44. Dello stesso cielo

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CRIS

«Secondo te tutti sono come noi?» mi domanda Luna, dondolando le gambe dall'amaca su cui è sdraiata.

«Nessuno è come noi, Lu.»

Metto da parte il blocco su cui ho buttato giù note, strumenti e possibili abbozzi di suoni. Luna ci ha fatto un commento a margine, con una penna verde brillantinosa; ha una grafia tremenda. Lei non lo sa, ma quel commento è il titolo della canzone adesso.

Le sfioro la pelle nuda delle gambe. Ha lasciato cadere le infradito nell'erba, la stessa su cui siedo io a gambe incrociate. Le sfioro i dorsi dei piedi con i pollici e poi circondo le caviglie con le dita. Mi piace come la sua pelle cotta dal sole sia dorata e come si manifestano i brividi sotto i miei polpastrelli.

«Perché ne sei così convinto?» Si sporge di lato, la guancia premuta contro la stoffa usurata dell'amaca, una ciocca di capelli colorata le penzola nel vuoto.

«Perché si arrabbiano per scemenze e invece che cercare un modo di mostrare all'altro il proprio mondo, decidono di iniziare a litigare, come se questo fosse normale.»

La luce del pomeriggio si sta esaurendo. Lo scintillio dei raggi sul lago, in lontananza in fondo alla collina, si sta spegnendo.

Dovremmo rientrare, ma non ho il coraggio di dirglielo.

Questa strada di campagna, in motorino e col buio, fa schifo. Rischia di essere pericolosa. Ma anche noi due insieme lo siamo, perché fermiamo il mondo e mandiamo a fanculo tutte le priorità della vita.

E se devo scegliere, sceglierei sempre noi.

Inoltre siamo qui per un motivo e ancora non abbiamo concluso nulla.

Luna non riesce a trovare il coraggio. E non sarò certo io a pressarla. Per me possiamo rimanere tutta la benedetta notte su questo meraviglioso prato, a digiuno e ingordi solo dei nostri sogni.

Mi sento sfiorare il naso. Sollevo lo sguardo e la trovo ancora più sporta verso di me, il braccio abbronzato disteso e le piccole dita intente a disegnare qualcosa di immaginario sul mio viso.

«Cris?»

«Mhmm.»

«Tuo nonno aveva ragione, sai? Usiamo sempre una parola sola per esprimere un sacco di cose. Cioè... una parola sola per triliardi di emozioni, ti rendi conto? Potevamo sforzarci di più. L'amore, il dolore, la paura.»

«Possiamo creare una parola nuova se vuoi, una solo nostra.»

«Ci sto.»

«E cosa vogliamo dire con quella parola?» Sono sfacciato, lo so e lo sa anche lei.

Voglio una conferma, una garanzia. Quello che sento per lei sta diventando così ingombrante da avere la necessità di sapere che anche Luna lo sente tanto quanto lo sento io.

«Tipo... noi. Questo.» Indica con gli occhi noi due, ma so bene che sta intendendo tutt'altro. «Ciò che siamo io e te.»

«Intendi unici?»

«Intendo molto più che unici.» E ride, sfugge alle mie dichiarazioni, lo fa sempre, allo stesso modo che mi sfugge quando siamo con altre persone, in pubblico.

Mi ha chiesto di non dichiararci apertamente agli altri.

Non me ne frega un cazzo degli altri, ma non gridare al mondo la fortuna che ho mi sta rendendo insicuro. Mi domando se sia indecisa su di noi o se si vergogni. Non mi ha mai dato modo di pensarlo, ma le insicurezze sono delle bestie nascoste dietro gli angoli delle vie più conosciute.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now