Cris fa altrettanto, ma senza sorridere al povero facchino. Ci incamminiamo, gli sto al passo, cercando di afferrare il motivo per cui ha volato per mezzo mondo se non è appassionati di ritiri wellness.

«Cris-»

«Non dobbiamo parlare per forza, d'accordo?» Si ferma di colpo. Il suo tono è della stessa gradazione delle onde che sbatacchiano.

Il gruppo continua a camminare, gli altri ci superano. Rimaniamo io e lui, lo sciabordare delle onde contro il molo, il gracchiare dei pappagalli tropicali, lo scricchiolio delle assi.

«Pensavo solo...» Mi perdo. Apro e chiudo la bocca. Mi fa ancora male la mascella da quando ho sorriso fino a un istante prima.

Sembrano passati anni da allora. Secoli.

«Provi pietà per me, Luna?»

Si coagula il respiro, la lingua mi gratta il palato. «No!»

«Allora smetti di guardarmi così.»

«Non ti sto guardando in nessun modo.»

Ride, sarcastico e caustico. L'amaro mi inonda il palato.

«Non ti ho fatto nulla, Cris. Mi spiace per la coincidenza, ma sarai un mio allievo e non ho intenzione di far finta che tu non esista per due settimane.»

«Una coincidenza?»

Cris si china su di me. Il mento rasato, i suoi occhi color cioccolata al caffè vengono inondati dai raggi d'un sole pigro che ha appena scelto di fare capolino dalle nubi.

Momento sbagliato, soggetto non disponibile da illuminare.

«Non c'è nessuna coincidenza qui, Luna de Angelis.» Serra le labbra, il bel viso viene sagomato in un rancore doloroso e collerico. Un'emozione che esce dal range che solitamente affronto nei ritiri. È l'opposto di ciò che insegno, di ciò che coltivo, di ciò che voglio passare.

Ma è anche l'opposto di ciò che credevo lui potesse provare. Una sbavatura che non dovrebbe esserci, un fuori dai bordi non calcolato.

Arretro, da lui, dalle colpe che mi sta gettando addosso.

Di quale pena sono carnefice?

«Non capisco perché tu sia qui, né perché tu ce l'abbia così tanto con me adesso.» Adesso avanzo. «Ma sappi che non mi lascerò guidare dalla rabbia nei tuoi confronti. Sto lavorando e voglio far sì che tutti se ne vadano arricchiti e in pace con se stessi dopo queste due settimane.» 

Il suo alito mi sfiora la fronte, aria salmastra mi aggroviglia i capelli.

«Persino tu, Cris.»

Solleva un lembo della bocca, una discesa ascosa e architettata. Non c'è niente di casuale in lui. Non c'è mai stato. Mi scruta, occhi che inghiottono. Un tempo erano pieni di cose, adesso sono gole senza fondo. Vuoti, come diceva lui.

«Provaci, Luna de Angelis. Provaci quanto vuoi. Ma sarai tu a uscirne sconfitta questa volta.»

Rimango esterrefatta, frastornata e confusa.

C'è stata una sola battaglia tra di noi, dieci anni addietro. Il cuore me l'ha strappato lui dal petto, l'ha tretto tra le dita e se l'è portato via.

Ne sono uscita sconfitta, lui ha vinto. Si è preso tutto. Ogni sfumatura e ogni battito.

Perché allora si è rivolto a me come se avessi vinto io la volta scorsa? Perché si atteggia a vinto, quando non lo è mai stato?

«Cris?» Mi sfugge di mano, dalla mente, dal controllo. «La rabbia è importante, se ti aiuta ad andare avanti, ma dovrai affrontare ciò che cela sotto.»

È una statua. Un ricordo di un corpo vivo, che occupa spazio e sa muoversi. Gli hanno scaraventato acqua in viso e ne hanno ridipinto l'espressione. Perché non c'è più rabbia, ma sofferenza, confusione, presa di coscienza.

«Perché, tu l'hai affrontata, Lu?»

Fa male, fa bene, fa tante cose tutte insieme. Colpa, consapevolezza, tristezza.

Ci fissiamo, col mondo che si sbriciola tra di noi. Siamo tornati ragazzini, diretti e schietti, senza maschere.

«È l'unica cosa che provo. Che riesco a sentire. Non togliermi anche questa...» sussurra.

E se ne va.

Lasciandomi con il cuore pieno di spuntoni e i piedi cementati nel molo.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now