16. Mantello dell'invisibilità

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LUNA

«Quindi tu e Cristian Belgiovine-»

«Ludo, no.»

«Chiusi in macchina tutta la notte...»

«Ti prego, sto cercando ancora di dimenticare. »

«Meglio lui che il moicano-»

«Neozelandese-»

«Quello che è. Il figo dagli occhi verdi. A proposito, hai ancora voglia di una relazione aperta o ti sei decisa a dirgli di no?»

«Ludo, dammi tregua.» Vorrei usare un tono di voce severo, ma in realtà mi scappa da ridere.

Passo il cellulare dall'altro lato e lo incastro tra spalla e guancia. La mia cervicale non gradisce e ha ragione, la sto maltrattando. Il trapezio si tende troppo, anche lui mi sta rimproverando.

«Va bene, allora sappi che se non alzi le chiappe d'oro che ti ritrovi e scendi, giuro che mi paghi la prossima seduta dallo psicoterapeuta. E vado dalla migliore di tutta Milano, e mi costa un occhio della testa. Un occhio. Della. Testa.»

«Guarda che non ti ho chiesto di venirmi a prendere, Ludo. Anzi, doveva venire mia sorella» protesto, cercando di fare mente locale se ho ficcato tutto quello che mi serve nel trolley.

«Le ho detto che poteva evitare di scomodarsi, ci pensavo io a darti il passaggio. E poi, t'immagini! Così poteva passare mezz'ora a gongolare sul suo fidanzato e a giudicarti.»

Stringo la bretella dello zaino che ho caricato sulla schiena, la stoffa mi sfrega il polpastrello, bruciandomi. «Livia non mi giudica.»

«Sì, come no. Ti prego, Luna de Angelis, svegliati.»

Mi succhio il dito ferito e con una mano sola tento di stringere l'altro laccio. «Sei troppo prevenuta.»

«E tu troppo buona! Ma insomma scendi o cosa?»

«Datti pace!» Afferro la maniglia, l'involucro con le dispense che ho preparato e raggiungo la porta.

«Senti questo suono, missinsegnantediyoga? Ecco, non sono le doppie frecce della macchina. No. Sono le mie ultime risorse di pazienza a cui tu stai dando fondo.»

Mi tiro dietro la porta in legno di camera, si incastra col pavimento e non riesco a chiuderla bene. Dio santo, si è di nuovo allentato il cardine! Questa casa cade a pezzi, è un miracolo che il soffitto si trovi ancora sopra le nostre teste.

«Ludo, sei troppo stressata-»

«Risorse di pazienza in via d'estinzione.»

«Lo stress ti fa male.»

«In. Via. D'estinzione.»

«Sto scendendo.»

«Non ti vedo.»

Afferro la maniglia del portone ma mi fermo. Ho salutato mio fratello stamattina presto. Mia sorella abita da un'altra parte, da sola; ma non avevo calcolato che papà era in casa. Non avevo calcolato che l'avrei visto.

Ludo blatera al telefono. Clacson iniziano a suonare dalla strada.

Mio padre rimane con una tazzina fumante in una mano e gli occhiali aperti nell'altra. Una delle due stanghette è rotta, chissà come fa a portarli. Dovrebbe ricomprarli. Ma so anche perché non l'ha ancora fatto.

«Vai già via?» Ha l'aria stanca, i capelli argentei folti ricordano la capigliatura ribelle che un tempo aveva, la stessa che ho ereditato io.

«Già.» Tentenno, la maniglia già stretta tra le dita, lo zaino che ho caricato sulla schiena pesa come due secondi fa non pesava.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now