51. Indaco temporalesco

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LUNA

«Potresti stringerlo di più, non sento dolore.»

«Potresti lasciarmi fare.»

«È la mia caviglia quella che stai bendando.»

«Sì. Ed è stata la tua cocciutaggine a fartela slogare.»

«Incidente. Può capitare.»

«Cocciutaggine, potevi toglierti le ciabatte.»

«Hai ragione. Ma non si può prevedere tutto nella vita o non ci si godrà mai niente, Cris.»

«No, ma alcune cose si possono facilmente evitare, se ci si fidasse degli altri.»

Cala il silenzio nella piscina dell'hotel che, a quest'ora tarda, è vuota. Sono tutti a farsi la doccia e ripulirsi prima della cena. Il vento forte ha trascinato enormi nuvoloni nel cielo. Il tramonto non si vede, non c'è sole, solo aria frizzante che grida pioggia.

Ci hanno portato un kit di pronto soccorso appena siamo arrivati. Il luogo più vicino alla reception era la piscina, dove ci siamo fermati. Cris si sporge dalla sua sdraio e si sistema meglio la mia caviglia in grembo.

Non è niente di che, un po' di riposo e torno come nuova. Ci abbiamo applicato del ghiaccio spray. Cris conclude la fasciatura con uno schiocco di labbra, soddisfatto.

Il fatto è che sento ancora fastidio e la cosa mi preoccupa, non per il danno in sé, ma perché ho bisogno della caviglia per il giorno dopo. Non posso tenere lezione altrimenti. Ed è proprio la conclusiva, la più importante, che preparo dall'inizio della settimana passata e che non posso in alcun modo saltare. Mi piace tirare le fila del lavoro fatto, lasciare un seme che possa far germogliare riflessioni che le persone possono portare a casa con sé, nella vita di tutti i giorni.

È facile cambiare se stessi nel ritiro, non lo è altrettanto trasportare ciò che si è imparato in una vita già piena di abitudini e colma di cose da fare. Ci vuole impegno, dedizione, tanta fatica. Enorme fatica.

Per me è importante dare a tutti uno strumento per aiutarsi, qualcosa che gli faciliti il tutto.

«Grazie» sussurro osservando le increspature della superficie dell'acqua della piscina. Mi sento un po' in colpa e un po' ansiosa. «Lo so, può capitare, non è niente di che. È solo una storta, una cosuccia. E hai ragione, Cris, potevo benissimo evitarla.»

«Ma eri così presa a far attenzione che nessuno si facesse male, facendo da apripista per controllare che il percorso nella cava fosse agibile, che hai trascurato te stessa.»

«Esatto, il primo errore da non commettere mai.» Sorrido, butto fuori quella trascuratezza nei miei confronti, di cui mi pento. «È che mi scoccia per la lezione di domani... »

Vento fruscia tra le palme, la stoffa degli ombrelloni frusta l'aria. Cris tiene ancora la mia caviglia sulle sue cosce toniche strette nei cargo di marca, impeccabili nella stoffa morbida che gli calza a pennello. La sua pelle è calda da ustione, oltre gli abiti. La sua canotta mi fa il solletico alle dita dei piedi.

«E come posso aiutarti?»

Sollevo lo sguardo e gli regalo un sorriso come risposta. Perché non credo di essere in grado di articolare nient'altro se non quello. Ho la labbra sigillate e il cuore di rimando.

Trovo Cris incastonato in un mare di nuvoloni indaco carichi di pioggia. Il vento gli sparpaglia i capelli, la tonalità abbronzata della pelle risalta contro quello sfondo temporalesco.

È bello da far paura.

Sì, paura, non male, non contrazioni allo stomaco o al basso ventre, occhi a cuoricino e batticuore come quando siamo bambini.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now