33. Bianco, folgorante

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CRIS

Sto troppo bene. Cioè, è come se tutta la felicità che credevo di aver provato negli ultimi tempi, adesso assumesse tutta un'altra prospettiva. Era normalità, banalità. Una serenità, ecco. Una roba semplice, non di quelle che ti rimangono impresse a lungo.

Adesso invece...

Aveva ragione nonno quando diceva che abbiamo dato una parola sola per descrivere un'emozione che si ripete in mille modi diversi. Ogni singola volta è diversa. Non c'è un momento felice simile a un altro. Siamo noi che siamo stati abbastanza superficiali da usare una parola identificativa per cose che non si possono classificare.

Cazzo quanto aveva ragione.

Sono sicuro che sta facendo quel verso col cappello invisibile adesso. Lo faceva ogni volta che sapeva di aver ragione. Un rito di gongolaggine, sosteneva.

Mi viene da ridere, mi spalmo la mano sul viso, sorrido. Espiro come ci ha insegnato Luna questa settimana, a fondo, svuotando la zona del torace, dell'addome e delle costole.

È rigenerante.

Mi sento bene.

Luna. Senza di lei ora non mi sentirei così. Senza di lei oggi non sarei qui. Mi sento fortunato ad averla rincontrata, ad averla portata via da quel telefono questa mattina.

Mi piace come si pone con gli altri, il fatto che non si mostri a metà. Cioè, si smostra, si toglie tutto e si mette a nudo quando insegna. Questa dote è spiazzante, meravigliosa. La ammiro parecchio. Perché la gente a volte è meschina, cattiva. Ho sentito in Italia le cose che dicevano di me quando Gioia mi ha lasciato, al matrimonio, una settimana fa. Per questo ho bevuto così tanto, piuttosto che affrontarli, anche se non avevano ragione. Preferivo far del male a me, che tanto lo meritavo, piuttosto che ferire altri e parlare a sproposito.

Ho sentito anche come mi ha difeso Luna, davanti alle pettegole, quella sera.

Sì, Luna mi piace e mi è sempre piaciuta come persona. Starei ore con lei, come abbiamo fatto oggi e mi incazzerei anche per il passare del tempo.

Mi suona il telefono sul materasso. Una vibrazione sola, un messaggio. Lo guardo puntellandomi con un gomito sul letto su cui sono sdraiato. Mi si ferma qualcosa in gola.

Lo leggo senza sbloccarlo. È Gioia.

Stai bene?

Non mi ha mai scritto da quando l'ho mollata.

Che cazzo faccio ora? Che le dico? Perché ha scelto di contattarmi adesso?

Gli ho scritto tutte le sere questa settimana del ritiro, le ho raccontato, mi sono sfogato. Non volevo pentirmi di nulla con lei, non più. Ho provato a dirle tutto ciò che mi passava per la testa, tutto quello che mi ero sempre scordato di condividere. Forse ora è arrivato il momento in cui devo mostrarle che non sono vuoto dentro.

Mi sta dando una possibilità. Gioia mi sta dando la possibilità.

È il momento di riscattarla, di riconquistarla, di chiederle scusa per tutto quello che non sono mai stato e avrei potuto essere. E ora lo so, lo so eccome, cazzo, che sono stato un cretino, un fantasma nella mia stessa vita.

Il telefono vibra di nuovo.

È il primo giorno che non mi scrivi, volevo solo essere sicura che non ti fosse successo qualcosa.

Il mio cuore pompa troppo. Mi casca un sasso in testa, mi tagliano col bisturi il petto. Lo aprono come fosse una finestra a doppia anta.

Gioia prova pietà. Compassione. Mi compatisce. Magari si è anche sforzata di scrivermi, solo perché si sente responsabile. Perché è stata lei a lasciarmi.

Forse Gioia mi sta contattando perché ha paura che tenti imprese autolesioniste?

Cazzo. E io che pensavo gli mancassi in questo momento e che volesse dirmi che voleva tornare, darmi una seconda possibilità, una di quelle non mi merito-

Un pensiero mi investe. Bianco, folgorante. Le rotaie della mia vita vengono spazzate via, la locomotiva fulminea deraglia.

Non mi ero reso conto di non averla contattata oggi.

Non ho sentito il bisogno di farlo.

Sono stato troppo occupato a distrarre Luna dalle lacrime e i pensieri brutti che ha avuto. Ero pieno di cose da fare, che volevo fare, che sentivo il bisogno di fare.

E mi sono scordata di Gioia.

Mi. Sono. Scordato. Di. Gioia.

No, non è corretto.

Non ho sentito il bisogno di scrivere a Gioia. Lei mi ha mollato, lei è l'unica cosa che volevo, che desideravo. Il mio futuro. L'unica certezza degli ultimi anni. Mi sono ripromesso di riconquistarla.

Ed eccolo un altro. Un big bang.

Mi esplode ovunque, mi distrugge le sinapsi, mi asfalta come un tritasassi.

Crollo sul letto, fisso il soffitto. Scompaio nel materasso, affondo.

Non le ho scritto, perché stavo bene. Stavo bene in me stesso, con Luna.

Stavo bene. Con Luna.

Ho pensato a Luna e a me stesso. Non a Gioia. Luna. Solo Luna.

Mi sento male.

Ed è un qualcosa di catastrofico, gigante, un evento incontrollabile.

Mi sento schiacciare. Petto, cuore, respiro. Sono incapace di muovermi, non riesco a parlare, non posso muovere le dita.

Oscilla il mondo, trema il soffitto. Sono in alto mare, ondeggio, mi viene la nausea. Non si ferma, ho le vertigini.

Mi sento male...

Non respiro.

Lo tsunami. Ripenso ai cartelli dei punti di raccolta sull'isola. Non ricordo dove sono.

E se arriva uno tsunami? E se muoio adesso? E se la mia vita finisse qui, in questa stanza di questo stupido resort dall'altra parte del mondo, senza che riesca a fare niente della mia vita? Senza aver avuto modo di fare davvero quello che mi piace?

Punto. Fine. Morto. Data di scadenza.

Ho concluso il tempo. Non ho fatto niente, ho solo rimpianti. Non ho vissuto un cazzo, mi sono lasciato trascinare via da quello che dovevo fare, non quello che volevo.

Non ho vissuto davvero. Tutti hanno scelto per me. Io non ho deciso un cazzo.

Ondeggio di più, ho un conato di vomito, mi graffia lo sterno, ma mi muovo a rilento, troppo piano. Sto piangendo, voglio farlo. Ma non sento gli occhi. Non posso muovere le mani.

E se arriva adesso lo tsunami?

Potrebbe. È già accaduto, nel 2011, ha spazzato via tutto a Railay, pochi sono stati i superstiti.

«Oddio...»

Sento parlare, sono io. Casco giù dal letto. Mi sollevo, anche se tutto dondola e non sento le gambe che muovo, le vedo ma non le sento. Sbatto contro il muro, trovo la porta, esco. Ma non c'è aria, non basta. Sto per vomitare ancora, ma non riesco a tenermi a niente.

Sta arrivando lo tsunami. Adesso, ora. Qui. Non voglio morire. Non posso. Non ho ancora fatto nulla.

Struscio al muro, arrivo alla porta accanto, batto i pugni, ma loro cedono, sono troppo pesanti. Provo a parlare, non esce niente. Sto annegando, annegherò a breve. Batto ancora i pugni, casco in ginocchio. Devo scappare.

Non c'è aria. Non respiro.

La luce nella camera si accende, la porta contro cui ho premuto la testa si apre.

«Cris?»

Vedo piedi scalzi, senza smalto, pelle cotta dal sole.

«Io...»

Qualcuno mi stringe il volto, lo solleva.

«Oddio, Cris, che succede?»

«Non voglio... m-morire.»

Luna mi afferra e mi porta dentro.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now