38. Tinte alla rinfusa

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CRIS POV

Luna è rimasta. Anche quando mia sorella ha vomitato sulle mie scarpe bianche fuori dal cancello di casa. Anche quando Agata le ha blaterato cose senza senso: che Luna dovrebbe tenersi meglio, vestirsi più attillata, che si impegna troppo poco per essere così bella e così via.

Luna non ha mai risposto, né nel tragitto in macchina, né giunti a casa mia, al massimo le ha stretto i capelli in una coda, includendo i ciuffi che le erano scappati, per evitare che gli sporcasse.

Mi ha dato una mano a pulire, ha raccolto i vestiti che Agata si è tolta prima di arrivare in camera, perché mia sorella sosteneva che tanto era grassa e nulla le stava bene. Ho insistito che Luna non mi aiutasse, ma lo ha fatto sorridendomi, mantenendo la promessa che mi aveva fatto poco prima.

Non mi voleva lasciare da solo. E non lo ha fatto.

«Scusami, non l'ho mai vista così» sussurro buttando via i guanti che ho usato per pulire il water e lo schifo che Agata aveva lasciato uscire fuori.

Deve aver bevuto non so quanto per ridursi in questo schifo. Non lo faceva da tempo, soprattutto da quando guida e prende lei la macchina. Anche l'amica, tra una risata e l'altra, ha detto che non era da lei. Che forse è colpa del fatto che non mangia molto.

La realtà è che l'ho vista saltare troppi pasti, mentire ai nostri genitori dicendo che aveva già cenato. Ma il dubbio è diventato troppo pressante per fidarmi ancora delle sue parole. Sarà la prossima cosa che affronterò. Per mamma, per papà e per lei.

Mi lavo le mani sotto il getto dell'acqua fresca del rubinetto della cucina. C'è solo la luce al neon sottopensile accesa, tutto il resto dell'ambiente è immerso nel buio. A quest'ora della notte nemmeno i grilli in giardino si sentono più, forse perché siamo più vicini all'alba che al crepuscolo.

È l'ora più bella, quella dell'attesa e dei silenzi.

Luna mi sfiora un fianco. C'è già troppa familiarità nello spazio occupato dal suo corpo accanto al mio. Mi sento fortunato.

«Vieni.» Le afferro il polso, sollevo il gomito e la porto tra le mie braccia, in modo tale da averla tra il lavabo e il mio torace.

Che egoista sono, non vorrei lasciarla mai, non vorrei far altro che stringerla, sentirla, averla qui, tra il petto e i silenzi. Le prendo anche l'altro polso e lo posiziono vicino al getto d'acqua, poi prendo la saponetta e insapono anche le sue mani.

Non dice niente, non protesta, né mi spinge via.

E forse è questo che mi fa perdere la testa.

Sapere che lo vuole quanto lo voglio io. Mi sta lasciando fare questa cosa e mi sembra di aver scalato una montagna. Sulla cima mi sono voltato e ho scoperto che Luna ha fatto l'arrampicata con me.

Fa paura rendersi conto che tutto quello che spaventa te, non è stato sufficiente per mandare via chi, accanto a te, ha scelto di starci.

Le lavo le mani con accortezza, le sue dita tra le mie, strofino e indugio. Sento, sento. Silenzio e canzoni. Rintocchi e pelle. Respiri e melodie. Non so se la quotidianità mi è mai sembrata tanto speciale.

«Grazie, Lu.» Le sussurro sulla nuca, vicino all'orecchio; i suoi capelli sulle mie labbra.

Non voglio che la notte si prenda questa ammissione. È solo sua, tutta sua. Che la custodiscano i nostri respiri viziati e lo spazio esiguo tra di noi.

Luna chiude la manopola del rubinetto e si volta, anche se il sapone è ancora tra le nostre dita e l'acqua gocciola dai polpastrelli e lungo le avambraccia.

Tutti i Colori del CieloHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin