49. Sfumature brillanti

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LUNA

Cris mi ha appena lasciato davanti al portone di casa. L'ho salutato, ho atteso, ma il coraggio per varcare la soglia non è arrivato.

Fa troppo male. Mi manca l'aria al solo pensiero. Non voglio vedere papà, il suo sguardo spento, senza niente su cui davvero posarsi, distrutto da una vita che ai suoi occhi ha perso valore.

Lo vedo anche se non lo dice. Che il dolore si è portato via tutto. Da quando mamma è morta.

Sorride a noi, quando in modo miracoloso ci ritroviamo tutti insieme, a bisticciare per il posto migliore a capo tavola e chi deve lavare i piatti. Succede sempre più di rado, sia che noi quattro ci troviamo tutti insieme, sia che lo veda sorridere.

Calcio con la punta della converse consumata un sassolino. Ma si incastra in una intercapedine tra due sanpietrini e finisco per strusciare la para e allargare lo squarcio già presente sul bordo.

Come fa Cris a non vedere la differenza tra di noi?

Fisso lo smalto rovinato e scrostato che mi ero messa da sola sere fa, il cerotto appiccicato sulla nocca della caviglia, che nasconde la ferita che mi sono fatta depilandomi di fretta e furia con un rasoio usa e getta che sicuramente è stato usato più di quello che doveva.

Come ha fatto Cris a darmi la forza per rientrare nella baita di mamma dopo cinque anni?

«Ti ho aspettata tutta la notte.»

Mi volto di scatto, per poco non mi cade lo zaino.

Mio fratello è affacciato al portone di casa, con il pigiama ancora addosso e gli occhi lucidi di sonno. I pantaloni gli vanno troppo stretti ormai, ho provato a prestargli i miei, ma ha sostenuto che fossero troppo femminili. Non che avesse tutti i torti.

«E perché mai, microbo?» Gli scompiglio i capelli e gli sorrido.

Ormai mi ha raggiunto in altezza, è molto più piccolo di me, ma io sono alta un metro e un barattolo, per cui.

«Perché mi preoccupo.»

«Ma non devi, mica sei papà.»

«No, infatti. Papà è troppo stanco per riuscire a rimanere sveglio.»

Non gli dico che mai l'ha fatto e mai credo che lo farà, soprattutto ora che ormai siamo grandi e abbiamo l'età per cavarcela da soli. Ma non emetto una sola parola, perché non le capirebbe e non voglio ferirlo.

Lui ama papà. Anche io, certo. Ma in modo diverso. Io amo il padre che aveva le rughe agli occhi da quanto rideva. Questo, invece, è un fantasma di quello che ricordo. Questa versione mi fa sentire sola. Mi ricorda che quando ho perso mamma, non ho perso solo lei.

«Vai a sciacquarti il viso. Non hai fame?»

«Tu non vieni, vero?»

Leo, mio fratello, ha troppo talento per capire le cose. Troppo. Vorrei ne avesse meno, gli risparmierebbe alcune sofferenze. Credo sia più sensibile di me e di mia sorella. Sicuramente di Livia, senza ombra di dubbio.

«Papà e Livia non ci sono, puoi salire se vuoi.»

Sento male, così tanto che il sorriso è difficile da mantenere intatto. Mi appoggio al battente, l'odore di muffa all'interno del condominio mi prende alla gola.

Leo non dovrebbe pensarlo, che li sto evitando. Non credevo se ne fosse accorto.

Lo sottovaluto troppo spesso.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now